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Dal Giappone, rifiuti al vapore

di Diego Carmignani - 19/03/2010


I responsabili dell’istituto di ricerca per l’ambiente del Kansai science centre rivendicano il primato mondiale della tecnica di eco-decomposizione della spazzatura. Un metodo che abbatte di venti volte gli scarichi nocivi e produce energia pulita.

Arriva dal Giappone una tecnica sperimentale che potrebbe cambiare radicalmente le modalità con cui vengono gestiti e smaltiti i nostri rifiuti. Ad elaborarla sono stati i responsabili dell’istituto di ricerca per l’ambiente del Kansai Science City, che rivendicano il primato a livello internazionale dell’esperimento basato su un meccanismo eco-virtuoso e andato a buon fine. In sostanza, utilizzando vapore ad alta temperatura è stato dimostrato come sia possibile provocare l’eco-decomposizione dei rifiuti, con conseguente abbattimento delle emissioni nocive e generazione di gas combustibile riciclabile.
 
L’esito della sperimentazione nipponica è stato un successo: gli studiosi hanno quantificato un taglio significativo degli scarichi nocivi dello smaltimento dei rifiuti, ridotti a ben un ventesimo rispetto alle procedure ordinarie. Il particolare procedimento prevede di inondare la spazzatura con un getto di vapore a 800 gradi in stato di assenza di ossigeno: la materia finisce così per decomporsi in carburi e gas combustibili. La prova sul campo è stata effettuata con la collaborazione di 45 famiglie residenti nella città di Seika, nei pressi di Kyoto, che hanno fornito 45 chilogrammi dei loro rifiuti organici.
 
Dopo la procedura di smaltimento sono rimasti 4,5 chilogrammi di carburi e 30 metri cubi di gas combustibile, da cui sono stati ricavati 9 kilowatt di energia elettrica, sufficienti per far muovere un camion della raccolta dei rifiuti con pannello solare (che ha fornito altri 1,5 kilowatt) coprendo la distanza di circa 30 chilometri. La decomposizione “indotta” grazie all’uso di vapore bollente sarebbe in grado, quindi, di ridurre emissioni nocive e favorire al contempo altre pratiche virtuose. Questa tecnica di smaltimento rappresenta l’ennesima innovazione avanguardistica prodotta da quel laboratorio urbano che è Kansai science city, isola artificiale votata alla ricerca e al progresso.
 
Edificato quasi venti anni fa sulle colline della regione di Keihanna, tra le prefetture di Kyoto, Osaka e Nara, area già centro, nel passato, di un commercio fiorente, il distretto tecnologico ha come ragion d’essere l’evoluzione delle arti, oltre che delle scienze, con l’obiettivo di dare origine a nuove industrie, nuove forme di cultura e, di riflesso, nuovi stili di vita. Inevitabile un apporto funzionale alla tutela dell’ambiente e al risparmio energetico da parte di questo avamposto proiettato al futuro, popolato da 410mila abitanti e sviluppato su un’area di 150 chilometri quadrati.
 
Le attività di ricerca degli istituti, delle compagnie e delle università che operano a Kansai science city si comportano in un’ottica di organizzazione sociale che vede anche i cittadini direttamente coinvolti nello sviluppo di idee, conoscenza e progresso. Un modello di integrazione reale tra scienza e vita quotidiana, raccordo che sta alla base di una società realmente sostenibile.