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Le guerra della terra tra industriali e contadini

di Luca Bernardini - 12/03/2010

  
 
 
 
 
 
I terreni agricoli si trasformano in campi di battaglia: negli stati di Orissa, Maharashtra e Karnataka, migliaia di contadini si battono contro l’acquisizione delle loro proprietà da parte di grandi gruppi industriali come le aziende siderurgiche Mittal e Posco e il gigante dell’energia nucleare indiana NPCIL. Secondo il governo il 70% dei progetti di infrastrutture e stabilimenti sono fermi o in ritardo a causa di questi contrasti.

Nel settembre 2008 a Singur, Bengala occidentale, violente manifestazioni di contadini hanno costretto la Tata Motors a rinunciare alla costruzione di un’industria di assemblaggio. Dopo questo episodio che ha avuto grande eco in tutto il Paese, i governi federali preferiscono costituire “banche della terra”, da poter cedere ai grandi gruppi industriali. in questo caso i terreni non sono agricoli di norma, non di meno vengono messe le mani su pascoli e foreste, risorse fondamentali per i contadini.

Il problema sta nel fatto che la legge in questo campo risale al 1894, periodo coloniale britannico. Essa autorizza gli stati ad acquisire terra per un non ben precisato “interesse generale”. Di fatto lascia mano libera al potere pubblico, che ha usato questa normativa per impossessarsi di ettari di campi e girarli ai gruppi industriali senza fornire il giusto indennizzo ai contadini proprietari.
Questo fenomeno ha provocato forti tensioni sociali in un Paese in cui i due terzi della popolazione dipendono dall’agricoltura.

Una nuova legge è in gestazione da 3 anni. Essa prevede che un’azienda dovrà aver acquistato almeno il 70% delle terre necessarie al progetto perchè lo stato possa esproriare il resto, anche contro il volere dei proprietari.
Ma anche questa norma sembrerebbe non essere efficace contro i soprusi. Rajagopal, leader del movimento dei senza terra Ekta Parishad, spiega: «Tutti sanno che i grandi gruppi industriali utilizzano squadre di picchiatori per intimidire i contadini e indurli a cedere la terra. Spesso le vittime sono estremamente povere e non istruite. Perciò indifese e molto vulnerabili ai soprusi. Lasciare mano libera ai privati in questo campo risulterebbe peggiore degli espropri indiscriminati dei funzionari pubblici».

La soluzione al problema potrebbe essere lanciare un progetto cartografico per le proprietà, riordinare il catasto e gli archivi degli atti di proprietà informatizzando il tutto. In seconda istanza si dovrebbe prevedere una normativa chiara sugli indennizzi per gli espropriati e controlli efficaci per combattere la corruzione dei funzionari pubblici da parte degli industriali.