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Intrecci di potere

di Giovanni Petrosillo - 19/02/2010

 

 

In questo paese dove ogni verità storica traballa sotto i colpi dei peggiori revisionismi, dove abbondano i segreti di pulcinella che non trovano però mai conferma nelle sedi adeguate, dove la magistratura costruisce le sue evidenze processuali su teoremi unidirezionali volti ad insabbiare le molteplici responsabilità per far convergere tutto verso un unico colpevole, dove tutto si sa e nulla si può dire, dove tutto si dice e niente si può fare, in questo paese, dicevo, esiste una sola sicurezza radicata che non ha bisogno di essere dimostrata, sceverata, documentata: Berlusconi è l’utilizzatore finale di qualsiasi sconcezza storica, politica, istituzionale, sociale ecc. ecc.

Giro di puttane? Berlusconi grande lenone secolare. Passaggio di soldi su conti esteri? Berlusconi unico evasore fiscale nazionale. Corruzione di pubblici ufficiali e magistrati? Legami indissolubili tra partiti e mafia? Appalti truccati? Berlusconi! Berlusconi! Berlusconi!

Sulla base di questi elementi anapodittici anche la battaglia finanziaria in corso sulle Generali, la più grande compagnia assicurativa nazionale, come scrive Massimo Giannini su Repubblica, ha uno ed un solo utilizzatore terminale che ça va sans dire è l’attuale Presidente del Consiglio. Prima di addentraci in questa guerra al fulmicotone tra poteri forti nostrani butto lì una notizia che dovrebbe essere verificata ma che qualora fosse vera avrebbe ripercussioni anche nel nostro contesto interno in quanto molti dei potentati attualmente al vertice della nazione sono legati alla più forte merchant bank americana, la Goldman Sachs. Ecco cosa scrive il commentatore economico statunitense Bob Chapman al proposito:


“E’ avvenuta una rottura tra le potenze di carta di Goldman Sachs e JP Morgan Chase. Volcker rappresenta gli interessi di Morgan. Entrambe le parti sono Illuministe, ma la sponda di Morgan è stanca dell’avidità e dell’arroganza di Goldman… Non che JPMorgan Chase sia esente da colpe, anche loro hanno saccheggiato e danneggiato il sistema, ma non nel modo così prepotente e arrogante in cui hanno agito gli altri. Il richiamo di Volcker è un tentativo per riparare il più possibile i danni. Ciò significa che l’influenza di Geithner, Summers, Rubin e degli altri verrà messa per il momento in soffitta, così come l’influenza di Goldman. Sarà lentamente e astutamente messa fuori gioco…. Washington ha bisogno di una faccia nuova a Wall Street, non quella di un cartello criminale”.

 

 

Ovviamente, bisognerà accertare se i fatti sopra citati corrispondano, nella realtà, alla descrizione dell’analista, questo non vuol dire, tuttavia, che per noi le cose miglioreranno a seconda degli esiti della diatriba tra le due banche americane. E’ possibile che si vada incontro ad una riconfigurazione dei rapporti di forza nella finanza internazionale dalla quale deriverebbero spostamenti negli equilibri consolidati in tutti i paesi “satelliti” degli Usa. Senza indipendenza nazionale e capacità decisionale propria è molto probabile per noi un brutto passaggio dalla padella alla brace, eppure già riesco a sentire i cori dei servi nostrani politically correct che crederanno all’imbiancatura dei sepolcri preparata da Wall Street.

 

 

Ma torniamo agli avvenimenti di casa. L’establishment del Bel Paese si prepara a muovere le sue pedine sullo scacchiere finanziario. Al centro della contesa, come ho già scritto in un altro pezzo (Berlusconi alla guerra finanziaria), c’è appunto la presidenza di un grande gruppo assicurativo, camera di compensazione della finanza italiana, le Generali.

Poiché ad aspirare alla carica di Bernheim, presidente del Leone, è l’attuale capo di Mediobanca Geronzi, sull’asse che si verrebbe così a formare tra Roma e Trieste (passando per Milano-Torino dove Bazoli, leader di Intesa, sembra non essere contrario a far ricadere la propria scelta sul banchiere romano), e per una serie di partecipazioni incrociate, rischia di trovarsi indebolita la finanza più vicina alla sinistra, quella che va da Profumo, Ad di Unicredit (ce lo ricordiamo in fila alle primarie del PD) a De Benedetti, praticamente già fuori dalla partita tanto che sul suo quotidiano è partita, con grande anticipo, la campagna editoriale per smascherare i giochi pronti a concludersi alle sue spalle.

Le manovre sono frenetiche ed è difficile seguirle tutte, almeno per me che sono un osservatore non esperto e senza informazioni di prima mano. Ad ogni modo, l’olezzo di bruciato comincia a sentirsi in tutta la penisola.

Un’ultima curiosità, anche il Governatore di BANKITALIA, Mario Draghi, ha già fatto sapere di non gradire il moltiplicarsi dei conflitti di interesse che potrebbero prodursi con il passaggio di Geronzi alle Generali e quello di Tronchetti a Mediobanca. Affermazioni davvero discutibili per un Paese come l’Italia dove tali conflitti sono da sempre il sostrato sul quale pochi gruppi finanziari, ormai “gerontocratici”, hanno potuto blindare, per decenni, il loro controllo sull’economia nazionale .

Seguiremo con attenzione gli sviluppi di questa storia…