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Il ritmo respiratorio, la vita e le relazioni psicosomatiche

di Walther Bühler - 23/07/2010





La vita degli organismi terrestri è sorretta da ritmi interni ed esterni di varia
natura. Mentre la pianta è del tutto dipendente dall'alternanza periodica della
giornata o delle stagioni nell'anno, gli esseri viventi organizzati in modo
superiore sviluppano dei ritmi interni, gradualmente più indipendenti rispetto
all'ambiente esterno. Nel caso dei vertebrati e dell'organismo umano si è
arrivati con lo sviluppo della colonna vertebrale e della gabbia toracica ad un
autonomo sistema ritmico fin nella struttura ossea. Esso cela l'attività del cuore e
dei polmoni, i due organi che compenetrano di vita tutto l'organismo, grazie al
battito cardiaco e al respiro. Vedremo più da vicino la funzione respiratoria.
Il respiro fra volontà di vita e polo della coscienza
I l r i tmo che inc ide in modo più significativo nella nostra vita è l'alternanza di
sonno e veglia. Esso scandisce il tessere reciproco fra realtà corporea e
realtà animica, imparentato sotto questa prospettiva al respiro stesso. Infatti
con l'addormentarci non variano soltanto i complessi processi fisiologici della
corteccia cerebrale, per esempio nel senso di uno "spegnere i comandi", bensì
siamo di fronte ad un allontanarsi della realtà animico-spirituale dalla
corporeità per immergersi nella sua patria soprasensibile prenatale. Con il
risveglio l'anima torna ad unirsi alla corporeità, "torniamo in noi stessi",
letteralmente. Visto in modo unitario siamo di f ronte ad un respi ro fra
anima e corpo. Per questo, come possiamo respirare profondamente o
superficialmente, allo stesso modo possiamo dormire in modo più superficiale
o profondo. Possiamo perfino misurare sperimentalmente la profondità del sonno.
Anche la normale respirazione, che por ta con lo scambio di ossigeno e
anidride carbonica, "fuoco" nei processi del ricambio, è legata ad un fatto che
trae l'impulso dalle forze animiche che penetrano profondamente negli
eventi fisici della corporeità. Sotto il profilo fisico possiamo considerare la
gabbia toracica, insieme alla funzione polmonare, una specie di "mantice" di
pelle. L'aria dell'ambiente può venir risucchiata soltanto se vi è una
depressione, mentre essa può venir spinta fuori da un eccesso di pressione,
meccanicamente. Ma questo"mantice" deve venir afferrato volitivamente e
intenzionalmente da un essere animato. Tutte le forze necessarie, se pur a
livello primitivo, devono essere ancorate nella complessa struttura del sistema
respiratorio così da potervi agire. Esse agiscono in modo istintivo seguendo i
riflessi vitali, senza dunque una partecipazione consapevole, sotto il livello della
coscienza desta. Possiamo considerare sotto questo aspetto le costole come
delle ossa lunghe affinate e tutta l'organizzazione respiratoria esterna con i due
livelli di muscolatura attiva nella espirazione e nella inspirazione come una
specie di sistema degli arti trasformato. Ogni coppia di costole assomiglia, con la
sua articolazione legata alla relativa vertebra, a due braccia arrotondate che
riescono soltanto ancora a sollevarsi (inspirazione) e ad abbassarsi (espirazione).
In modo simile a quanto avviene nel nostro muscolo cardiaco, vediamo
all'opera una parte della nostra volontà di vita, grazie alla quale con ogni
inspirazione andiamo a rinnovare nel piccolo la nostra spinta ad incarnarci nel
nostro organismo.
