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Perché gli indios ecuadoregni facevano il tifo per Avatar

di Gonzalo Ortiz - 12/03/2010

  


Il regista James Cameron si era impegnato a ricordare la lotta contro la petrolifera Chevron

Diverse organizzazioni ambientaliste, come la Rete d'azione per la foresta pluviale e la Rete per la difesa dell'Amazzonia, avevano chiesto al regista di Avatar James Cameron che facesse la sua parte in favore di un movimento ambientalista di massa e che nella notte degl Oscar facesse sapere al mondo che mentre Pandora è fantascienza, ciò che accade nelle comunità indigene dell'Ecuador è reale.

Ma Avatar è stato sconfitto e Cameron non è salito sul podio e non ha potuto pronunciare nessun discorso a Los Angeles.
difendere la loro terra da un'impresa mineraria del paese impegnata ad estrarre bauxite dalla loro montagna sacra.
Cameron certo non si dispererà per non aver vinto l'Oscar, visto che il suo film ha ricavato 2.5 miliardi di dollari, battendo il record di incassi nella storia del cinema.
Quella che ha perso è stata la causa ambientalista, anche se il processo contro la Chevron va avanti, nel suo lungo pellegrinaggio tra i tribunali.
A proposito di record, questo è il più grande processo collettivo della storia contro una multinazionale: le comunità indigene del nordest dell'Ecuador, dove si concentra l'attività petrolifera, chiedono un risarcimento di 27 miliardi dollari.

I querelanti, un gruppo di circa 30mila indigeni e coloni meticci, accusa l'impresa Texaco, acquisita dalla Chevron nel 2001, di aver scaricato nell'ambiente più di 18 miliardi di galloni di liquidi inquinanti e provocato fuoriuscite di petrolio greggio intorno ai 17 milioni di galloni nel corso della sua attività in Ecuador, tra il 1964 e il 1990.
Queste pratiche illegali hanno provocato un inquinamento del suolo, delle acque sotterranee e di fiumi e ruscelli della zona, cosa che, secondo la parte lesa, ha causato tumori, difetti congeniti e aborti nella popolazione indigena.

La Chevron ha rifiutato di sottoporsi al giudizio nei tribunali dell'Ecuador, e il processo è stato trasferito negli Stati Uniti; ma dopo aver esaminato il caso, i tribunali Usa hanno stabilito che la giurisdizione ecuadoregna era perfettamente valida. I passaggi di giurisdizione e gli espedienti legali di ogni tipo hanno fatto sì che la causa si stia protraendo ormai da oltre 16 anni.
Da metà febbraio, il processo è nelle mani del nuovo presidente della Corte provinciale della provincia nordorientale di Sucumbíos, Leonardo Ordóñez, che ha sostituito il giudice Juan Núñez, accusato dalla Chevron di aver preso tangenti.
Tra le manovre della compagnia petrolifera Usa, come ha confermato l'ex ministro degli esteri dell'Ecuador Fander Falconí, quelle messe in atto contro la proroga delle preferenze doganali all'Ecuador nel commercio con gli Usa. Ma la storia non è chiusa e il processo va avanti.