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Biodiversità: le migliori conoscenze scientifiche per indirizzare le decisioni della politica

di Gianfranco Bologna - 19/02/2010

A Trondheim in Norvegia, dal 1 al 5 febbraio scorsi, si è tenuta la sesta conferenza mondiale sulla biodiversità

 

Siamo entrati, come più volte abbiamo ricordato nelle pagine di questa rubrica, nell'anno internazionale della biodiversità; il 2010 infatti è stato così dichiarato dall'assemblea generale delle Nazioni Unite. Numerosi studiosi, esperti e decisori politici, figure del mondo economico e imprenditoriale, stanno lavorando alacremente per avere il quadro il più possibile esaustivo delle attuali conoscenze sulla ricchezza della vita sulla Terra e del ruolo delle politiche sin qui realizzate in difesa della biodiversità, per comprendere le motivazioni che ci hanno condotto a fallire l'obiettivo del raggiungimento del target 2010 (relativo alla significativa riduzione del tasso di perdita della biodiversità sul pianeta), per individuare il più correttamente possibile i target del post 2010, e cercando quindi di capire come intervenire  efficacemente sulle cause della perdita di biodiversità a livello planetario.

A Trondheim in Norvegia, dal 1 al 5 febbraio scorsi, si è tenuta la sesta conferenza sulla biodiversità (vedasi il sito www.trondheimconference.org) . Si tratta di un'iniziativa molto significativa ed importante che è stata avviata sin dal 1993, poco prima che la Convenzione sulla Biodiversità (Convention on biological diversity, vedasi il sito www.cbd.int) entrasse in vigore come strumento normativo internazionale. L'obiettivo di queste conferenze, supportate dal programma ambiente delle Nazioni Unite (United nations environment program), dalla stessa Convenzione sulla biodiversità e dal governo norvegese è proprio quello di stabilire le basi delle migliori conoscenze scientifiche per indirizzare le decisioni politiche e di gestione necessarie all'implementazione efficace della Convenzione sulla Biodiversità, facilitando così anche il lavoro della sua struttura di supporto, definita Convention on biological diversity subsidiary body on scientific, technical and technological advice (Sbstta).

La sesta conferenza sulla biodiversità di Trondheim è stata certamente molto importante soprattutto per la qualità degli speaker intervenuti e per il dibattito che ne è seguito, senza dubbio utile per avviare quest'anno un significativo processo rivolto alle azioni da intraprendere da subito a tutela e corretta valorizzazione della biodiversità planetaria.

La comunità scientifica, ad esempio, si sta sempre di più interrogando su come "evitare una pericolosa soglia di perdita di biodiversità" ("avoiding a dangerous biodiversity loss") e su come comprendere ed evitare il sorpasso dei cosidetti "tipping points" (i punti critici) del nostro impatto sulla biodiversità e gli ecosistemi. Ciò vuol dire conoscere bene la resilienza dei sistemi naturali, rispetto a ciò che sappiamo della loro struttura, delle loro funzioni e dei loro processi e quindi anche dei loro livelli di vulnerabilità. Inoltre è fondamentale comprendere il valore della biodiversità e degli ecosistemi per il benessere e l'economia umana, come sta indagando, in questi ultimi anni, lo straordinario progetto Teeb (The economics of ecosystems and biodiversity, del quale più volte ho parlato in queste pagine e che renderà noto il rapporto finale nell'ottobre di quest'anno, dopo aver pubblicato diversi rapporti intermedi, vedasi il sito www.teebweb.org ).

Non a caso l'economista Pavan Sukhdev, leader del TEEB, è intervenuto con un'approfondita relazione a Trondheim, insieme ad altri studiosi che stanno lavorando per il rapporto TEEB, come Patrick ten Brink, sottolineando l'importanza dell'integrazione della valutazione economica della biodiversità e dei servizi che gli ecosistemi offrono al benessere umano, negli assessment politici e nella contabilità economica dei sistemi nazionali di contabilità. Ad esempio, le proposte operative e gli esempi concreti dei meccanismi definiti PES (Payments for ecosystems services), cioè il riconoscere economicamente ad alcune comunità locali o a certe nazioni il loro contributo di "custodi" di alcuni servizi degli ecosistemi (come la salvaguardia dei cicli idrici o delle foreste) costituisce un fronte molto interessante e promettente, mirato anche a ristabilire un'economia che tenga realmente conto dell'importanza di chi salvaguarda i patrimoni naturali.