Anche il nostro polo della coscienza però partecipa in modo significativo al
processo respiratorio. Nel naso, attraverso il quale passa l'aria come per una
porta d'ingresso, abbiamo la presenza di un particolare organo di senso. L'olfatto
ci consente di cogliere le più sottili variazioni nella composizione materiale
dell'aria. I nervi olfattivi sono collegati in modo diretto al cervello. Nelle
profondità del cervello, nel tronco cerebrale, abbiamo un ulteriore senso
rappresentato dal cosiddetto centro respiratorio, un senso legato alla vita. Esso
coglie continuamente il contenuto in ossigeno e anidride carbonica del sangue,
di modo che da questo centro viene scandita la profondità del respiro, oltre
che la sua regolarità. La necessità vitale di questo organo di senso si desume
anche dal fatto che, per esempio, durante la narcosi si deve stare ben attenti
ad agire soltanto sulla corteccia cerebrale, ma mai sugli strati più profondi,
antichi, del cervello. Si arriverebbe ad una immediata stasi della respirazione,
cioè alla morte del paziente.
Uno specchio dell'organismo umano
L'aspetto essenziale del processo respiratorio resta però il suo andamento
ritmico. Esso deriva, come ogni ritmo, da una polarità che deve essere mediata
in modo processuale. In questo caso abbiamo da un lato la necessità di ossigeno
da parte dell'organismo, dall'altro la necessità di eliminare l'anidride carbonica
quale residuo del r icambio, cos ì da arr ivare ad un equilibrio. Nel caso della
alimentazione, se guardiamo il lato animico, dobbiamo avere una certa voglia di
mangiare, una certa simpatia per il cibo in questione. L'accogliere l'ossigeno
nella sua forma di aria fresca può essere visto come una alimentazione più
sottile. Quindi alla base di ogni inspirazione possiamo trovare, anche se
incosciente, una forza di simpatia che spinge la volontà vitale. La eliminazione
dell'anidride carbonica, sperimentata come soffocante, necessita di forze di
antipatia presenti in modo sognante per la coscienza, affinché possa venir
allontanata dagli alveoli l'aria consumata.
Sotto questo aspetto il processo respiratorio ci si presenta come una precisa
realtà psicosomatica. La sua dinamica, che viene compenetrata dalla volontà
vitale (dinamica del ricambio), dal tessere animico (il vero e proprio elemento
ritmico) e dai processi sensoriali (componente nervosa) è uno specchio di tutto
l'organismo visto come espressione dell'idea archetipica di triarticolazione, già
spesso presentata al lettore del Notiziario.
Attività conforme alla volontà
Il diaframma, piuttosto piatto, rappresenta il più grande muscolo respiratorio, al
contempo fa da confine fra gli organi ritmici della gabbia toracica e quelli del
ricambio nella cavità addominale. Il continuo movimento del diaframma
produce, in realtà, una azione di massaggio leggero e continuo per gli organi
della cavità addominale, importante per la loro corretta funzionalità. Vogliamo
però osservare una ulteriore zona di confine, unica nel suo genere nei confronti
del sistema respiratorio e decisamente importante. Si tratta della zona di
confine fra il sistema nervoso vegetativo legato ai processi fisiologici incoscienti e
le consapevoli attività della coscienza. In realtà, quando siamo desti, possiamo
interferire in ogni momento nella respirazione, cosa impossibile per il battito
cardiaco. Per esempio quando percepiamo dell'aria maleodorante tratteniamo il
respiro, oppure quando dobbiamo allontanare una briciola di pane andata di traverso,
tossiamo con forza. La tosse proviene da una stimolazione locale della
mucosa tracheale, cioè da un processo sensoriale eccessivo. Siamo di fronte ad
una espirazione quasi esplosiva ottenuta grazie alla chiusura completa del lume
laringeo con le corde vocali della laringe e la possibilità di una notevole
pressione. La velocità dell'aria espirata è dello stesso ordine di grandezza di quella
degli uragani. Un intervento così incisivo nel normale ritmo respiratorio svolge
però una funzione sensata, in quanto libera, per esempio, dal catarro nel caso di
bronchite, una funzione terapeutica importante. Nel caso di una tosse stizzosa di
origine più nervosa siamo di fronte ad un processo patologico, le forze animiche
legate alla corporeità penetrano troppo, come anche nel caso dell'asma, entro
la corporeità stessa nel senso di momenti crampiformi.
