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"Obsoleto"

di Chuck Palahniuk - 06/05/2006


un racconto del signor Whittier


Per l'ultima vacanza insieme, il padre di Eve radunò la famiglia in macchina e disse a tutti di mettersi comodi. Il viaggio sarebbe durato un paio d'ore, forse più.

Avevano snack, popcorn al formaggio, lattine di bibite e patatine al gusto barbecue. Eve e suo fratello, Larry, sedevano dietro con il loro boston terrier, Risky. Il padre girò la chiave e mise in moto. Regolò la ventilazione al massimo e abbassò tutti i finestrini elettrici. Seduta accanto a lui, la futura ex matrigna di Eve, Tracee, disse: «Ehi, ragazzi, sentite qua...»

Tracee sventolò un opuscolo informativo del governo intitolato Migrare è bello. Lo aprì, piegò il dorso facendolo crocchiare e cominciò a gridare ad alta voce. «Il nostro sangue utilizza l'emoglobina» lesse «per trasportare le molecole di ossigeno dai polmoni fino alle cellule del cuore e del cervello.»

Qualcosa come sei mesi prima, tutti avevano ricevuto per posta quello stesso opuscolo da parte del Servizio sanitario nazionale. Tracee si sfilò i sandali e appoggiò i piedi sul cruscotto. Continuando a leggere ad alta voce disse: «L'emoglobina preferisce, in realtà, legarsi al monossido di carbonio». Quel suo modo di parlare, come se avesse la lingua troppo grossa, doveva servire a darle un tono fanciullesco. Tracee lesse: «Quando respiri gli scarichi di un'automobile, una quantità crescente di emoglobina presente nel nostro corpo si combina con il monossido di carbonio, trasformandosi, nella cosidetta carbossiemoglobina».

Larry dava da mangiare a Risky i popcorn al formaggio, spargendo polverina arancione chiaro sul sedile della macchina tra lui e Eve.

Il padre di Eve accese la radio, dicendo: «A chi va un po' di musica?». Guardò Larry nello specchietto retrovisore e disse: «Gli farai venire qualcosa, a quel cane».

«Fantastico» disse Larry, e diede al cane un altro pezzo di popcorn arancione. «L'ultima cosa che vedrò sarà una serranda di garage da dentro, e l'ultima canzone che ascolterò sarà una dei Carpenters.»

Ma non c'era niente da ascoltare. È una settimana che alla radio non danno nulla.

Povero Larry, un musicista dark con il trucco nero sbavato sul viso incipriato di bianco, lo smalto nero sulle unghie, i capelli lunghi e stopposi tinti di nero; paragonato alle persone vere, con gli occhi cavati dal becco degli uccelli, alla gente morta per davvero, con le labbra rattrappite a scoprire grossi denti da morto, paragonato alla morte vera, Larry poteva tutt'al più essere un clown dal volto particolarmente triste.

Il povero Larry era rimasto chiuso in camera per giorni dopo l'ultima copertina di “Newsweek”. Il titolone, a lettere cubitali, diceva: Essere morti è in!

Tutti quegli anni che Larry e la sua band avevano passato a vestirsi come zombi o vampiri, con abiti di velluto nero, trascinandosi addosso drappi sporchi, aggirandosi nei cimiteri per tutta la notte avvolti in mantelli e catenine del rosario, tanta fatica sprecata. Persino le mamme manager dei piccoli calciatori avevano cominciato a migrare. Migravano le vecchie beghine. Gli avvocati in doppiopetto.

Sull'ultimo numero di “Time” il titolo di copertina recitava: La morte è la nuova vita.

Ora, povero Larry, deve sorbirsi Eve e suo padre e Tracee, l'intera famiglia che migra assieme in una Buick quattro porte nel garage di una villetta in periferia. Tutti a respirare monossido di carbonio e mangiare popcorn al formaggio con il cane.

Continuando a leggere, Tracee dice: «A mano a mano che la quantità di emoglobina disponibile per il trasporto di ossigeno diminuisce, le cellule iniziano a soffocare e morire».

Qualche canale televisivo trasmetteva ancora, ma soltanto il video ricevuto dalla missione spaziale su Venere.

