http://climb.mountainzone.com/2002/story/outthere/photos/patagonia_ste_poinc_fitz.jpg

 

Lasciamo Guandacol, il Chilechito e tante emozioni per andare in Patagonia, in Terra Mapuche…. Dopo 45 ore di viaggio, dopo aver cambiato 4 autobus e preso finalmente a noleggio un’auto arriviamo a El Maiten, nella provincia del Rio Chubut, al confine tra la regione dei Laghi e la Patagonia del Nord…nel ventre della proprietà di Benetton.

La sensazione per chi, come me, è già stata in questi luoghi, è quella di essere, dopo tanta strada, finalmente arrivata a casa….

Ci accolgono Mauro e i tanti compagni che quotidianamente gestiscono radio Petu. Con grande soddisfazione ci raccontano di come a due anni dall’inaugurazione il progetto stia crescendo, come nuova gente e molti giovani si siano avvicinati, di come vorrebbero diventasse la radio. Non sono un luogo per comunicare ma anche un luogo dove incontrarsi, fare attività di socializzazione, concerti, musica, laboratori e organizzare la resistenza…insomma quello che noi chiamiamo centro sociale e che loro chiamano SUM, un grande spazio per tante attività.

Andare in radio mi provoca come sempre una grande emozione, parlare ai suoi microfoni ancora di più, anche se dopo pochi minuti, attorno ad una tavola rotonda scambiandoci un mate ci si sente veramente a casa…

Ci raccontano come vanno le cose, come va il processo di resistenza e soprattutto quello di recupero delle terre, quello più importante, perché solo dopo aver recuperato, cioè essersi ripresi la terra che le tante multinazionali e i ricchi terratenenti hanno acquisito in varie forme, solo dopo essere “ritornati alla terra” si può resistere, lottare e creare una rete di sostegno con tutte le altre comunità che sono sotto sgombero o decidono di recuperare.

Questo processo di recupero è cresciuto moltissimo in questi anni e ce lo raccontano con orgoglio i nostri fratelli mapuche. Recuperare terra vuol dire recuperare vita; e la vita vale “mas que l’oro”, più dell’oro che vogliono sfruttare i potenti del mondo.

Per questo negli ultimi mesi ettari ed ettari di terra stanno tornando in libertà: si tagliano le recinzioni, si libera la vita, si costruiscono piccole case di terra, fango e legno e da qui…si ricomincia…una vita nuova che ha un sapore vero, che segue semplicemente il ritmo della natura, il susseguirsi delle stagioni, il colore della terra, del cielo, delle infinite stelle che cadono davanti ai nostri occhi increduli da tanto splendore. Andiamo a far visita a diverse comunità in recupero e non c’è forza più grande di una comunità che decide di resistere e opporsi al continuo saccheggio che quotidianamente i governi locali e i potenti stranieri cercano di imporre.

Quando lo straniero arriva, impone le sue regole, impone un concetto tutto occidentale di proprietà privata, di possesso di ciò che sta sopra, sotto e dentro la terra…Più volte ho raccontato dell’infinita quantità di filo spinato che circonda la Ruta 40, la principale strada che percorre la Patagonia, dei corsi dei fiumi deviati, dei laghi recintati e della polizia privata che sta a guardia dell’immenso….ma questa volta ciò che mi ha colpito di più è la tanta terra recuperata, la volontà di non arrendersi e di riorganizzarsi.

Vuelta del rio e Las Huaytecas sono solo due dei tanti esempi che incontriamo, gente della terra che con dignità e forza ha deciso di ricostrure e ripensare il concetto di comunità.

Per comunità si deve intendere un insieme di conoscenze, cultura, lingua, condivisione e indipendenza economica. E’ una resistenza che sembra impari ma che può e deve trovare, e su questo stanno lavorando i mapuche, sostegno e riconoscimento anche da altri…non mapuche.

L’esperienza a mio avviso più interessante è quella della della comunità Las Huaytekas , sono circa una ventina di famiglie che hanno occupato praticamente un lato intero di montagna e che per promuovere l’occupazione e per rendersi indipendenti economicamente hanno aperto sulla ruta 40 un mercato autogestito di arte e cultura mapuche. Una bella esperienza di creazione di una nuova comunità, di capacità di programmare e decidere insieme orrizontalmente tutte le mosse e le strategie di resistenza. Anche qui le donne hanno un ruolo molto importante. Mirta è la portavoce che ci racconta che il loro nemico è una grande impresa forestale che ha piantato migliaia di inutili e nocivi pini nella loro montagna.

Ci si chiede cosa resterà di quel lato di montagna dopo che l’impresa avrà raggiunto il suo obiettivo, quello di tagliare gli alberi a grandezza raggiunta..Ci raccontano i danni che l’intero ecosistema sta subendo in Patagonia con questa questione della “forestazione” e ci dicono che la loro non è una lotta per un diritto di proprietà ma soprattutto una difesa forte e decisa di tutti gli elementi che fanno parte della natura perchè ancestralmente sentono di appartenere a questa meravigliosa terra.

Nel grande dibattito mondiale sulla difesa della terra e dell’ambiente, viene da pensare che tutti dovrebbero dare più ascolto alle semplici parole di chi come i mapuche hanno la convinzione di appartenere alla terra e non di esserne solo un fruitore…

Le infinite piantagioni di abeti non autoctoni, il saccheggio continuo delle immense risorse naturali (in primis l’acqua), le continue recinzioni che incontriamo ci parlano invece della volontà di sfruttare e poi abbandonare uno dei posti più belli e incontaminati del mondo.

Ce lo avevano già detto le donne delle assemblee cittadine contro le miniere: “qui i potenti vengono, saccheggiano e poi se ne vanno lasciando solo povertà e devastazione”, ce lo ripetono i fratelli e le sorelle delle comunità mapuche che hanno ben capito che gli interessi economici prevalgono su tutto…sulla natura, sulla terra, sulla vita…

Agli occhi dei nostri viaggiatori sembra impossibile che negli immensi spazi patagonici tutto sia diventato privato, che tutto appartenga a qualcuno, ma la dignità della gente non si compra. La profondità degli sguardi, il colore degli occhi che riescono a riflettere la luce delle interminabili giornate estive esprimono tutto questo…ci parlano di una dignità che va oltre e supera il filo spinato che li circonda.

Fonte: www.yabasta.it