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Ancora sulle "democrazie bloccate". Una replica

di Carlo Gambescia - 03/05/2006

 

Devo dire che il Blog "funziona": è (o meglio sono) abbastanza indipendente. Qualche tempo fa sul forum di "Indymedia Italia" sono stato definito, da un partecipante (schierato a destra), una "quinta colonna comunista". Ieri invece sul forum di "comeDonChisciotte" Truman (schierato a sinistra) mi ha liquidato, bruscamente, come "commentatore di destra".
So benissimo che quel che scrivo qualche volta possa apparire sgradito a chi abbia una visione della politica militante ( a destra come a sinistra)... Ma credo sia sempre necessario, oltre che moralmente doveroso, soprattutto nell'ambito delle scienze politiche e sociali, andare oltre le polemiche politiche e le appartenenze ideologiche. Ciò non significa però che non si debbano avere idee politiche. L'uomo non è una "tabula rasa". Ognuno di noi fa le sue scelte politiche. Sarebbe ingenuo ignorare un fatto del genere. E anch'io ho le mie. Anche se devo sinceramente dire che non mi riconosco pienamente in nessuno dei due attuali schieramenti politici. E poi - e ciò valga per coloro che vogliono assolutamente affibbiarmi un' appartenenza politica - il vero problema non è questo, dal momento che il mio blog non è un blog "politico" ma "metapolitico". E qui rinvio, di nuovo, i lettori ai contenuti dell'Url.
Insomma, se si vuole che la scienza sociale serva a migliorarci, va assolutamente evitato di sovrapporre alla realtà i propri schemi ideologici e le proprie passioni politiche. Qual è la differenza tra lo "scienziato" ( o se si preferisce lo studioso) e il militante? Il primo analizza la realtà per quel che è "realmente" . Il secondo la filtra attraverso i suoi schemi politici o ideologici. Certo, anche gli schemi "scientifici" possono essere "ideologici", e dunque essere fuorvianti (esiste anche una vischiosa ideologia della "neutralità scientifica"... ). Ma la differenza tra lo scienziato e il militante consiste nel fatto che se il primo si accorge che i fatti smentiscono le sue ipotesi, se è scienziato sul serio, cambia subito idea, mentre il secondo, se è militante sul serio, non può non farsi trascinare dalla passione politica e dal richiamo del "tanto peggio per i fatti". Il primo vuole capire, il secondo vincere o convincere l'avversario. Il primo osserva e descrive, il secondo argomenta, e spesso in modo sofistico.
Ma tornando al post di ieri, perché ho definito "bloccato" il sistema politico? Il punto è che non basta più vincere le elezioni, come è avvenuto in Italia al centrosinistra. Dal momento che poi si deve, e soprattutto, governare. Il che non sarà facile neppure per il centrosinistra, a causa di alcuni problemi di fondo, la cui presenza è alle origini stesse del "blocco" politico.
C'è un problema, come ho già detto, di sudditanza della politica nei confronti dell'economia, come predominio degli interessi dei grandi gruppi monopolistici sul bene comune; c'è il problema di una vasta e diffusa mentalità economicistica, mentalità che ci separa da altre età storiche, dove, certo, il potere economico contava, ma non era così programmaticamente inclusivo, di qualsiasi attività, come oggi; c'è un problema di formazione della classi dirigenti (e di omologazione sociologica, a prescindere dall'appartenenza politica), che chi mi segue, sa che ho affrontato più volte, e credo in modo molto indipendente e assolutamente non "complottologico"; c' è infine il dato di un diffuso assenteismo elettorale (e la rondine del 9 aprile non può fare primavera, dinanzi a un trend europeo negativo), funzionale al mantenimento dello status quo politico. In un sistema che privilegia i consumi rispetto alla cittadinanza politica, la scheda punti dell 'ipermercato sta diventando più amata della scheda elettorale. Può piacere o meno, ma è la tendenza è questa.
E questi sono problemi che riguardano il sistema nel suo complesso, e di conseguenza, per quel che concerne la loro soluzione storica, andrebbero affrontati da tutte, dico tutte quelle forze politiche (da destra a sinistra) ancora capaci di apprezzare sinceramente la democrazia a la libertà. Ritenere di poter superare questi problemi strutturali, sulla base anche di cento voti in più al Senato, è a dir poco superficiale. Comprensibile sul piano della passione politica, ma non su quello della scienza, che è analisi spassionata della realtà. E soprattutto è ingusto usarlo come argomento polemico verso chi cerca, in assoluta buona fede, di allargare il proprio e l 'altrui orizzonte di analisi e comprensione della realtà.
Del resto è verissimo che c'è una sinistra, ancora attenta al rapporto struttura-sovrastruttura ( e qui penso ad esempio a Costanzo Preve, ma anche a un bravissimo economista come Gianfranco La Grassa), e che quindi dimostra maggiore sensibilità, rispetto alla destra liberista, proprio sul problema della democrazia bloccata.
Ma Costanzo Preve e Gianfranco La Grassa, pur essendone all'altezza (e prescindendo dal loro assenso...), quante possibilità hanno di poter far parte del prossimo governo Prodi, rispettivamente, come Ministri della Pubblica Istruzione e dell'Economia?
Zero.