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Totti e sfotti

di Massimo Gramellini - 20/04/2010

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Ma cos’avrà mai fatto, il Pupone, per scandalizzare mezza Italia? Si è forse prodotto in qualche gesto o espressione scurrile? Macché. Totti ha solo irriso gli sconfitti del derby, abbassando i pollici per augurare loro la serie B. Non un comportamento da sportivo. Ma da tifoso sì. Il tifo è la rivisitazione delle nostre infanzie. Una seduta pubblica di psicanalisi, tollerata finché qualcuno non si mise in testa che gli sfottò dei tifosi fossero la causa scatenante delle violenze degli ultrà. Che è come imputare i delitti di un serial killer alle zingarate di «Amici miei».

Il violento è violento perché prende tutto sul serio, soprattutto se stesso. Eppure, per non eccitare la suscettibilità di gente manesca e disperata a cui andrebbe semplicemente vietato di riunirsi in club organizzati, si pretende di trasformare il calcio in una palestra di buoni sentimenti, estirpando quell’effetto di macchina del tempo che ci permetteva di andare allo stadio per evadere dalla realtà con lo sberleffo malizioso del bambino. Ricordo quando il mio Pulici entrava in campo nei derby pulendosi le scarpe su uno striscione che raffigurava una zebra con la scritta: «La pietà». O, con molto meno piacere, quando lo juventino Maresca mostrò le corna ai tifosi del Toro dopo un gol. Nessuno azzardò un nesso fra quei gesti e l’uso di spranghe e motoseghe. La strafottenza era ancora parte del gioco. Come le interviste dissacranti dell’interista Prisco: «Se un milanista mi dà la mano, poi me la lavo. Se me la dà uno juventino, poi mi conto le dita». Oggi lo squalificherebbero a vita.