Era stato quello stupido programma spaziale a dare inizio a tutto. Quell'equipaggio mandato a esplorare il pianeta Venere. Gli astronauti avevano rispedito sulla Terra alcune riprese in cui la superficie di Venere appariva come un giardino dell'Eden. Dopo, l'incidente non fu dovuto a dei pannelli isolanti scheggiati, a rotture di guarnizioni o a un errore del pilota. Non fu un incidente. L'equipaggio scelse semplicemente di non aprire i paracadute di coda per l'atterraggio. Rapida come una meteora , la fusoliera della navetta andò in fiamme. Fruscio dello schermo. Fine.

Come la Seconda guerra mondiale ci aveva lasciato la penna a sfera, così il programma spaziale aveva dimostrato che l'anima umana era immortale. Quella che tutti chiamavano la Terra era solo un grande impianto di lavorazione dal quale tutte le anime dovevano transitare. Una semplice fase all'interno di un processo di raffinazione. Come la torre di raffinazione che trasforma il petrolio greggio in benzina e kerosene. Una volta raffinate le nostre anime sulla Terra, ci saremmo reincarnati su Venere.

Nella grande fabbrica per il perfezionamento delle anime umane, la Terra era un specie di macchina per levigare le pietre.Le anime venivano qui a smussarsi vicendevolmente, eliminando gli spigoli più aguzzi. Tutti noi avremmo dovuto consumarci a colpi di conflitti e dolori di ogni genere, fino a perdere ogni asperità. Levigarci. Non c'era nulla di male in tutto questo. Non era sofferenza, era erosione. Nient'altro che un passaggio importante ed essenziale nel processo di raffinamento.

Certo, suonava folle, però c'era il filmato inviato dalla missione spaziale schiantatasi di proposito.

In televisione, l'unica cosa che veniva mandata in onda era il filmato. Mentre il veicolo d'atterraggio orbitava sempre più basso, tuffandosi tra gli strati di nuvole che coprivano il pianeta, gli astronauti avevano rispedito indietro le riprese di uomini e animali che convivevano in pace, sorridenti, tanto che i loro visi parevano brillare. Nel video che gli astronauti avevano inviato, tutti erano giovani. Il pianeta era un paradiso terrestre. Un paesaggio di foreste e oceani, prati fioriti e montagne svettanti. Lì era sempre primavera, aveva detto il governo.

Ma gli astronauti, si erano rifiutati di azionare i paracadute di coda. Si erano gettati in picchiata, bum, tra i fiori e i laghi dolci di Venere. L'unica cosa rimasta erano quei pochi minuti di filmato confuso e sgranato che avevano rispedito indietro. Donne che sembravano fotomodelle con indosso tuniche sfavillanti in un futuro di fantascienza. Uomini e donne con gambe affusolate e capelli lunghi, che mangiavano uva adagiati sui gradini di templi di marmo.

Era il paradiso, con in più il sesso e l'alcol e il permesso di Dio.

Un mondo dove i Dieci Comandamenti erano: Godi. Godi. Godi.

«I sintomi iniziali sono mal di testa e nausea» legge Tracee dall'opuscolo, «seguiti da un aumento progressivo del battito, dovuto al fatto che il cuore prova a portare ossigeno al cervello morente».

Il fratello di Eve, Larry, non si era mai abituato del tutto all'idea della vita eterna.

Aveva fatto parte di un gruppo, si chiamavano Wholesale Death Factory, Fabbrica della morte all'ingrosso. Avevano questa zoccola di groupie di nome Jessika. Si tatuavano a vicenda con un ago da cucito intinto nell'inchiostro nero. Erano dei tipi estremi, Larry e Jessika, il margine ultimo della marginalità. Poi la morte era diventata mainstream. Solo che non si chiamava più suicidio. Adesso la chiamavano “migrazione”, I corpi in decomposizione della gente non erano più cadaveri. Quelle cataste nauseabonde, rigonfie, ammassate ai piedi di ogni edificio. I morti avvelenati stesi sulle panchine alle fermate degli autobus, adesso si chiamavano “bagagli”.

Semplici bagagli abbandonati.

Un po' come si era sempre considerato il capodanno, una specie di linea tracciata sulla sabbia. Una sorta di nuovo inizio che non veniva mai davvero, Ecco com'era vista dalla gente la migrazione, ma solo se tutti quanti fossero migrati.

Ormai esisteva la prova della vita dopo la vita. Secondo le stime governative, ben 1.760.042 anime umane erano già state liberate e se la spassavano sul pianeta Venere. Il resto degli esseri umani avrebbero dovuto continuare a vivere un lungo ciclo di esistenze e dolore, prima di essere sufficientemente raffinati per migrare.