Johan Rockstrom, direttore del prestigioso Stockholm Resilience Centre ed autore insieme ad altri 28 illustri scienziati dell'articolo apparso su "Nature" nel 2009 sui "confini planetari" (Planetary boundaries) che l'intervento umano non dovrebbe sorpassare nelle sue relazioni con i sistemi naturali della Terra (studio che ho ampiamente illustrato in altri articoli di questa rubrica), ha svolto un'interessantissima relazione sull'importanza della biodiversità per il nostro sviluppo socio-economico e della resilienza e del funzionamento dei sistemi naturali. I cambiamenti ecosistemici sono molto difficili da prevedere e controllare e, molto spesso, sono repentini. Inoltre è molto difficile inserire nei nostri modelli di indagine dei cambiamenti ambientali globali i fenomeni dei tipping points.

Proprio i tipping points degli ecosistemi costituiscono oggi un importante campo di indagine e a Trondheim, il grande studioso brasiliano di scienze del sistema Terra, Carlos Nobre, del Brazilian institute for space research (INPE), ha fatto il punto sui complessi legami atmosfera-biosfera della foresta amazzonica, legami che sono oggetto anche di un ampio programma di ricerca specifico, che dura da diversi anni ed al quale collaborano numerosi autorevoli scienziati.

Le importantissime ricerche dell'INPE sullo stato della deforestazione della foresta amazzonica, basata sull'analisi sistematica delle fotografie satellitari, ha consentito di disporre di informazioni estremamente puntuali sulla scala ed il pattern di deforestazione dell'Amazzonia brasiliana. Il tasso di deforestazione annuale della porzione amazzonica che si trova in Brasile e che costituisce la maggior parte della foresta amazzonica, è sceso sostanzialmente dopo aver raggiunto il picco di oltre 27.000 kmq nel 2003. La perdita di foresta negli anni 2007 e 2008 è stato intorno ai 13.000 kmq costituendo quindi un declino del tasso di deforestazione di circa il 53%.

Nel frattempo però l'INPE ha messo a punto nuove metodologie di analisi dalle stesse immagini satellitari, non solo della deforestazione, ma anche del degrado degli ecosistemi forestali dovuto sempre alla nostra crescente pressione su questi delicatissimi ambienti naturali che indicano, purtroppo, un trend in direzione opposta (vedasi il sito www.inpe.br e in particolare www.inpe.br/noticias/arquivos/pdf/tabelaprodes_2001-2008.pdf  e www.obt.inpe.br/degrad ). Il primo risultato consolidato reso noto nel 2009 indica che mentre il tasso di deforestazione nell'Amazzonia brasiliana, rimane costante tra il 2007 ed il 2008, l'area della foresta degradata che cioè ha quindi perso i suoi connotati di evoluzione naturale a causa dell'intervento umano, è cresciuta del 70%, passando dai circa 16.000 kmq del 2007 ai più dei 27.000 kmq nel 2008. Le aree di foresta degradata contengono minori livelli di biodiversità, hanno minori capacitò di sequestrare carbonio, e sono molto più suscettibili ai fenomeni degli incendi e alla futura deforestazione.    

Il "circolo vizioso" esistente tra intervento umano, deforestazione e degrado della foresta, modifiche nei delicati meccanismi dell'evapotraspirazione dell'ecosistema forestale, innesco di incendi, ruolo del fuoco, innesco di situazioni climatiche siccitose e ulteriore perdita di foresta nonché connessioni, più ampie, con la situazione climatica complessiva, fornisce molti strumenti all'analisi degli scienziati per indicare questo problema, come uno dei significativi "punti critici" degli ecosistemi planetari che ormai stiamo raggiungendo.  

Anche a Trondheim scienziati, economisti e politici si sono trovati d'accordo ad agire con urgenza e tempestività. Non abbiamo raggiunto il target 2010 ma è fondamentale aggiornarlo e lavorare seriamente per raggiungerlo quanto prima.