Due parole in difesa di monsignor Capucci e con l’augurio di una pronta guarigione
di Antonio Caracciolo - 21/05/2010

Ho incontrato monsignor Capucci una sola volta, in Roma, in abito talare e senza nessuna cintura da kamikaze, come si legge nella “corretta delazione” al papa: se il Tizio che viaggia in internet alle tracce di mons. Capucci capita anche qui posso assicurargli che i suoi informatori devono avergli rifilato una bufala ovvero ha voluto lavorare troppo di fantasia, mista a Eletto Odio: mons. Capucci non c’era in via del Frentani e meno che mai vestito da kamikaze! Non conosco tutti gli episodi della lunga esistenza di questo ultraottantenne che è il capo a vita della sua chiesa, dalla quale è costretto a vivere lontano. Mons. Hilarion Capucci è Arcivescovo di Gerusalemme, Antiochia e di tutto l'Oriente. Arcivescovo Melichita (di rito Ortodosso, ma Uniate; quindi, che riconosce l'autorità del Papa). È il massimo esponente religioso di una chiesa che ha la sua base proprio in Palestina e nel Vicino Oriente, da dove venne arrestato alla fine degli anni sessanta, incarcerato e in seguito esiliato dopo una mediazione umanitaria di Paolo VI che lo ha sottratto alle carceri israeliane, dove veniva torturato. In un primo incontro con una persona non si riesce a capire mai tutto e non si possono fare molte domande. Solo in seguito si aggiungono dettagli che completano il quadro. Sono poche le cose che ricordo, dunque, di mons. Capucci.





La data del 15 maggio 1948 ha due opposti significati: gli ebrei “sionisti” celebrano la loro conquista coloniale, la loro festa di indipendenza, la fondazione del loro stato, alle cui cerimonie fanno partecipare tutto il corpo diplomatico accreditato e promuovono anche manifestazioni negli stati in cui la Diaspora ebraica, largamente sionista, ha non poca influenza. Per converso, i Palestinesi in ogni parte del mondo, ricordano la loro disfatta, il loro lutto nazionale, la perdita della loro casa di cui conservano spesso, non solo simbolicamente le chiavi, ma di case che ormai non ci sono più perché rase al suolo con tutti i 541 villaggi dove le comunità palestinesi vivevano ininterrottamente da secoli e millenni.

Nuova legge in Israele vieta ai Palestinesi di manifestare
lutto e dolore il 15 maggio, giorno della Nabka (l’olocausto palestinese)
Infopal
[questa agenzia è stata in Italia presa di mira,
propria per questo genere di informazione che gli altri giornali,
embedded, si guardano bene dal dare]
2 marzo 2010
Una nuova legge in Israele rende crimine la commemorazione di ciò che i Palestinesi chiamano "Nakba", la catastrofe del loro sradicamento e pulizia etnica dalla Palestina, con la creazione dello Stato sionista nel 1948. La Knesset, il Parlamento israeliano, ha ratificato la "legge Nakba" già alla prima lettura.
Saranno imposte penalità a chiunque mostri il 15 maggio, segni di tristezza e di lutto dentro i confini (indefiniti) di Israele; in quella data i Palestinesi ricordano la creazione della crisi dei rifugiati.
La radio ebraica ha riportato questa settimana che lo scopo della legge è quello di far cessare che vi sia gente a lutto per quello che per Israele è il Giorno della Indipendenza; atti commemorativi, viene rilevato, sono equivalenti a "negare il carattere ebraico di Israele e insultare i simboli dello Stato".
La radio ha fatto notare che le sanzioni possono ammontare a 3 volte tanto le spese dei programmi commemorativi.
Secondo il commentatore, è ironico che questa legge sia passata in un momento in cui Israele si sta lamentando dei tentativi di "delegittimare" lo Stato sionista. Ecco qui un esempio - ha detto di Israele che delegittima i Palestinesi della loro cultura e terra".