Rigirando ed erodendosi nella Grande Macchina.

E così il governo aveva avuto il lampo di genio. Se l'intera umanità fosse morta in un colpo solo non ci sarebbero più stati uteri, né la possibilità che le anime potessero reincarnarsi qui sulla Terra.

Se l'umanità si fosse estinta, saremmo tutti migrati su Venere.

Illuminati o meno.

Ma... se fosse rimasta anche una sola coppia fertile, la nascita di un bambino avrebbe potuto richiamare indietro un'anima. Da una piccola manciata di individui, l'intero processo sarebbe potuto ricominciare.

Fino a un paio di giorni prima, in tv si erano viste le azioni compiute dal Movimento per la migrazione nei confronti dei soggetti che ancora non avevano aderito. Si erano viste le popolazioni arretrate non ancora aderenti al movimento e le squadre di Assistenza alla migrazione vestite di bianco che le costringevano a migrare a forza con dei mitra bianchi e puliti. Interi villaggi pieni di gente urlante bombardata a tappeto per essere ricollocata nella successiva fase del processo. Nessuno intendeva permettere a una manica di burini con la Bibbia in mano di tenerci bloccati qui, nel vecchio e sporco pianeta Terra, il pianeta ormai out, non quando avremmo potuto correre tutti quanti al successivo grande passo nell'evoluzione spirituale. E così i burini venivano avvelenati per la loro stessa salvezza. I selvaggi africani, sterminati con il gas nervino. Le orde di cinesi, bombardate con l'atomica.

Gli avevamo imposto il fluoro nelle acque, la “democrazia” e l'alfabetizzazione, pechè mai non avremmo potuto imporgli la migrazione?

Se anche una sola coppia di bifolchi fosse sopravvissuta, qualcuno sarebbe potuto rinascere incarnandosi nel loro figlio sporco e ignorante. Se anche una sola banda di coltivatori di riso del terzo mondo non fosse migrata, qualche anima preziosa avrebbe potuto essere richiamata in vita e costretta a schiacciare mosche sotto il sole cocente dell'Asia, mangiando pappa di cereali marcia guarnita di sterco di ratto marrone.

Si, certo, era un azzardo. Portare tutti quanti su Venere in un colpo solo. Ma ora che la morte era morta, l'umanità non aveva davvero niente da perdere.

Era stato proprio quello il titolo dell'ultimo “New York Times”: È morta la morte.

USA today” aveva optato per La morte della morte.

La morte era ormai un mito ormai sfatato. Come Babbo Natale. O il topolino dei denti caduti.

La vita continuava a essere l'unica opzione... ma ora appariva come un'infinita... eterna... perpetua... trappola.

Larry e la sua zoccola rockettara, Jessika, avevano progettato di fuggire. Nascondersi. Adesso che la morte era stata cooptata nel mainstream, Larry e Jessika volevano ribellarsi restando in vita. Avrebbero avuto un sacco di figli. Mandato a puttane l'evoluzione spirituale dell'umanità. Poi però i genitori di Jessika le avevano messo del veleno per formiche nel latte coi cereali. Fine.

Dopo, Larry cominciò ad andare in centro tutti i giorni a cercare sedativi nelle farmacie abbandonate. Prendere Vicodin e spaccare vetrine, diceva Larry, come illuminazione gli bastava. Per tutto il giorno non faceva altro che rubare auto e sfasciarle contro le vetrine dei negozi di porcellane abbandonati, tornando a casa strafatto dal talco bianco degli airbag esplosi.

Larry voleva assicurarsi che questo mondo fosse consumato a dovere, prima di trasferirsi nel successivo.

Vedi di crescere, gli aveva detto la sorella minore, Eve. Jessika mica era l'ultima troietta dark rimasta al mondo, gli aveva detto.

E Larry si era limitato a guardarla strafatto, sbattendo le palpebre al rallentatore, dicendo: «E invece si, Eve. Jesse lo era...».

Povero Larry.

Ecco perchè, quando il padre gli aveva detto di salire in macchina, Larry aveva scrollato le spalle ed era salito. Si era seduto sul sedile posteriore, portandosi Risky, il loro boston terrier. Non s'era preoccupato di allacciarsi la cintura. Tanto non sarebbero andati da nessuna parte. Perlomeno non in un luogo fisico.

