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Anche il Canada abbandona Kyoto

di Paola Desai - 01/05/2006

 
E' passata ampiamente inosservata l'ultima «defezione» dal protocollo di Kyoto - il trattato internazionale che vincola i paesi industrializzati a ridurre le loro emissioni di anidride carbonica e altri gas «di serra», quelli che concentrati nell'atmosfera terrestre aumentano la temperatura sul pianeta e ne alterano il clima. Si tratta del Canada: il 25 aprile il nuovo governo (conservatore), che non ha mai fatto mistero del suo scetticismo verso Kyoto, ha annunciato che si unirà al gruppo della «Partnership Asia-Pacifico sul clima e lo sviluppo pulito». Questo gruppo di sei nazioni, nato per iniziativa politica degli Stati uniti, riunisce Australia, Giappone, Cina, India e Corea del sud; pretende di offrire un'alternativa al protocollo di Kyoto sotto forma di cooperazione per sviluppare tecnologie pulite capaci di ridurre le emissioni di gas di serra. E' l'approccio sostenuto dall'amministrazion e Bush: non un trattato che impone riduzioni obbligatorie, ma «misure volontarie» e cooperazione tecnologica.
«Guardiamo alla Partnership Asia Pacifico già da mesi perché i principi chiave su cui si muove sono in linea con le intenzioni del nostro governo», ha dichiarato l'altro giorno la ministra dell'ambiente del nuovo governo canadese, signora rona Ambrose. «Siamo interessati a lavorare con loro», ha aggiunto. Il governo conservatore canadese, che ha la sua principale base nella provincia occidentale dell'Alberta (produttrice d'energia), sostiene che il Canada non riuscirà a rispettare l'obiettivo che gli impone il protocollo di Kyoto: tagliare le emissioni di CO2 del 6% rispetto al livello del 1990, entro il periodo tra il 2008 e il 2012 (il Protocollo indica obiettivi differenziati per nazioni o gruppi di nazioni). Gli ultimi dati invece mostrano che le emisisoni sono ira del 24,4% sopra al livello del '90, e sono destinate ad aumentare quando comincerà il progettato sfruttamento dei giacimenti di sabbie bituminose proprio nell'Alberta. E i conservatori, arrivati al governo con le elesioni dello scorso gennaio (dopo 12 anni di governi liberali) hanno dichiarato fin dalla campagna elettorale l'intenzione «elaborare una politica made in Canada per affrontare il problema del cambiamento del clima», che è un altro modo per dire tirarsi fuori dagli obblighi internazionali di Kyoto. All'inizio di aprile ad esempio il governo di Ottawa ha cancellato 15 programmi di ricerca relativi a Kyoto.
Il precedente governo aveva previsto di ottemperare agli obblighi di Kyoto con un ampio ricorso ai cosiddetti «meccanismi di flessibilità» previsti dal Protocollo, cioè in particolare comprando «crediti di emissioni» da altri paesi, mentre il nuovo governo ha anunciato che cambierà del tutto strategia. Dice la ministra dell'ambiente che il nuovo piano per il clima «promuoverà gli investimenti in Canada stesso, e non investimenti all'estero per comprare crediti».

L'annuncio della ministra Ambrose ha suscitato molte critiche nel mondo ambientalista canadese: dimostra, dicono, che il governo non prende sul serio il problema del cambiamento del clima. La Partnership Asia Pacifico «poggia esclusivamente sull'azione volontaria, nella speranza che l'industria si adegui di propria iniziativa», fa notare John bennet, del Sierra Club, in un commento all'agenzia reuter: «Invece di lavorare a un programma di obiettivi reali il Canada si unisce entusiasta a unp'operazione di public relation architettata dal governo degli Stati uniti».
Anche il mondo accademico è assai critico. La settimana scorsa un gruppo di 90 tra i più autorevoli scienziati canadesi del clima aveva scritto una lettera aperta al primo ministro Stephen Harper per lanciare un allarme: se il governo non prende subito iniziative concrete per affrontare il cambiamento del clima, dicevano, l'economia del paese e la vita dei suoi cittadini ne soffriranno, a termine abbastanza breve. «Chiediamo a lei e al suo governo di sviluppare una efficace strategia nazionale per affrontare i numerosi, importanti aspetti del clima che avranno un impatto sul Canada e sul resto del mondo in un futuro vicino», diceva la lettera. Parlavano dell'impatto del cambiamento del clima «sugli ecosistemi e sulle attività socioeconomiche»: abbiamo bisogno «una strategia di adattamento e di una strategia a lungo termine per contenere le emissioni di gas di serra», dicevano. Con ogni evidenza non hanno avuto molto ascolto.