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Fatti vari

di Gianfranco La Grassa - 05/03/2010

 

1. Le notizie riportate da un commentatore in merito alla Finmeccanica sono in effetti non proprio rassicuranti. Altre si accavallano e sono quanto meno interlocutorie, una forse persino in controcorrente. Il nuovo commissario europeo all’Energia, Oettinger (tedesco), ha fatto un’apertura nei confronti del Southstream (Eni e Gazprom al 45% con la Edf francese al 10%)), pur sostenendo che il Nabucco resta una priorità. Fino ad ora quest’ultimo era l’unico voluto dalla UE per favorire gli Usa con la scusa che non saremmo più dipendenti dalla Russia. In realtà, così la UE continua a provocare danni alla nostra Eni; mentre la Germania ha appoggiato il piano per il “gemello” Northstream che vede alla pari la sua E.on e la stessa Gazprom.
Quindi il nord Europa dipenderebbe comunque per una grossa quota dei suoi approvvigionamenti energetici dalla Russia (e credo che il petrolio inglese del Mare del Nord verrà messo abbastanza “fuori mercato”). Non si vede perché il Southstream dovrebbe essere più dannoso per gli interessi europei del suo “corrispondente” settentrionale; tanto più che, se si ragionasse realmente in base a tali interessi, si dovrebbe tenere conto che Eni ed Edf, insieme, hanno la maggioranza con il 55%. Non si obietti che comunque il gas è estratto in Russia e da lì parte il suo trasporto, perché ciò è valido anche nel caso della società tra E.on e Gazprom. In realtà, dà fastidio che un’azienda come l’Eni possa contrastare i giganti del capitalismo angloamericano assumendo una forte posizione in Europa, che gli Stati Uniti (usando il loro “ufficioso” 51° Stato, l’Inghilterra, quale “infiltrato speciale” nella nostra area) desiderano resti vassalla alla stessa guisa di come lo fu nel mondo bipolare venuto meno nel 1989-91.
Certamente, se a quell’epoca i socialdemocratici tedeschi di Brandt e Schmidt avessero portato avanti l’ostpolitik con vera convinzione, si sarebbe formato un forte asse Germania-Urss, che a-vrebbe comportato ben altra sorte per i nostri paesi. Tanto più che De Gaulle era appena morto e la Francia portava ancora l’impronta gollista. Invece, come al solito, non bisogna mai fidarsi delle “sinistre” che sono sempre state assai più competitive e velenose di un Berlusconi nei confronti dei presunti “comunisti”. Adesso, evidentemente, la Russia parte da posizioni molto più deboli di quelle dell’Urss; ciò spiega abbondantemente una serie di sue “timidezze” e atteggiamenti ondivaghi, da alcuni interpretati come divergenza strategica che dividerebbe la leadership del gigante eurasiatico. Lo vedremo, pur se credo più probabile una notevole prudenza causata dall’indebolimento e, dun-que, da una politica di conflitto tra potenze che deve scontare l’ancora netta prevalenza di una di esse lungo la via di un effettivo, e storicamente non lontano, policentrismo.
Gli imbecilli – in realtà una ghenga di farabutti politicanti e intellettuali da strapazzo, riveriti di tutto punto dai dominanti europei (e italiani) pienamente succubi della strategia “imperiale” statunitense; tutta gentaglia che vive dei finanziamenti, dei media, dell’editoria del blocco ca-pitalistico americo-europeo (padrone il primo, servo il secondo) – continuino pure a ululare che bisogna essere contro ogni imperialismo, a favore delle masse proletarie o lavoratrici o moltitudinarie, ecc. In realtà, si deve seguire la tortuosa via che porta al rafforzamento soprattutto della Russia, ma anche della Cina ecc., decisivo per un possibile percorso di maggiore autonomia non certo dell’intera UE, ma di alcuni decisivi paesi europei quali Germania e Italia, con la speranza di aggregazione da parte della Francia. Percorso solo possibile, null’affatto sicuro; anzi oggi meno sicuro di ieri. Comunque ogni segnale va colto. E vanno denunciati con estrema chiarezza e disprezzo i peggiori mascalzoni venduti esistenti nel paese in cui viviamo e operiamo: i politicanti e intellettuali “di sinistra”. Vanno indicati i nostri peggiori nemici industrial-finanziari, i succubi degli Stati Uniti, senza i quali verrebbe a mancare loro l’ossigeno, dato che non possono più mungere gli Stati europei (e l’italiano) come hanno sempre fatto, mentre la UE non è in grado di supplire economicamente, ma soltanto di coadiuvare e rafforzare il servilismo verso il paese imperiale preminente.
Sempre a questo proposito, va segnalato che, malgrado l’orrore del viaggio berlusconiano in I-sraele e le presunte proibizioni imposte all’Eni per affari in Iran, sembra invece che questi continuino ad essere trattati, sia pure in sordina. Non si faccia per favore gli ingenui, credendo che Scaroni – uno che non ha creato l’Eni, ha partecipato a riunioni del gruppo Bilderberg (non so se ne faccia parte, forse no), di cui vi sono voci che potrebbe presto essere nominato ad altro incarico manage-riale – contravvenga agli ordini, se tali fossero, del Governo. Che in quest’ultimo siano in maggio-ranza filoamericani (e filoisraeliani) non credo possano esservi dubbi; tuttavia, è evidente che, sotto sotto, è stato dato il via libera, se le notizie di cui stiamo parlando si rivelassero vere. Saremmo allora alla solita politica dei due forni o del doppio binario o del Giano bifronte; mettetela come vi pare.      