Era l'equivalente spirituale new age di ogni idea totalizzante, dal sistema metrico decimale all'euro. Il vaccino antipolio... il cristianesimo... la riflessologia... l'esperanto.

E non sarebbe potuto arrivare in un momento storico più propizio. Inquinamento, sovrappopolazione, malattie, guerra, corruzione politica, perversione sessuale, omicidi, tossicodipendenza... forse non erano peggiori che in passato, ma oggi avevamo la televisione che non faceva che lamentarsene. Un promemoria costante. Una cultura della lamentela. Questo va male, quest'altro anche, e via così... La maggior parte delle persone, anche se non l'avrebbero mai ammesso, non avevano fatto che lagnarsi dal giorno in cui erano nate. Dal primo istante che la loro testolina era sbucata alla luce della sala parto, nulla era mai andato bene. Non c'era mai stato nulla di piacevole, nulla che li avesse soddisfatti.

Il solo sforzo necessario per tenere in vita il proprio stupido corpo fisico, cercare il cibo, cucinarlo e lavare i piatti, tenersi al caldo e fare il bagno e dormire, i movimenti delle gambe e della peristalsi e i peli incarniti, da subito avevamo cominciato a diventare un compito troppo gravoso.

Seduta in macchina, con le ventole che soffiano il fumo in faccia, Tracee legge: «I battiti del cuore accelerano, gli occhi si chiudono. Si perde coscienza e si sviene...».

Il padre di Eve aveva conosciuto Tracee in palestra, e avevano iniziato a fare body building in coppia. Avevano vinto una gara, esibendosi insieme, e per festeggiare si erano sposati. L'unico motivo per cui non erano migrati mesi prima era che erano ancora al culmine della forma atletica per le competizioni. Non avevano mai avuto un aspetto così perfetto, mai si erano sentiti così forti. Gli si era spezzato il cuore rendendosi conto che avere un corpo – persino un corpo dalla muscolatura perfettamente sviluppata e definita, con appena il due percento di grasso corporeo – era come cavalcare a dorso di mulo mentre il resto dell'umanità saettava in giro a bordo di jet supersonici. Come paragonare i segnali di fumo ai telefoni cellulari.

Per giorni, Tracee aveva continuato a pedalare sulla sua cyclette, sola nella grande sala di aerobica, strillando incitamenti a ritmo di disco music a una classe di spinning inesistente. In sala pesi, il padre di Eve aveva continuato ad allenarsi, limitandosi però alle macchine o ai manubri più leggeri, visto che nessuno poteva vederlo. E che, cosa ancor peggiore, in giro non c'era nessuno con cui papà e Tracee potessero competere. Nessuno per cui mettersi in posa. Nessuno da battere.

Il padre di Eve era solito raccontare questa barzelletta:

Quanti culturisti ci vogliono per avvitare una lampadina?

Quattro. Uno per avvitarla e altri tre per guardarlo e dire: “Caspita quanto sei definito!”.

A suo padre e Tracee ne sarebbero servite centinaia, di persone che li applaudissero, che li guardassero mettersi in posa sul palco e flettere i muscoli. Eppure era innegabile: per quanto lo si perfezionasse con vitamine e collagene e silicone, il corpo umano era obsoleto.

La cosa buffa era che il padre di Eve ripeteva sempre anche un'altra frase: “Se tutti si buttassero da un ponte, ti ci butteresti anche tu?”.

Gli esperti ritenevano che questo fosse l'unico momento della storia in cui la migrazione di massa sarebbe stata possibile. C'era voluto il programma spaziale per fornirci la prova della vita dopo la morte. C'erano voluti i mezzi di comunicazione di massa per diffondere la prova in tutto il mondo. E le armi di distruzione di massa per garantire un'adesione totale.

Se ci fossero state delle generazioni future, non avrebbero saputo ciò che sapevamo noi. Non avrebbero potuto disporre degli strumenti per realizzarlo. Si sarebbero limitati a trascinare le loro orribili, miserabili vite terrene, nutrendosi di sterco di ratto, ignare del fatto che tutti quanti avremmo potuto vivere una vita di piaceri su Venere.

