Arlie Russell Hochschild insegna sociologia all'Università della California. In italiano è già uscito un suo studio su Donne globali: Tate, colf e badanti ( scritto in collaborazione con B. Ehrenreich, Feltrinelli 2004). E' una studiosa che esplora un campo nuovo e interessante, quello della "sociologia dei sentimenti". Si dirà: ma se la sociologia già incontra tanti problemi metodologici quando studia realtà sociali più concrete come la politica e l'economia, figurarsi quante ne incontrerà il tentativo di indagare l' inafferrabile universo dei sentimenti umani?
In realtà la Hochschild se la cava piuttosto bene, e la nuova sociologia del sentimenti (o delle emozioni) arricchisce il sapere sociologico. Per scoprirlo basta aprire Per amore o per denaro (il Mulino 2006), ai capitoli III-IV-V ( pp. 71-137), praticamente il cuore teorico della sua ricerca.
Sulla scorta delle analisi di Freud, Goffman, Geertz, per citare solo gli autori più noti, la studiosa americana individua nei sentimenti qulacosa che è a meta strada tra i valori socialmente interiorizzati e i moventi psicologici e proiettivi individuali. In questo senso le "regole" del sentimento (alcune universali come il "non gioire nell'uccidere", altre a livello di gruppo, come ad esempio i sentimenti di genere ) rinviano per un verso a un framing (un quadro ideologico di riferimento) e per l'altro a una serie di reazioni individuali di tipo cognitivo, fisico ed espressivo. Si gioisce o meno, in relazione, al quadro di valori interiorizzato, ma anche in rapporto allo sviluppo delle nostre capacità psichiche di reazione. Che dipendono dall'educazione ricevuta, dal carattere, dal temperamento; da componenti psicosociali, oppure strettamente individuali, come la sensibilità innata del singolo vero il dolore umano: la soffrenza degli altri. Un quadro dunque complesso e interessante, che può arricchire anche il lettore, "non addetto ai lavori".
La sociologia dei sentimenti viene applicata dalla Hochschild alla studio della società dei consumi, e in particolare all'influsso, non propriamente positivo, che questa esercita sulla "vita intima" degli individui. Al di là delle critiche, del resto giustificate ma non molto originali alla società dei consumi, il lato più innovativo della sua ricerca è rappresentato dall'analisi dell'ambivalenza sociale (ambiguità), che segna le strategie individuali di difesa. Ad esempio la "cultura del disimpegno" è vista come una zona di confine tra quel che è commerciabile e quel che non lo è, che noi attraversiamo e riattraversiamo continuamente. Da un parte c'è l'innato e universale sentimento di rifiuto della commercializzazione totale delle vita umana, che ci impone di fuoriuscire da una vita sociale sempre più regolata dal denaro e dall'interesse, ma dall' altra, ecco il punto interessante, gli strumenti per "fuggire" ci vengono forniti in forma standardizzata dalla stessa società dei consumi (dal viaggio "tutto organizzato" verso improbabili terre esotiche, all'autismo dell' i-pod e di una vita sessuale povera di sentimenti ). Di qui quel senso di insoddisfazione permanente e di inorientamento emozionale, che ci fa vivere in una specie di zona grigia. Dove quel che proviamo non è falso ma non è neppure vero. E dunque di difficile definizione, sia in termini soggettivi che oggettivi, come tutto ciò che è inderminato.
In questo senso il libro della Hochschild è un'ottima guida per penetrare in nuova "Terra di Nessuno": quella dove vive oggi, e male, l'Homo Consumans. E così scoprirne il mondo emozionale.
Un testo da non perdere.