Articolazione della parola e linguaggio
Ci avviciniamo alla soglia di un "mistero manifesto", al problema cioè della
malattia e della possibilità del suo superamento in senso evolutivo. Consideriamo
per esempio il gatto che fa le fusa quando si trova a suo agio, oppure un cane
che abbaia quando è irritato, oppure il canto di un uccello. Si manifestano le
forze animiche legate alla corporeità normalmente celate, grazie al grido animale
che le solleva ad un livello di espressività udibile fisicamente, qualcosa dell'interiorità
diviene manifesto. Con il fatto che l'uomo, non solo vocalizza, nel senso di una
espressione della sua interiorità animica, ma imprime nella corrente respiratoria
anche i contenuti del suo capo, cioè rappresentazioni e pensieri, la possibilità
espressiva attraverso il suono entra in più profonde dimensioni. Questo avviene
attraverso un comprimere, differenziare e configurare con il palato, la lingua, i denti
e le labbra il flusso respiratorio sonoro. Pronunciamo così l'elemento
consonantico. L'uomo articola il linguaggio come più alta espressione della sua
facoltà di guidare l'organizzazione del respiro.
Il linguaggio è uno strumento indispensabile per collegarci agli altri uomini in
modo conforme allo spirito. Senza un temporaneo "disturbo" del normale
processo respiratorio non avremmo questa possibilità. Da una alterazione del
ritmo come quella descritta nasce una specie di ritmo superiore che porta al suono
articolato e alla possibilità di parlare, dando forma alla sonorità e al ritmo. Il lato
animico spirituale dell'uomo non riuscirebbe mai a manifestare la sua vita interiore
attraverso le vie respiratorie, se le funzioni vitali fondamentali ad esse collegate ed
i relativi organi non fossero compenetrati e configurati nella fase costruttiva da
forze animiche in grado di plasmare e dare forma. Queste forze animiche
configurano anche in modo completo l'organizzazione animale, manifestandosi in
modo specifico nei diversi caratteri animali. L'insieme di queste forze viene
indicato dalla conoscenza antroposofica della natura umana come corpo animico
(o astrale).
Prospet t ive cosmologi che
In quest'ultima parte vorremmo fare alcune considerazioni sulle prospettive
cosmologiche del ritmo respiratorio. Ricerche recenti confermano che nell'uomo
sano mediamente abbiamo 18 respiri al minuto. Moltiplicati per i 60 minuti di
un'ora, e per le 24 ore di una giornata arriviamo a 25.920 respiri al giorno. Si
tratta della stessa cifra che esprime il lento percorso del punto che segna l'inizio
della primavera di ogni anno lungo le 12 costellazioni zodiacali, cioè il cosiddetto
anno platonico. Siamo di fronte ad un conteggio razionalmente
comprensibile, sorge però la domanda se la relazione è una ingiustificata
analogia o se esprime realtà più profonde. La moderna astronomia descrive in
modo dettagliato soltanto il volto fisico esteriore del cosmo, non ci dà però
alcun legame fra questi ritmi del cosmo e la natura umana. L'umanità
precristiana che considerava l'uomo ancora come un microcosmo che
rispecchia un macrocosmo compenetrato di anima e di qualità divine, vedeva
dei nessi precisi derivati da concrete esperienze soprasensibili. In particolare
nell'antica India si cercava di penetrare grazie a pratiche meditative legate a
precisi esercizi respiratori, nella zona di confine fra la sfera cosciente e
incosciente. C'era piena consapevolezza per il significato dei suoni e ritmi del
linguaggio quale espressione spirituale delle forze formative rivissute nel
mantram, in grado di portare luce nella sfera incosciente. Anche in questo caso si
trattava di sviluppare una realtà come quella che fiorisce quale parola dal
respiro, ora però in successione inversa, in modo da arrivare ad una
percezione spirituale. Il fatto fisiologico che con ogni respiro il liquido cefalorachidiano
sale e scende verso e dal cervello quale portatore della vita