Ovviamente, moltissimi facevano pressione perché i non aderenti venissero bombardati e basta, ma solo per disintegrare tutte le isolette tribali del sud del pacifico si era dato fondo agli arsenali missilistici. Le radiazioni non migravano come ci si sarebbe atteso. Un inverno nucleare era sceso sull'Australia, ma era durato solo un paio di mesi. Era piovuto, c'era stata un enorme moria di pesci, ma il clima e le stramaledette maree erano riusciti a ripulire il nostro mega-avvelenamento. Un sacco di potenziale migratorio in fumo, considerando che l'Australia aveva aderito al cento per cento entro i primi sei mesi.

Tutto il nostro gas nervino e i virus letali, gli ordigni nucleari e convenzionali, tutto quanto si era rivelato una delusione. Non eravamo neppure vicini all'estinzione dell'umanità. C'era gente che viveva nelle caverne. Gente che vagabondava sui cammelli in deserti sterminati. E ognuno di quegli individui stupidi e arretrati poteva scopare. Uno spermatozoo incontra un ovulo, e la tua anima viene risucchiata indietro a vivere una vita di tedio, a mangiare, a dormire, arrostirti sotto il sole. Sulla Terra: il pianeta Guerra. Il pianeta Conflitto. Il pianeta Dolore.

Per le squadre Assistenza alla migrazione, con i loro mitra bianchi, gli obiettivi con priorità A erano le donne non aderenti di età compresa tra i 14 e i 35 anni. Le altre donne erano obiettivi con priorità B. I maschi non aderenti erano priorità C. Se i proiettili scarseggiavano, le squadre di uomini in bianco potevano lasciare vivi anche interi villaggi di uomini e donne anziane, in modo che invecchiassero fino a migrare naturalmente.

A Tracee dava fastidio l'idea di essere un obiettivo con priorità A, il rischio di essere colpita da una raffica di mitra mentre andava in palestra. Ma la maggior parte delle squadre si trovavano nelle campagne o sui monti, nei luoghi in cui poteva nascondersi gente arretrata e prolifera. I più stupidi tra gli stupidi potevano mandarti a rotoli l'evoluzione spirituale. Non era giusto. Tutti gli altri, e si parla di milioni di anime, stavano già festeggiando. Nel video di Venere si intravedevano i visi di gente famosa che sulla Terra aveva sofferto a sufficienza, e non aveva avuto bisogno di ritornare per vivere un'altra vita. Grace Kelly e Jim Morrison. Jackie Kennedy e John Lennon. Kurt Cobain.

Eve era riuscita a riconoscere quelli.

Tutti alla festa, giovani e belli, per sempre.

Tra le celebrità defunte vagavano animali ormai estinti sulla Terra: colombe migratrici, ornitorinchi, dodo gigantr. Nei notiziari televisivi celebrità strafamose venivano applaudite al momento di migrare. Se quelle persone, stelle del cinema e gruppi rock, erano riusciti a migrare per il bene dell'umanità tutta, se quelle persone piene di denaro, talento e successo, che avrebbero avuto mille ragioni per rimanere, se erano migrate loro, allora potevano farlo tutti.

Nell'ultimo numero di “People”, il servizio di copertina titolava: crociera di vip verso l'aldilà.

Migliaia di persone tra le più belle e meglio vestite, stilisti e top model, magnati dell'informatica e atleti professionisti, si erano imbarcate a bordo della Queen Mary II ed erano salpate in direzione nord, tra danze e drink, a tutta velocità, in cerca di un iceberg da speronare. Aeroplani noleggiati che si schiantavano sulle cime delle montagne, autobus turistici che si gettavano dai dirupi sull'oceano.

Qui negli USA, il grosso delle persone andavano ai magazzini wal-mart o nelle farmacie rite aid per comprare i kit del buon viaggio. I kit di prima generazione erano costituiti da barbiturici confezionati in un sacchetto di plastica a misura di testa, con un cordino da stringere intorno al collo. La generazione successiva erano compresse di cianuro masticabili al gusto di ciliegia. Erano così tanti quelli che migravano direttamente lì, nelle corsie dei negozi – senza pagare – che wal-mart aveva dovuto ricollocare i kit dietro il bancone del servizio clienti, accanto alle sigarette. Venivano consegnati al cliente solo a pagamento effettuato. Ogni due minuti circa, dagli altoparlanti veniva diffuso un annuncio che invitava i gentili clienti ad evitare di migrare all'interno dei locali... Grazie.