2. Meno significativa, ma pur sempre da segnalare, la battaglia in corso per la successione di Faissola alla presidenza dell’ABI. Candidati lo stesso attuale presidente e Mussari dal 2006 al verti-ce del Monte dei Paschi; un banchiere detto perciò, del tutto ridicolmente, “rosso”. Egli fu precedu-to dal casino dell’assorbimento nel MPS della fallita e chiacchierata (per i suoi “derivati”) Banca 121 del Salento, con nomina dell’ad di quest’ultima, De Bustis (considerato uomo di D’Alema, il “genio” della sconfitta in tutte le battaglie ma che spera sempre di vincere la guerra) ad ad della Banca senese (l’inglobante). Poi il De Bustis fu battuto, si dice, dalla corrente di Bassanini. Co-munque, non attribuiamo a Mussari alcuna etichetta; difficile però credere che non faccia parte della rete degli ex Ds nel Pd (non so se sia iscritto al partito, ma questo è proprio il meno).
Non si tratta, tuttavia, del lato più interessante della faccenda. Mussari rappresenta le grandi banche. A suo favore un duro intervento di Profumo dell’Unicredit, altro personaggio sempre pronto a porsi in evidenza nel mentre corre a votare nelle varie primarie del Pd. Favorevole a Mussari pure – qui va piazzato un altro “si dice” – l’ex vicepresidente (in Europa) della Goldman Sachs, oggi Governatore della nostra Banca Centrale, già ospite del “Panfilo Britannia” nel 1992, già Direttore del Tesoro all’epoca della svendita di Telecom ai dalemiani “capitani coraggiosi”, ecc. Faissola sembra invece rappresentare le piccole banche e quelle cooperative, attaccate ultimamente da Draghi. Si dice sia appoggiato anche da Tremonti.
Nessun particolare entusiasmo per questa lotta “al vertice” dell’apparato finanziario, nessuna propensione a riporre in essa le speranze di “grandi destini futuri” del paese. Non mi sembra che la presidenza Faissola si sia distinta per una presenza incisiva, e soprattutto positiva, della finanza du-rante la crisi degli ultimi due anni (sul cui futuro andamento continuo a propendere per il grigiore di una stagione economicamente senza gloria, ma ricca di trasformazioni sociali e soprattutto di squi-libri multipolari). Direi che l’attività finanziaria è stata al contrario contraddistinta da un bel segno negativo. E’ però difficile non vedere nella candidatura di Mussari le manovre del nostro capitale più parassita e legato allo “straniero” (Usa), quello che ho denominato GFeID (grande finanza ed industria decotta; dove ricordo che tale ultimo termine vuol solo denotare che si tratta di grandi im-prese della vecchia stagione dell’industrializzazione, nient’affatto strategiche nella nuova fase e sempre vissute, come la Fiat, di aiuti statali sottratti a ben altrimenti decisivi investimenti).
In tale contesto, la permanenza di Faissola non indicherebbe alcuna vittoria significativa; una presidenza Mussari sarebbe però una palla di piombo per la nostra autonomia nazionale, sarebbe l’accentuazione del carattere “weimariano” del nostro apparato finanziario. Diverrebbe quindi poco sopportabile la nostra servitù verso gli Usa (così come lo fu nei primi anni ’30 per la Germania di Weimar), che esigerebbe allora l’esercizio di un alto grado di durezza per liberarsi delle sanguisughe al servizio del capitalismo americano.
Ultima notazione e poi concludo. Mussari è uomo della “sinistra”; fa specie usare tale termine ma, lo ripeto, serve solo a denotare un “luogo di occupazione del potere”, il potere di consegnare “weimarianamente” la “serva Italia” ai predominanti d’oltreatlantico. Come ben si vede, i sicari più convinti, e i più pericolosi per la nostra posizione anche economica, stanno a “sinistra”. Nemmeno gli altri sono nostri amici, né credono in ciò in cui crediamo noi né ci aiutano nella volontà di mantenere un minimo di dignità, che non è – si badi bene – una questione morale, bensì soprattutto d’interesse: quello della maggioranza lavorativa contro quello degli ignobili politicanti, che della produzione di quest’ultima, usando lo Stato, si appropriano per consegnarla a chi (GFeID) accentua la nostra dipendenza a favore dei progetti di predominio mondiale degli Stati Uniti .
La conclusione è sempre la solita: la “sinistra” – ribadisco che non lo è in senso storico né per tradizioni e valori; pur da me lontanissimi, ma comunque rispettabili – è il cancro da estirpare. Sa-rebbe il primo compito di una forza realmente legata agli interessi del paese non per mero naziona-lismo, ma per impedire la depredazione della nostra ricchezza da parte di chi la usa al fine di asser-virci ai suoi progetti di nuovo monocentrismo, aiutata dalla GFeID, i suoi camerieri. Gli Stati Uniti sono i “comandanti in capo”, la finanza e industria italiane parassitarie sono i loro “aiutanti di cam-po”, la “sinistra” (nel cui ambito ricomprendo ormai, a pieno titolo, i finiani e altri ancora) fornisce i sicari e killer. Sono essi in prima fila, sono essi che vanno combattuti senza requie; solo l’asportazione di questo cancro ci può salvare, perché lascerebbe senza “braccio esecutivo” i man-danti. Cercasi Chirurgo, chiunque esso sia! Qui, mi dispiace doverlo ammettere, ci sta il detto di Teng: “non importa il colore del gatto, l’importante è che acchiappi (e divori) i topi” (non quelli veri, poveretti, che, in quanto animali, hanno la mia simpatia). 

