William Morris: fra utopia libertaria e nostalgia preindustriale
di Francesco Lamendola* - 04/05/2006
La conferenza ha illustrato la personalità, l’opera artistica e letteraria ed il pensiero socialista e libertario dello scrittore, pittore, architetto, decoratore e agitatore politico William Morris, nato nel 1834 a Walthamstow, nell’Essex, e morto nel 1896 ad Hammersmith, sobborgo di Londra.
Tra le sue opere letterarie ricordiamo La difesa di Ginevra (The Defense of Guenevere), una raccolta di poemetti pubblicata nel 1858 e dedicati all’amata Jane Burden (che sarebbe poi diventata sua moglie), ritenuta da alcuni critici la migliore della sua produzione; Vita e morte di Giasone (The Life and Death of Jason), del 1867, poema dedicato alla figura del mitico eroe tessalo e all’impresa degli Argonauti alla ricerca del Vello d’Oro, tema già trattato in età ellenistica dal poeta greco Apollonio Rodio; Il Paradiso terrestre (The earthly paradise), del 1868-70, racconti in versi dedicati al mondo greco, romano, germanico e orientale; Poesie lungo il cammino (Poems by the way), del 1891. L’autore, in genere, illustrava egli stesso le proprie opere, con quello stile di ascendenza pre-raffaellita che lo vide decorare anche quadri, arazzi, tende, e curare personalmente la stampa a mano dei suoi libri. Morris, infatti, riteneva (sulle orme del suo maestro John Ruskin) che in una società imbruttita dalla produzione di oggetti scadenti fabbricati in serie, occorresse reagire facendo rinascere nel pubblico il gusto delle cose belle mediante il ritorno a procedimenti di tipo artigianale.
Collaborò anche, con E. Magnusson, alla traduzione di varie saghe vichinghe (compiendo ben due viaggi, in verità un po’ misteriosi, nella remota Islanda); egli stesso considerava il suo capolavoro la versione in lingua inglese della Storia di Sigurd il Volsungo e la caduta dei Nibelunghi (The Story of Sigurd the Volsung and theFall of Niblungs), del 1876, poema epico in quattro libri.
Ma la sua opera più celebre è il classico romanzo del filone anarchico e utopista Notizie da nessun luogo (News from Nowhere an Epoch of Rest), del 1891, ispirato ai suoi ideali libertari e che fu definito dal principe P. A. Kropotkin come la migliore descrizione di una società futura organizzata sotto il segno del comunismo anarchico. Curiosamente, questo romanzo di anticipazione è stato anche ricollegato alla nascente letteratura del genere fantasy e, in particolare, a La macchina del tempo (The Time Machine) di Herbert Gorge Wells del 1895 (appena quattro anni dopo il libro di Morris).
Nel corso della conferenza sono state esaminate anche, in riproduzione, alcune caratteristiche opere d’arte di William Morris, tra cui:
- il frontespizio di News from Nowhere, stampato nella Kelmschotto Press (la casa editrice appositamente fondata dall’autore) nel 1892;
- il quadro a olio Queen Guenevere (La regina Ginevra), per il quale posò come modella la bellissima Jane Burden;
- Kelmschott Manor, la casa progettata personalmente da Morris come sua residenza di campagna;
- La Red House (Casa Rossa) di Upton, nel Kent, costruita sempre su progetto di Morris;
- Il chintz Bluebell del 1876 (12,5 x 9 inches), uno dei più noti, disegnato a griglia rettangolare (si tratta di un tessuto da arredamento stampato a vari colori o in tinta unita, reso lucido da uno speciale finissaggio). L’ispirazione del disegno risale alle tappezzerie del XV secolo.
- La sopracoperta disegnata da Morris nel 1876 e ricamata in seta da Mrs. Henry Holiday.
E’ stata inoltre distribuita ai presenti una piccola antologia del pensiero politico-sociale di William Morris, che viene qui di seguito riprodotta. Si tratta, in genere, di testi di altrettante conferenze tenute dall’autore per conto della Lega Socialista che mostrano, fra le altre cose, l’acuta sensibilità ecologica di Morris in un’epoca in cui, tutti presi dai “successi” spettacolari della cosiddetta seconda industrializzazione, ben pochi intellettuali – per non parlare degli economisti e degli uomini di governo – avevano occhi per vedere l’irreparabile scempio del territorio che veniva impunemente perpetrato.