Presto spuntarono i sostenitori del cosiddetto “metodo francese”. L'idea era sterilizzare tutti. Prima in maniera chirurgica, ma ci voleva troppo tempo. Poi, esponendo i genitali dei soggetti a fasci di radiazioni mirati. A quel punto, però, tutti i medici erano già migrati. I medici erano stati fra i primi ad abbandonare la nave. Proprio loro. La morte era la loro avversaria, certo, ma senza erano perduti.

Si sentivano abbandonati. In assenza di medici, era toccato agli inservienti bombardare la gente di radiazioni. Alcuni erano rimasti ustionati. La rete elettrica era saltata. Fine.

Nel frattempo, tutto il bel mondo era migrato a colpi di champagne al cianuro, nel corso di scicchissimi “bon voyage party”. Si erano presi per mano e gettati nel vuoto durante le feste nei superattici dei grattacieli. Persone già stanche del mondo, stelle del cinema e superatleti e gruppi rock. Top model e miliardari del software erano spariti già dopo la prima settimana. Ogni giorno, il padre di Eve tornava a casa dal lavoro e raccontava chi dell'ufficio se n'era andato. Quali vicini di casa erano migrati. Era facile capirlo. L'erba del giardino troppo cresciuta. La posta e i giornali accumulati sulla porta di casa. Le tende mai aperte, le luci mai accese, e passando accanto si poteva cogliere una zaffata dolciastra, come di frutta o carne che marciva. L'aria ronzava di moscerini. La casa accanto, quella dei Frink, era così. E anche quella sul lato opposto della strada.

Le prime settimane fu facile. Larry andava in centro a spaccare la chitarra da solo sul palco dell'auditorium del teatro civico. Eve aveva preso l'abitudine di usare l'intero centro commerciale come dispensa personale. La scuola era finita, e non sarebbe mai, mai più ricominciata. Quanto al padre, si capiva che ai Tracee non gliene fregava più niente. Non se l'era mai cavata troppo bene nella fase successiva all'innamoramento iniziale. Di solito a quel punto iniziava a tradire. Si trovava una ragazza nuova in ufficio. Ora invece guardava e riguardava il filmato di Venere alla tv, con grande attenzione, il naso quasi incollato sui punti in cui si distingueva la gente, su quei gruppi di gente splendida, modelli e modelle ammassati nudi, o uniti in un lungo girotondo di sesso. Che si leccavano reciprocamente il vino addosso. Che scopavano senza riprodursi, senza malattie e senza anatemi divini. Tracee aveva preso a stilare una lista delle celebrità con cui voleva fare amicizia una volta arrivata. In cima alla lista c'era Madre Teresa. Ormai anche le madri più stressate radunavano i bambini, gli strillavano di sbrigarsi a finire il latte avvelenato e alzare le chiappe, che c'era il gradino successivo dell'evoluzione spirituale da intraprendere di gran carriera. Adesso persino la vita e la morte erano diventate fasi da sbrigare in fretta e furia, come quando gl insegnanti spingevano i bambini di classe in classe fino al diploma, senza badare a quanto avevano o non avevano appreso. Una grande affannosa corsa verso l'illuminazione.

Nell'auto, adesso, con la voce che si fa più bassa e roca per il fumo respirato, Tracee legge: «A mano a mano che le cellule delle valvole cardiache cominciano a morire, le due metà chiamate ventricoli, iniziano a perdere colpi, pompando sempre meno sangue nell'organismo...».

Tossisce e legge: «Senza sangue, il cervello smette di funzionare. Nel giro di pochi minuti avviene la migrazione». E Tracee richiude l'opuscolo. Fine.

Il padre di Eve dice: «Addio, pianeta Terra». E il boston terrier, Risky, vomita popcorn al formaggio su tutto il sedile posteriore. L'odore del vomito di cane e il rumore di Risky che se lo rimangia, sono anche peggio del monossido di carbonio.

Larry guarda la sorella, il trucco nero sbavato intorno agli occhi, sbatte le palpebre a rallentatore, dice: «Eve, portalo a vomitare fuori, il tuo cane».