«Santità, questo sabato 15 maggio a Roma è stata organizzata una manifestazione denominata La Nakba nel corso della quale, alle 15.30, in collegamento con Gaza da dove parlava il primo ministro palestinese Ismail Haniyeh, è intervenuto anche Ilarion Capucci. Una manifestazione non "pro" qualche cosa, Santità, ma una manifestazione "contro". Una manifestazione in cui l'odio scorreva a fiumi.Davvero una bella pretesa. Il metodo è sempre lo stesso: rivolgersi al superiore perché eserciti pressione morale verso l’inferiore. Di questo passo chiederanno alle mogli di non concedere rapporti sessuali ai mariti che non si comportino secondo i dettami sionisti. Di questa cultura dell’ingerenza e della sopraffazione proprio non se ne può più. Quanto meno diciamo: basta![L’odio che scorre davvero a fiumi è quello che si legge in queste righe: un odio misto a perfidia e perfino a crassa ignoranza sul fatto, non avvenuto: l’intervento di mons. Capucci! Quanto poi ai collegamenti con Gaza sono in parte saltati perchè da israele hanno provveduto a tagliare la corrente elettrica, ma certamente tutte le persone erano molto più serene e distese di quanto non riesco ad esserlo facile preda dell’indignazioni che questi signori suscitano sempre in me. Non mi riesce ancora di farci il callo, anche se non è da poco che ne faccio il monitoraggio.]Non ritiene che il comportamento di questo prelato sia in palese contraddizione con gli impegni ufficiali [questa espressione, “impegni ufficiali”, evoca noti e tristi scenari, di debitori e creditori] assunti dalla Chiesa in occasione della sua liberazione?[Si noti il tono suggestivo. Costui si rivolge ad un sovrano come se fosse il portiere del suo condominio. Da quando il papa polacco ha avuto l’infelice uscita del “fratello maggiore” tutti i papi che gli sono succeduti sono destinati a prendere scoppellotti dall’ultimo degli ebrei fratelli “maggiori”. Benedetto XVI, andato alla Sinagoga, si è visto togliere la parola. Si viene perfino tacciati di antisemitismo, i.e. legge Mancino, se ci si arrischia a dire “Terra Santa” anziché Israele.]Non potrebbe, con la Sua autorità, provvedere, tra le altre meritorie azioni di moralizzazione che sta conducendo, anche a far sì che questi impegni ufficiali presi con lo Stato di Israele vengano rispettati, e che un rappresentante di chi è venuto sulla terra a predicare amore cessi di unirsi ai predicatori di odio?[Bisogna chiedere a costoro quale genere di amore praticavano quando in carcere torturavano mons. Capucci. E non diciamo in che modo. Tanto ipocrisia e sfacciataggine era già stata denunciata 2000 anni fa da un certo Gesù Cristo, che per questo pare sia stato messo in croce.]Nella speranza che mi vorrà perdonare per il mio ardire, e confidando nel Suo sollecito intervento, Le invio fraterni saluti.» [Si noti la perfidia finale del “fraterni”.]
L’«odio» di chi si appella ad una legge fasulla, ipocrita e truffaldina contro l’odio, nutrendo egli stesso autentico odio, non si spegne mai, non va mai in riposo. Quanto era nel vero Spinoza che di costoro aveva già capito tutto quattro secoli fa! Aveva capito tutti dell’«odio» autentico di chi getta veleno sull’infelicità delle sue stesse vittime che si rifiutano di gioire e ballare per la sofferenza loro inflitta, per le offese loro fatte, per i supplizi infiniti. Ridicola e sconcertante l’idea di una Lettera a Benedetto XVI perché punisca un vecchio ultraottantenne per una “colpa” che neppure ha potuto commettere: quella di essersi recato alla Giornata Mondiale della Nakba in via dei Frentani. Ma non è la sola lettera del genere. Costoro scrivono al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio, al Sindaco, a tutte le autorità della terra, pretendendo da essi obbedienza assoluta. Vi è da riflettere. Molto da riflettere. Non aggiungo altro se non un augurio a mons. Capucci di pronta guarigione.