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Ernesto Vegetti, principe della fantasia

di Gianfranco de Turris - 05/03/2010

In realtà, il lettore cosiddetto comune se ne frega altamente delle bibliografie (per non parlare delle note in calce). Cose da professori universitari, robaccia da topi di biblioteca, adatta soltanto al palato dell’Accademia della Crusca, cioè persone ormai fuori dal tempo moderno, dall’epoca di Internet. Perché il dogma imperante è quello della velocità e, quindi, della superficialità.

A che servono le bibliografie? A nulla: solo a dimostrare una presunta cultura di chi le compila e le pone in fondo ai libri che pubblica. Purtroppo, questo è il modo di pensare che pian piano si va diffondendo. E invece, no. Le bibliografie hanno un senso, uno scopo, una ragione d’essere, una utilità.

Lo sapeva benissimo Ernesto Vegetti, il bibliografo principe della fantascienza, scomparso per una serie di fatali concause, un mese fa, il 17 gennaio: aveva appena compiuto 65 anni e moltissimo avrebbe potuto dare a questa sua passione che è la passione di moltissimi giovani di oggi e di ieri.

Così la fantascienza italiana ha perduto un uomo come pochi altri ed un professionista insostituibile.

Lettore giovanissimo, il suo pallino era quello delle classificazioni, concretizzato man mano in un catalogo di quanto è stato pubblicato in Italia di science fiction soprattutto, ma anche di fantasy e horror. Un lavoro sempre più complesso man mano che il tempo trascorreva. Da un catalogo cartaceo passò a quello elettronico prima su dischetto, poi su CD e infine, quando è diventato monumentale, dal 1998 in rete: www.fantascienza.com/catalogo. Una specie di Biblioteca di Babele, come l’ha definita giustamente Giuseppe Lippi, un infinito work in progress realizzato da Ernesto con la collaborazione di molti altri amici, con Pino Cottogni ed Ermes Bertoni in prima fila. Un lavoro praticamente senza fine perché senza fine sono le notizie che si son volute riunire nel Catalogo: infatti, non si trattava soltanto di aggiornarlo con i dati delle nuove uscite, ma di recuperare le informazioni delle migliaia e migliaia di romanzi, racconti, antologie, riviste e testate varie pubblicati negli anni passati, soprattutto prima del 1952, andando sempre più indietro, sino al Settecento. E, con il passar del tempo, grazie anche a molti appassionati bibliofili e collezionisti che riuscivano a rintracciare opere sconosciute o conosciute ma introvabili, il flusso di dati e di aggiornamenti delle singole voci non aveva sostanzialmente interruzione.

Un lavoro pazzesco che Ernesto effettuava con regolarità aggiungendo man mano le informazioni mancanti che andavano sino al formato, alla righe per pagina, ai nomi degli illustratori e ad altre minuzie che per molti sarebbero apparse inutili. Il risultato è un catalogo immenso, unico al mondo, invidiato da tutti, che comprendeva innumerevoli sezioni per facilitarne la ricerca: indici alfabetici e cronologici per autore, per traduttore, per illustratore, per titolo italiano, per titolo originale, per collana. Senza contare le migliaia e migliaia di copertine di libri e riviste scansionate e conservate in un archivio digitale, altra cosa, questa, unica al mondo. Un lavoro, che proprio come la Biblioteca di Babele borgesiana sembrava non dover concludersi mai e che ambiva alla totalità: non per nulla uno dei due Motti di Ernesto, in calce ad ogni sua lettera, era Quod non est in Catalogo non est in mundo.

Ma una bibliografia a che serve? E quel catalogo in particolare? A tante cose, a parte le ricerche bibliografiche personali. A capire cosa è stata la storia della fantascienza in Italia e quella italiana in particolare; a rendersi conto di quali sono stati gli scrittori più pubblicati, e soprattutto in quali momenti; a stabilire gli alti e bassi, i picchi e i riflussi dell’editoria specializzata; a dedurre dalla distanza fra una riedizione e l’altra, quali sono le opere più amate; a fare paragoni sui tipi di ristampe, in base ai traduttori; a ricostruire anche i dati biografici degli autori, e così via. Non solo: perché nel Catalogo ci sono tutti i rimandi necessari alle edizioni originali, con tanto di mese e anno per i racconti su rivista, e la serie delle ristampe originali, sino alle più recenti, per i romanzi. Ecco perché tutti i volumi della collana Urania Biblioteca, dedicata ai classici, comprendevano le sue bibliografie. Ed ecco perché altri editori, come Elara, si rivolgevano a lui. Come anche io mi sono rivolto a lui per le bibliografie riguardanti il mensile L’Eternauta quando ho pubblicato il mio Cronache del fantastico (Coniglio, 2009).

Insomma, un lavoro pazzesco sul quale pesa una terribile Spada di Damocle: adesso che succederà, che fine farà, chi se ne occuperà? Ci sarà qualcuno fra i suoi amici e collaboratori che se la sentirà di portare avanti un lavoro estenuante come questo? E, di conseguenza, che sorte toccherà al suo immenso archivio, alla sua borgesiana biblioteca? Qui, pensiamo, dovrebbe intervenire qualche ente pubblico, qualche illuminato amministrazione locale per poter gestire e mettere a disposizione di chi volesse consultarla una libreria più unica che rara. Anche la seconda edizione corretta e ampliata della nostra Cartografia dell’Inferno, cui stavamo lavorando da quasi un anno, rimane in sospeso.

Ma, ovviamente, Ernesto non era soltanto questo. Era anche un animatore instancabile, sin dagli esordi nel 1975, dei convegni fantascientifici annuali (Italcon), era stato Fondatore e Presidente della “World SF Italia” che riunisce critici e appassionati, era una persona pronta ad aiutare tutti, a dare consigli a tutti, a cercare di evitare, attenuare e risolvere scontri e polemiche spesso personali tanto comuni nel mondo fantascientifico italiano, riuscendo a porsi super partes nonostante fosse un convinto uomo di destra (l’altro suo motto era: «Anche se tutti noi no»). Eppure, la sua autorevolezza era tale che veniva chiamato sempre a moderare dibattiti e tavole rotonde, a presiedere convegni, a presentare libri.

Un carissimo amico, una personalità autorevole, un pilastro della fantascienza italiana che mancherà a tutti, perché insostituibile.