Se al suo ritorno la sua famiglia dovesse già essersene andata, le dice il padre, c'è un kit del buon viaggio sul mobile in cucina. Dice a Eve di non metterci troppo. Che l'aspettano alla festa. La futura ex matrigna di Eve dice: «Sbrigati a richiudere la serranda, che sennò esce il fumo». Tracee dice: «Io voglio migrare, mica ritrovarmi cerebrolesa». «Troppo tardi» dice Eve, e trascina fuori il cane, nel cortile. Lì il sole splende ancora. Gli uccelli, troppo stupidi per sapere che questo pianeta è fuori moda, continuano a costruire nidi. Le api si infilano nei boccioli di rosa dischiusi, ignare del fatto che la loro realtà è obsoleta. In cucina, sul mobile accanto al lavello, c'è un kit del buon viaggio, il blister di compresse al cianuro. Confezione famiglia. Stampata sul retro della scatola c'è una piccola vignetta. Mostra uno stomaco vuoto. Un quadrante di orologio che segna tre minuti. E poi l'anima a fumetti che si risveglia in un mondo di agi e piacere. Sul prossimo pianeta. Evoluta.

Eve spreme fuori una compressa, è giallo acceso con un viso sorridente stampato in rosso. Pazienza se hanno utilizzato quel colorante rosso tossico. Eve tira fuori dal blister tutte le compresse. Sono otto, se le porta in bagno e le getta nel gabinetto. L'auto è ancora accesa in garage. Da una finestra, salendo in piedi su una sedia da giardino, Eve intravede le teste chine all'interno. Suo padre. La sua futura ex matrigna. Suo fratello. Nel cortile, Risky annusa dalla fessura sotto la serranda del garage le esalazioni che vengono dall'interno. Eve gli dice: «No». Lo richiama, lontano da casa, sotto il sole. Qui, nel silenzio del quartiere interrotto solo dal canto degli uccelli e dal ronzio delle api, il cortile sembra già in disordine e l'erba avrebbe bisogno di una tosatina. Senza il rumore dei tosaerba, degli areoplani e delle motociclette, il canto degli uccelli risuona forte come il traffico di un tempo. Distesa sull'erba, Eve si solleva il bordo della camicia perchè il sole le scaldi la pancia. Chiude gli occhi e si sfrega i polpastrelli di una mano in lenti cerchi intorno all'ombelico. Risky abbaia, una volta, due. Poi una voce dice: «Ehilà». Un viso si sporge oltre la staccionata del giardino dei vicini. Capelli biondi e brufoli rosa, un ragazzino di nome Adam che frequentava la sua stessa scuola. Prima che tutte la scuole chiudessero. Le dita di Adam afferrano il bordo della staccionata di legno, e lui si tira su fino a posare entrambi i gomiti sul bordo. Appoggiandosi il mento sulle mani, Adam dice: «Hai sentito della ragazza di tuo fratello?». Eve chiude gli occhi e dice:«Ti sembrerà strano, ma sento la mancanza della morte...». Adam solleva una gamba di lato agganciando il piede alla staccionata. «I tuoi» dice, «sono già migrati?».

Nel garage, il motore dell'auto scoppietta e perde un colpo su un cilindro. Come un ventricolo guasto. Dal vetro della finestra, l'aria del garage, sono volute di fumo grigio che fluttuano. Il motore perde un altro colpo, poi tace. Dentro, nulla si muove. La famiglia di Eve, ormai, non è altro che bagaglio abbandonato. E mentre distesa al sole sente la pelle farsi rossa e tirare, Eve dice: «Povero Larry», continuando a sfregarsi i cerchi intorno all'ombelico. Risky si avvicina alla palizzata, guarda in su, e intanto Adam solleva una gamba, poi l'altra, scavalca e salta giù nel cortile. Grattandolo sotto il mento dice:«gliel'avevi detto che aspettiamo un bambino?» e Eve non dice nulla. Non apre gli occhi. «Se facciamo rinascere la razza umana» dice Adam «i nostri si incazzano di brutto...».

Il sole è quasi a picco. Il rumore che si sente sembra di automobili. Ma è solo il vento che spazza il quartiere deserto. I beni materiali sono obsoleti. Il denaro è inutile. Il ceto sociale non ha senso. L'estate durerà altri tre mesi. E c'è un mondo intero di cibi in scatola con cui nutrirsi. Sempre che la squadra di Assistenza alla migrazione non la faccia fuori a mitragliate per non aver aderito. In quanto obiettivo con priorità A. Fine.

Eve apre gli occhi e osserva il puntino bianco basso sull'orizzonte. La stella del mattino. Venere. «Se questo bambino nascerà» dice Eve, «spero tanto che sia... Tracee»