Educato da un secolo e mezzo al positivismo e il culto della scienza, il pubblico è carico di aspettative e attende la parola degli scienziati su ogni aspetto della vita, allo scopo di elaborare decisioni importanti. Gli scienziati godono così di un monopolio del sapere, ma fino a che punto ciò che sostengono ha una validità scientifica?
La domanda è rilevante soprattutto per il problema dei cambiamenti climatici, campo nel quale negli ultimi anni le affermazioni di molti scienziati e organizzazioni scientifiche hanno condizionato la politica e l’economia, preventivando spese insopportabili, senza la certezza che le misure proposte siano utili. Nel mese di maggio 2008 climatologi di tutto il mondo si riunirono in un convegno di quattro giorni nel Centro europeo per le previsioni meteorologiche a Reading, Gran Bretagna, chiedendo finanziamenti per un megaprogetto di previsioni climatiche. La richiesta di previsioni per il futuro è grande, così come le aspettative che la scienza possa fare le predizioni esatte, e questo facilita i finanziamenti alla ricerca climatologica.
Ora finalmente una delle più importanti riviste scientifiche invita a scendere con i piedi per terra. Nel fascicolo di 7 gennaio 2010 della rivista Nature, Daniel Sarewitz, condirettore del Consorzio di Scienza, Politica e Risultati dell’Università di Arizona, fa il punto sui limiti del sapere scientifico, in particolare riguardo le previsioni meteorologiche, climatiche e dei disastri naturali.
L’idea che le predizioni della scienza siano istruzioni da seguire per elaborare decisioni migliori – scrive Sarewitz – è una falsa credenza. La scienza dovrebbe concentrarsi di più sulla comprensione del presente che sulle predizioni per il futuro.
Il paradosso è che le lezioni giuste per il future della climatologia vengono dal fallimento di predire i terremoti: occorre mitigare i loro effetti ed intervenire efficacemente per limitare i danni, le uniche misure efficaci.
Quello di Sarewitz è un appello agli scienziati di tornare a fare gli scienziati. Un richiamo al ritorno alla scienza vera, quella che studia i fenomeni del presente, con l’osservazione e la sperimentazione. Con buona pace di coloro che ancora credono nell’onnipotenza della scienza.