Come giustificheremo davanti ai posteri il modo in cui abbiamo trattato la terra, che era ancora bella quando i nostri padri ce l’hanno lasciata nonostante le migliaia d’anni di discordie, d’incuria e di egoismo?
da Art and Plutocracy,14 novembre 1883.
Qualunque cosa fatta dalle mani dell’uomo ha una forma, che sarà bella o brutta: bella se è in armonia con la natura e l’asseconda; brutta se è in conflitto con la natura e l’avversa; indifferente non può essere mai.
da The Lesser Arts, 12 aprile 1877.
C’è stato un tempo in cui il mistero e il miracolo della produzione manuale erano riconosciuti in tutto il mondo, il tempo in cui l’immaginazione e la fantasia si mescolavano a tutte le cose create dall’uomo, e allora tutti gli artigiani erano artisti…
Da The Lesser Arts, 12 aprile 1877.
Quando ci saremo liberati di tutto questo, nella rinnovata semplicità della vita, potremo pensare al nostro lavoro, a questo nostro fedele compagno quotidiano, che nessuno più oserà definire una maledizione perché è certo che allora ci renderà felici: ognuno al proprio posto, senza più invidie; nessuno costretto ad essere servo; nessuno desideroso d’essere padrone.
Gli uomini saanno allora certamente felici del loro lavoro e questa felcità non potrà non produrre un’arte decorativa nobile, popolare. Quell’arte renderà le nostre strade belle come i boschi, esaltanti come la vista delle montagne; per lo spirito sarà un piacere ed un riposo, non un peso, venire dall’aperta campagna in città; ogni casa sarà piacevole e decente, capace di rasserenare l’animo dell’uomo e facilitarne il lavoro… Nelle abitazioni private non ci sarà traccia di spreco, di pompa o arroganza, e ognuno avrà la propria parte del meglio.
Potete dire che sogno qualcosa che non è mai accaduto e che non accadrà mai… è vero, è un sogno, ma è già successo che i sogni si siano avverati.
da The Lesser Arts, 12 aprile 1877.
Ci sono, vedete, due generi di lavoro, uno buono e l’altro cattivo; uno, molto simile a una benedizione, sollievo della vita; l’altro, simile invece a una maledizione, della vita pesante fardello. Ebbene, che differenza c’è tra i due? Questa: che nell’uno è insita la speranza, nell’altro no. E’ virile fare il primo genere di lavoro, e virile è rifiutare il secondo. Qual è la natura della speranza che, se è presente nel lavoro, lo rende degno di essere compiuto? E’ una triplice speranza, io credo: la speranza del riposo, la speranza del prodotto, e quella derivante dal lavoro medesimo.
DaUseful Works versus Useless Toil, 16 gennaio 1884
Tutte le nostre affollate città e strabilianti fabbriche sono solo il risultato del sistema fondato sul profitto. L’industria capitalistica, il latifondo capitalistico, lo scambio capitalistico costringono l’uomo a vivere nelle grandi città per manipolarlo nell’interesse del capitale… Non c’è alcuna necessità che ci costringa a questo, se non quella di spremere profitto dalle vite umane e di produrre merci scadenti per l’uso (e per l’assoggettamento) degli schiavi così spremuti.
da Useful Works versus Useless Toil, 16 gennaio 1884.
Parlo delle cose semplicemente inutili; ma ce ne sono altre non soltanto inutili ma positivamente dannose e velenose che tra l’altro sono vendute ad alti prezzi, per esempio vitto e bibite adulterate. Grande è il numero degli schiavi che il libero commercio impiega a produrre infamie come questa.
da Art and Socialism, 23 gennaio 1884.
*Conferenza del Prof. Francesco Lamendola tenuta il 20 febbraio 2004, ore 20,30, presso la Sala Aldo Moro di Piazza Fabris a Carbonera (TV), organizzata dalla Biblioteca Comunale di Carbonera e dall’Associazione Filosofica Trevigiana (ora Associazione Eco-Filosofica).