rappresentativa, svolgeva un ruolo rilevante. La semplice inspirazione di aria, là
dove esisteva una adeguata disciplina morale e una purificazione, si
trasformava in una superiore esperienza di "ispirazione" nel senso di un affiorare
di esperienze ed incontri spirituali. Con questo ampliamento della coscienza
non solo si aveva una esperienza delle forze animiche che plasmano la
corporeità, bensì anche della loro origine cosmica. Pianeti e costellazioni
venivano riconosciuti come espressione della interiorità del cielo stellato. Per
esempio le forze attive nella organizzazione del respiro, là dove il ferro opera
organicamente, venivano messe in relazione alla "sfera" del pianeta Marte. Un
antico detto misteriosofico parla per questo del "risuonare creativo di
Marte". La cintura zodiacale veniva sperimentata come espressione delle forze
creative che davano anima, cioè vita animale, forze astrali. La misura legata al
ritmo cosmico in relazione al respi ro umano era una concreta esperienza
ispirativa, quindi il loro rapporto una certezza acquisita. Per evitare dei
malintesi vorremmo però sottolineare esplicitamente che la disciplina Joga alla
quale abbiamo accennato nella sua forma antica, non e più adatta all'uomo
occidentale moderno. Le forze della coscienza si sono trasferite alla testa in
quanto portatrice della coscienza dell'io individuale e del pensiero logico e capace
di giudizio autonomo. Una moderna disciplina per un ampliamento della
coscienza attraverso una vita meditativa si può trovare descritta per esempio
nell'opera di R. Steiner "Iniziazione", essa prende le mosse dalla coscienza di
veglia della vita rappresentativa e solo passando per l'esperienza consapevole
coinvolge qualità animiche come la calma interiore, la dedizione, la capacita
riflessiva, più legate al sistema ritmico.
Una conoscenza dello spirito adeguata ai tempi così come la abbiamo con
l’antroposofia, può indirizzarci nel senso accennato verso l'essenza più
profonda del ritmo di veglia e sonno e del suo legame con il respiro.
L a v i t a uma n a , u n a g i o r n a t a cosmica
In questo contesto risulta la misura cosmica della vita terrena dell'uomo.
25.920 giorni, o "respiri di veglia e sonno" abbracciano un periodo di 70 anni
circa.
Nell'anno platonico del cosmo, un mese del quale corrisponde a 2.160 anni
solari, è questo il periodo che il punto equinoziale di primavera sosta entro una
costellazione, una giornata cosmica è formata da 72 anni. 25.920 diviso per il
numero cosmico di 360 giorni, dà questo periodo di tempo, quello necessario
perché il punto di primavera proceda di un grado. Naturalmente anche in
questo caso la misura cosmica non viene ad escludere la situazione di destino
individuale. Essa però ci consente di vedere la vi ta umana in un ins ieme più
ampio, come respiro rispetto al cosmo. Quando lo spi r i to umano s i
incarna, e questo nel regno animale non è possibile, parliamo di un divenir
carne dello spirito. Il nostro io si conquista nel primo terzo della vita le proprie
connotazioni organiche entro la corrente ereditaria. Con l'inizio del processo di
invecchiamento, segnalato per esempio dalla menopausa nella donna o dai
capelli grigi, ci avviamo invece verso un graduale distacco dalla corporeità.
Questa fase involutiva legata alla maturazione dell'esperienza dell'io che si
libera, porterà poi alla fine ad un distacco definitivo che conosciamo come
morte.
Chi impara a comprendere la vita umana come un grande respiro fra il corpo
e la parte animico-spirituale entro un nesso cosmico, non solo arricchisce il
significato della sua vita, ma s i t rova anche di f ronte al la domanda se
questo evento non possa a sua volta rientrare in una ripetizione ritmica. Questa
domanda che porta dal motivo della "incarnazione" ed "escarnazione" a
quello della "reincarnazione" può essere una chiusura alle nostre
considerazioni sul respiro.


(Notiziario Weleda n. 55/1991 *)

*Si ringrazia Weleda Italia per la gentile concessione