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Primitivo attuale

di Jhon Zerzan - 27/02/2010

 

Capitolo 1- Agricoltura

 

L’agricoltura, fondamento indispensabile della civiltà, in origine emerse simultaneamente ai concetti di tempo, linguaggio, numero ed arte. Sotto forma di alienazione che prende corpo, l’agricoltura è il trionfo dell’estraniamento e segna il definitivo spartiacque tra natura e cultura, e tra gli esseri umani.

L’agricoltura è l’atto di nascita della produzione, assieme ai suoi elementi essenziali e alla deformazione della vita e della coscienza. La terra stessa diventa uno strumento di produzione, mentre le specie del pianeta sono i suoi elementi.

 

Il tempo storico, come l’agricoltura, non è inerente alla realtà sociale, ma viene imposto ad essa. La dimensione del tempo, o storia, è una funzione della repressione, il cui fondamento è la produzione, l’agricoltura.

 

Nell’ethos non mercificato ed egualitario dei cacciatori-raccoglitori, fondato sulla condivisione non c’era bisogno del numero. Non c’era nessun motivo che spingesse a quantificare o dividere ciò che era unito.

 

Due personaggi fondamentali per la storia del numero ne dimostrano chiaramente l’alleanza con alienazione e proprietà: Pitagora, al centro di un potente culto religioso del numero, ed Euclide, padre della matematica e della scienza, la cui geometria prese forma al fine di misurare i campi per motivi di proprietà, tassazione e manodopera schiavistica

 

Per i Greci il lavoro era una specie di maledizione. Il nome che lo designava -ponos- ha la stessa radice del latino poena: dolore.

 

Da poco sappiamo che l’agricoltura, secondo le parole di Cohen, “non è più semplice della caccia e della raccolta, e non fornisce un miglioramento nella qualità, nel gusto e nella certezza di una base alimentare”. Perciò la domanda unanime adesso è diventata: “perché mai è stata adottata?”

 

“Non si può più supporre” scrisse Arme”che l’uomo addomesticò piante ed animali per sottrarsi alla fatica e alla fame. Sembra più plausibile il contrario”

 

“Non vedo alcuna prova in nessun luogo” sostiene Flannery “che suggerisca che la pressione demografica sia la causa dell’inizio dell’agricoltura”

 

Un’idea, proposta da Hahn, Isaac ed altri, sostiene che la produzione di cibo iniziò fondamentalmente come un’attività religiosa. Questa ipotesi appare la più plausibile.

 

Sebbene la spiegazione religiosa delle origini dell’agricoltura è stata per certi versi trascurata, a mio parere essa ci avvicina alla vera spiegazione riguardante la nascita della produzione: quella forza di alienazione non razionale e culturale che si diffuse sottoforma di tempo, linguaggio, numero ed arte, per colonizzare definitivamente la vita materiale e psichica attraverso l’agricoltura.

 

La violenza maschile nei confronti delle donne ebbe origine con l’agricoltura, che le trasformò in bestie da soma e fattrici di bambini. Prima dell’agricoltura l’egualitarismo della vita da raccoglitori “si applicava pienamente a uomini e donne” come ha valutato Eleanor Leacock, a causa dell’autonomia dei compiti e per il fatto che le decisioni erano prese da coloro che le mettevano in opera.

 

E’ una verità impressionante, come puntualizza Pyke, notare che nei secoli “il numero dei diversi cibi commestibili che vengono effettivamente mangiati si sia progressivamente ridotto”.

 

Le ricerche di Lee e DeVore mostrano che “la dieta dei popoli raccoglitori era decisamente migliore di quella dei coltivatori, rara l’inedia, lo stato di salute generalmente migliore, con una minore incidenza di malattie croniche”.

 

Sebbene i resoconti dei testimoni oculari spagnoli del sedicesimo secolo riferissero che i padri delle popolazioni native della Florida prima di morire vedessero la quinta generazione della loro discendenza, a lungo si è creduto che i popoli primitivi morissero dopo i trenta o quarant’anni.

Robson, Boyden ed altri hanno chiarito la confusione tra longevità e attesa di vita e scoperto che gli attuali raccoglitori-cacciatori, salvo incidenti o gravi infezioni, spesso vivono più a lungo dei contemporanei civilizzati.

Il fisiologo Jared Diamond ha definito l’inizio dell’agricoltura “una catastrofe da cui non ci siamo mai ripresi”. L’agricoltura è stata e rimane una catastrofe a tutti i livelli, il puntello dell’intera cultura spirituale che ci sta distruggendo. Senza la sua dissoluzione non ci sarà alcuna liberazione.

 

Jhon Zerzan, Primitivo attuale, 2004, Nuovi equilibri, Stampa Alternativa, proposta da Tonguessy