PS. Ammetto che nelle ultime ore alcuni esponenti della sedicente sinistra (che tale non è), tipo Adinolfi, Cacciari, ecc., sembrano dimostrare un po’ di sensatezza di fronte alle incredibili vicende, mai accadute in tutta la storia dell’Italia repubblicana, in cui – con i radicali in veste di kamikaze di uno schieramento più largo – i sicari ben noti stanno tentando l’aperta sovversione e il colpo di Stato con il solito appoggio di chi ben sappiamo e per conto di chi ben sappiamo. Tuttavia, ciò non inficia quanto ho appena scritto poiché non mi riferivo certo alla manovra con cui si cerca di organizzare una vittoria elettorale decisa a tavolino dai mestatori più screditati e avventurieri.
Gli ultimi avvenimenti, come spesso avviene nella storia, sono in realtà fatti minori che fanno da spia delle più oscure manovre eversive. In genere, apertosi lo squarcio da cui trapelano gli effetti del cancro di cui sto parlando, si dovrebbe procedere alla sua asportazione per vie dirette e senza più pietà né esitazione. Non avverrà però nulla di tutto questo perché chi dovrebbe operare chirurgica-mente non è “professionalmente” preparato alla bisogna. Per quanto mi concerne, nessuna parteci-pazione alla kermesse elettorale, poiché non è di questo di cui abbisogna ormai l’Italia, impestata dalla “sinistra” (che tale non è, tanto è vero che in essa è di fatto confluita una fetta di quella “de-stra” che destra non è).
Prepariamoci a recitare un bel Requiem per questo nostro “pauvre pays”.