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Quando il prezzo sa di rapina con ricetta medica

di Carmelo R. Viola - 02/04/2010


                                                                 

    In Italia esiste il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ma esiste anche il morbo del liberismo che identifica tutte le libertà con la libertà imprenditoriale – o predonomica – del privato e considera paradossalmente lesiva della libertà del cittadino ogni provvedimento dello Stato in ordine alla tutela dei diritti naturali, uno dei quali è certamente quello della salute. Tale provvedimento viene chiamato spregiativamente assistenzialismo.
    In altre parole, il cittadino non dev’essere assistito per non perdere nulla delle peculiarità del soggetto-consumatore indispensabile alla fortuna dell’imprenditore. Bisogna tenere conto che al centro di tutto – secondo la logica liberista – c’è sempre  solo l’uomo di affari, la figura antropozoica del predatore, con tanto di licenza di Stato e, talora, con il titolo di “ cavaliere del lavoro”!
    Perciò il condannare l’intervento assistenziale dello Stato non è poi tanto paradossale: è conforme alla logica liberista. Ne consegue che quella parte di Servizio Sanitario Nazionale, che sa di protezione del consumatore dalle grinfie del predatore umano, è destinata ad essere “rimangiata” dallo Stato sempre in nome della libertà per antonomasia che – sempre in ossequio al discorso liberista – è quella dell’uomo che si specializza nella caccia alla preda, ovvero nella pratica del mercato.
    Le libertà, che corrispondono ciascuna ad un bisogno essenziale e quindi ad un diritto naturale, cessano di essere diritti per diventare concessioni da parte degli imprenditori, specie di quelli grandi. Il crescere della spesa sanitaria, fino a superare anche quella alimentare – a dispetto del suddetto SSN – è una prova eloquente del processo di centralizzazione dell’imprenditore e, più precisamente, dell’industriale.
    Accanto a questo cresce – forse con maggiore rapidità – la figura del banchiere, l’usuraio-mercante di moneta altrui, di cui il primo ha bisogno. Cosicché il cittadino è sempre più solo davanti alla coppia di compari “industriali e banchieri”, che si dividono i compiti nella causa comune della depredazione del consumatore. Il mercato della salute è un ottimo investimento, predatorio e predonomico, come ci dice l’esercito dei cosiddetti “informatori scientifici” – che poi sono soltanto degli agenti di commercio degli imprenditori farmaceutici – e il crescere delle farmacie – o “farmacobotteghe”.
    E’ ovvio che se, un bel giorno, scoppiasse la pandemia della salute, moltissimi operatori nel campo della sanità, del farmaco e dei rispettivi indotti, dovrebbero quanto meno cambiare mestiere. E dei magnati del capitale perderebbero il piacere di accumulare ricchezza parassitaria su sofferenze e lagrime. Ma sono proprio gli alchimisti del farmaco che si dànno da fare perché scoppino, al contrario, delle pandemie, magari “suine” (cosiddette in rapporto alla “suinità” degli autori) perché il business continui ad avere il vento in poppa. E se poi qualcosa va storto, hanno pur fatto il loro dovere dato che anche loro “dànno lavoro”, loro, i predatori dell’industria e della finanza.
    Intanto, è normale che anche nel campo della salute le competenze passino via via nelle mani dei privati. Da anni ormai la dentistica è “normo-liberista” nel senso che il 100% , o quasi, dei pazienti si rivolgono ad odontoiatri privati. E sono spese non indifferenti. Le lunghe attese – che talora superano l’anno (sic!) – costringono a ricorrere alle prestazioni di operatori privati  per analisi e diagnosi in genere, quando non si può aspettare e si hanno soldi sufficienti (magari decurtando il pane quotidiano). Che gli operatori esistenti bastino ce lo dice il fatto di trovarli quasi sempre quando li si cerca. Questo significa che se fossero al servizio dello Stato, non esisterebbero le lunghe attese.
    Ci sono strutture ospedaliere, che operano in regime pubblico quanto a degenza e a interventi in genere, magari strappando compensi esagerati alle casse dello Stato (in questo caso “servo dei padroni”). Si pensi al costo di un semplice elettrocardiogramma, che, scontati il costo e la manutenzione della macchina, consuma solo un poco di energia elettrica ed un poco di carta.
    Ebbene, in queste stesse strutture dalla nomea rassicurante, c’è il trucco delle prestazioni in regime privatistico, cui il paziente è sottoposto d’ufficio a titolo di visita preventiva e di visite di controllo. E sono centinaia di €uro che ci vengono portati via dalle tasche e magari per prestazioni inutili e di copertura e ci si dice che ci si fa lo sconto rinunciando alla ricevuta fiscale, che consente a tali operatori di evadere le tasse con la nostra compiaciuta complicità!
    Ci si avvicina man mano alla “più grande democrazia” (o fogna) del mondo  ovvero allo Stato meno Stato per un’economia il più possibile liberista – che sono gli Usa. Lì, infatti, si hanno delle prestazioni sanitarie solo per effetto e nella misura di speciali assicurazioni. Chi è privo di queste, può semplicemente morire confermando la bellezza della varietà di un paese libero, non appiattito dal socialismo. Per questo la vittoria di Obama, di estendere l’assistenza sanitaria previa assicurazione ad oltre trenta milioni di poveri cristi americani, non si sa quanto sia piuttosto una vittoria delle compagnie assicuratrici.
    Quest’articolo mi è stato ispirato quasi prepotentemente dalla scoperta di un farmaco – l’ACICLOVIR, crema – che è già il nome di un principio attivo prescritto per tutte le infezioni cutanee causate dal virus dell’herpes simplex, in particolare per l’herpes genitale primario ed anche per “pazienti immunocompetenti”. Senza essere degli operatori del settore, ci si accorge di trovarci davanti ad un farmaco se non di prima necessità, senz’altro di largo consumo.
    E’ evidente che un prodotto del genere, se non venduto a pochi €uro, andrebbe a carico del SSN (salvo il ticket). Invece… Invece il prodotto, a prezzo inspiegabilmente astronomico, è a totale carico dell’interessato. Sono in commercio microtubetti da 10 (dieci – sic!) grammi al prezzo di €uro 7,90. La ditta produttrice, dunque, ricava ben 790 €uro ovvero UN MILIONE e 580 MILA delle vecchie lire dalla vendita di un solo chilo di pomata di Aciclovir!
    A questo punto la questione non sta tanto nello scoprire le cause arcane di costi così elevati (come si trattasse di oro da ricercare in giungle abitate da feroci leoni) quanto confermare che, proprio a ragione di costi molto pesanti, tocca allo Stato farsi carico della spesa maggiore.
    Tuttavia, ecco che, senza volerlo, stiamo concludendo, contraddicendoci, con un appello a quello Stato che, fautore e vittima del liberismo, in fondo si comporta nel solo modo che gli è naturale: lasciando che il cittadino, paziente o meno, si difenda da sé come può dalle aggressioni dei legali predatori, un  gioco per l’appunto legale. Perché ogni suo intervento di difesa della parte debole (che è ovviamente il cittadino) sa di illecita interferenza nella libertà per antonomasia di sua altezza l’imprenditore. Che poi tale libertà sia la matrice di tutte le mafie, tanto meglio.  Ci sarà più lavoro (e la cronaca ce ne dà conferma) per i lavoratori del settore giudiziario, le forze dell’ordine, i mercanti di bare e i necrofori. E vi par poco? E’ questo il nuovo modello di società libera e democratica anche se uomini come me hanno la faccia tosta di denunciare e di chiedere ragione. Io personalmente l’ho già fatto per il farmaco in questione ed esigo risposta.