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"Più che una generazione, è una degenerazione"

di Giovannino Guareschi - 02/05/2006

   
Il 16 agosto 1963 veniva pubblicato il libro Il compagno Don
Camillo. Proponiamo oggi il lato meno noto del volume: la Nota
introduttiva. Scritta dallo stesso Giovannino Guareschi, ci mostra come stava
cambiando l'Italia del boom economico.







Introduzione al volume IL COMPAGNO DON CAMILLO

"Istruzioni per l'uso"

Questo racconto - ultimo, in ordine di tempo, della serie "Mondo
Piccolo-Don Camillo" - lo pubblicai a puntate negli ultimi
quattordici numeri (annata 1959) di Candido, l'ebdomadario milanese
da me fondato nel 1945, e che ebbe una riconosciuta funzione
propagandistica nelle importantissime elezioni politiche italiane
del 1948, contribuendo validamente alla sconfitta del partito
comunista.
Candido non esiste più deceduto nell'ottobre del 1961, a, causa
soprattutto del totale disinteresse che gli italiani del miracolo
economico e dell'apertura a sinistra hanno per tutto ciò che puzza
di anticomunismo.
L'attuale generazione d'italiani è quella dei dritti, degli
obiettori di coscienza, degli antinazionalisti, dei negristi ed è
cresciuta alla scuola della corruzione politica, del cinema
neorealista e della letteratura social-sessuale di sinistra.
Pertanto, più che una generazione, è una degenerazione.

(Com'era bella l'Italia pezzente del 1945!
Ritornavamo dalla lunga fame dei Lager e trovammo l'Italia ridotta a
mucchi di macerie.
Ma, fra i mucchi di calcinacci, sotto i quali marcivano le ossa dei
nostri morti innocenti, palpitava il vento fresco e pulito della
speranza.
Quale differenza fra l'Italia povera del 1945 e la povera Italia
miliardario del 1963!
Tra i grattacieli del miracolo economico, soffia un vento caldo e
polveroso che sa di cadavere, di sesso e di fogna.
Nell'Italia miliardario della dolce vita, morta è ogni speranza in
un mondo migliore. Questa è l'Italia che cerca di combinare un
orrendo pastrocchio di diavolo e d'Acquasanta, mentre una folta
schiera di giovani preti di sinistra (che non somigliano certo a don
Camillo) si preparano a benedire, nel nome di Cristo, le rosse
bandiere dell'Anticristo.)

Candido non poteva più vivere nella rossa Italia miliardario e,
difatti, morì.
E il racconto che apparve nel 1959 su quel giornale, se è ancora
vivo in quanto sono rimasti ben vivi i suoi personaggi, è oggi fuori
tempo.
E la sua pur bonaria polemica contro il comunismo può, oggi, essere
accettata soltanto inquadrando la vicenda nel tempo in cui nacque.
Il lettore potrebbe, a questo punto, obiettare: "Se il tuo racconto
è fuori tempo in quanto la gente ha cambiato parere nei riguardi del
comunismo, perché non hai lasciato tranquillo il tuo racconto nella
tomba di Candido?"
Perché - rispondo io - esiste ancora una sparuta minoranza che non
ha mutato parere nei riguardi del comunismo e dell'URSS, e debbo
tenerne conto.

Pertanto, questo mio racconto io intendo dedicarlo ai soldati
americani morti in Corea, agli ultimi eroici difensori
dell'Occidente assediato. Ai Caduti di Corea, ai superstiti e ai
loro cari perché anch'essi non possono aver mutato parere.
E lo dedico ai soldati italiani morti combattendo in Russia e ai
sessantatremila che, caduti prigionieri nelle mani dei russi, sono
scomparsi negli orrendi Lager sovietici e di essi ancora s'ignora la
sorte.
Ad essi è dedicato, in particolare, il capitolo decimo intitolato :
Tre fili di frumento.
Questo mio racconto è dedicato anche ai trecento preti emiliani
assassinati dai comunisti nei giorni sanguinosi della liberazione, e
al defunto Papa Pio XII che fulminò la Scomunica contro il comunismo
e i suoi complici.
È dedicato altresì al Primate d'Ungheria, l'indomito Cardinale
Mindszenty e all'eroica Chiesa Martire.
A Essi è particolarmente dedicato il capitolo ottavo intitolato:
Agente segreto di Cristo.
Mentre intendo dedicare l'ultimo capitolo (Fine di una storia che
non finisce mai) al defunto Papa Giovanni XXIII.
E qui (mi si perdoni la debolezza) non solo per le ragioni che tutti
conoscono, ma pure per una ragione mia personale.

Nel giugno del '63, tra le dichiarazioni rilasciate ai giornali da
personalità di tutto il mondo, apparve quella del signor Auriol,
socialista, che fu Presidente della Repubblica Francese quando Papa
Roncalli era Nunzio apostolico a Parigi.
A un certo punto, il signor Auriol dice testualmente:
"Un giorno, il primo gennaio 1952, ricordandomi le mie dispute col
sindaco e col curato del mio Comune, mi inviò come regalo di
Capodanno il libro di Guareschi Il piccolo mondo di Don Camillo con
questa dedica: Al Signor Vincent Auriol, Presidente della Repubblica
Francese, per la sua distrazione e il suo diletto spirituale.
Firmato: a. J. Roncalli, Nunzio apostolico".
Il don Camillo del 1959 è lo stesso identico don Camillo del 1952 e
io ho voluto pubblicare questo racconto - pure se è fuori tempo -
per la distrazione e (scusate la prosopopea) il diletto spirituale
dei pochi amici che mi sono rimasti in questo squinternato mondo.

L'Autore
Roncole-Verdi, 16 agosto 1963


Tratto da: GIOVANNINO GUARESCHI, Il compagno Don Camillo, BUR 1997,
pp. V-VIII.