L’annuncio del New York Stock Exchange: allo studio una fusione
Somiglia sempre più a una corsa contro il tempo la sfida fra le grandi Borse newyorkesi per la conquista di una testa di ponte in Europa. A provare l’allungo nel fine settimana è stato il New York Stock Exchange (Nyse), la prima piazza finanziaria al mondo, una delle ultime dove sopravviva accanto agli scambi informatici il rito settecentesco delle grida. John Thain, il suo amministratore delegato, non ha alcuna intenzione di permettere ai rivali del Nasdaq, il listino tecnologico di Manhattan, di conquistare indisturbati una posizione di forza nella London Stock Exchange (Lse). Così per la prima volta la Borsa di New York ha ammesso che si è attivata nella partita delle aggregazioni fra le grandi società-mercato mondiali. Ha dovuto farlo a causa delle regole di trasparenza della Sec, la "Securities and Exchange Commission": presso il regolatore finanziario americano, il Nyse venerdì ha emendato una comunicazione presentata poche ore prima per far sapere che sì, "il gruppo è impegnato in discussioni" con altre Borse valori. Nulla è concluso, ma il tempo stringe: "Dovremo rispondere a potenziali opportunità in maniera rapida e decisiva", ha ammesso alla Sec il New York Stock Exchange.
Quali siano queste opportunità non è in fondo difficile da capire, dato che il Nasdaq ha appena rastrellato quasi il 15% della Borsa azionaria di Londra e ne è ora il primo azionista. Benché il Nyse si sia quotato di recente e con i suoi 11,3 miliardi di dollari valga tre volte più del Nasdaq, John Thain non avrebbe intenzione di lanciare un’offerta ostile per la London Stock Exchange. Piuttosto, vorrebbe attraversare l’Atlantico da "cavaliere bianco" qualora fosse chiamato ad affiancare la Lse contro un attacco in grande stile del Nasdaq. Una prima offerta del listino tecnologico su Londra, a quasi dieci sterline per azione, era già stata respinta settimane fa in quanto "inadeguata". Da qualche giorno però il Nasdaq ha rilevato il suo 14,99% a quasi 12 sterline per azione, un prezzo impensabile prima che la Lse finisse al centro delle mire di tutte le concorrenti americane e europee. Ora, solo nell’ultimo anno, la società che assicura l’intermediazione azionaria nella City ha visto il suo valore quadruplicare fino a un totale di 4,65 miliardi di dollari.
A questi prezzi non stupisce che il gioco per la Lse, guidata dall’amministratore delegato Clara Furse, si stia facendo sempre più duro. A primavera scorsa il primo a cadere era stato Werner Seifert, storico numero uno di Deutsche Börse: licenziato dai suoi azionisti dei fondi speculativi anglosassoni per aver tentato una scalata a Londra considerata troppo costosa quando ancora la Lse costava meno della metà di oggi. Poi gli stessi fondi hanno minacciato di far saltare il francese Jean-François Théodore, il presidente-direttore generale di Euronext che studiava un affondo sulla Lse a quotazioni pur sempre molto più ragionevoli delle attuali. Ma anche per gli azionisti anglo-americani della Borsa di Parigi (federata a Amsterdam, Bruxelles, Lisbona e al listino dei derivati di Londra) l’offerta avrebbe svenato la società.
Se questi sono i calcoli, è curioso quanto sta accadendo a New York: né al Nyse, né al Nasdaq gli azionisti sembrano preoccupati per la furiosa corsa al rialzo attorno a Clara Furse. Sarà che quelli nella vecchia Europa vigilano meglio sui loro manager, o che la conquista di Londra è ormai considerata strategica. Oppure magari una sfida fra soli anglosassoni viene seguita con più benevolenza. Certo la partita è aperta su entrambi i lati della Manica: se finisse tagliato fuori dalla City, il Nyse potrebbe provare un’offensiva "rapida e decisiva" su Euronext.
|