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Chi controlla l’ingovernabile?

di Stefano Taddei - 24/03/2010

Non è facile poter gestire quei soggetti che intrecciano interessi di varia natura ai vertici delle società quotate

Le direttive della Consob per le operazioni delle parti “correlate”

Con la revisione del diritto societario del 2006 veniva delegato alla Consob il regolamento delle operazioni con le cosiddette “parti correlate”, da parte di società quotate in Borsa. Chi sono le parti correlate di una società?
Sono tutti quei soggetti che avendo una influenza dominante nelle decisioni che vengono prese da una certa società quotata possono far effettuare da questa delle transazioni commerciali o finanziarie con altri soggetti con i quali, gli stessi di prima, intrecciano interessi. Società controllate, collegate, in joint venture, con dirigenti o suoi familiari in posizioni strategiche su più fronti, sono tutti soggetti “correlati”, e quindi a maggior rischio.
In molti casi queste transazioni si rivelano effettuate non tanto nell’interesse dell’intera platea degli azionisti ma solo di una sparuta minoranza che, come si dice, “ha voce in capitolo”. Ebbene queste correlazioni, che possono non emergere dalla lettura dei bilanci, e quindi sfuggire agli analisti che dovrebbero esprimere giudizi imparziali, alterano le valutazioni e quindi, di conseguenza, anche quelle borsistiche che si traducano, poi, in quotazioni dei vari titoli.
Ebbene la Consob, qualche giorno fa, ha dettato le regole.
Il tempo trascorso la dice lunga sul travaglio che ha portato a questo parto e che queste regole, abbastanza stringenti, arrivino durante la crisi finanziaria che si trascina dal 2007, esprime tutte le difficoltà dei regolamentatori a regolamentare un mercato da sempre refrattario a farsi imbrigliare. Con la scusa che il mercato si autoregolamenta, ogni porcheria era ammessa visto anche la lentezza con la quale si muove la Magistratura e gli Organi di controllo.
Il caso Ifil, per mantenere il controllo di Fiat, è emblematico e lì si dovette muovere Franzo Grande Stevens in persona, che ha candidamente ammesso la violazione e che pagherà la multa senza tante ritrosie.
Se una società vuole fare delle transazioni con parti correlate deve anzitutto quantificare il volume di queste transazioni e determinare se supera o meno la soglia del 5% di almeno uno di questi indicatori specifici: la capitalizzazione di Borsa, ovvero il patrimonio netto espresso moltiplicando la quotazione del titolo della società per il numero delle azioni; il patrimonio netto o il totale delle voci dell’attivo di bilancio o del passivo (il netto è la loro differenza). Stabilito questo se l’operazione non supera il 5% il Consiglio di Amministrazione della società potrà decidere sentito il parere non vincolante degli amministratori cosiddetti “indipendenti” (ovvero che non hanno azioni della società stessa), altrimenti è obbligatorio che questi amministratori vengano coinvolti nella trattativa ed il loro parere diventa vincolante ai fini della decisione del Consiglio. Se il Consiglio vuole comunque effettuare queste transazioni deve ottenere la delibera dell’Assemblea dei soci e la votazione non deve avere il concorso determinante dei soci “correlati”, quelli che hanno interessi specifici nel soggetto correlato.
Esenzioni da tale disciplina sono previste per operazioni di importo “esiguo” (e qui starà alla giurisprudenza attribuirgli un valore indicativo) mentre la previsione di esenzione per operazioni “urgenti” o “a prezzi di mercato o standard” ci fanno insospettire non poco. In una Italia dove per una visita papale occorre far intervenire la Protezione civile, le urgenze sono ordinaria amministrazione così come ci si barrica dietro lo “standard” per non chiarire nulla.
Nell’Italia dei patti di sindacato, delle piramidi e delle scatole cinesi l’emersione di queste transazioni particolari era una necessità sentita al fine di dare maggiore trasparenza in un mercato molto “grigio”.
Bene essere arrivati almeno ad un traguardo che però necessita di qualche miglioria.
In primis rendere gli amministratori “indipendenti” i tutori dell’interesse collettivo è abbastanza ingenuo, se poi si vanno a vedere chi sono questi signori. Così come eliminare dai patti di sindacato quei soggetti che non esercitano una “influenza notevole” sulla società è stato un regalo sacrosanto a Mediobanca che con i suoi intrecci societari svicola bene dal lessico regolamentare ma non dal buon senso: la società di Piazzetta Cuccia controlla per antonomasia!