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Marsala e l’unità d’Italia

di Carmelo R. Viola - 26/07/2010

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         Si tratta di un volumone di ben 568 pagine fitte, scritte con caratteri minuscoli, pubblicato in occasione del 150mo anniversario dell’impresa di Garibaldi ovvero dello Sbarco dei Mille a Marsala, città che ne è orgogliosa. Il lavoro, che contiene per almeno il 95% dei documenti inediti, pescati in una serie di archivi, pubblici o privati, poteva essere opera, senz’altro meritoria, solo di uno che ama la verità e la memoria storica: mi riferisco al valente anarchico, storico e pubblicista, Natale Musarra, della cui amicizia e frequentazione mi sento onorato. Se come militante malatestiano, è impegnato a distruggere (si fa per dire) ogni e qualsiasi Stato, come storico si lascia attribuire dal Sindaco di Marsala, che lo ringrazia in apertura, il merito di avere contribuito a conoscere meglio lo Sbarco di Garibaldi e dei Mille ai fini della “formazione dello Stato unitario”.

         Messa a tacere questa curiosità aneddotica, incombe anche a noi il compito di valutare l’impresa davvero improba del Musarra, che ha scandagliato con attenzione certosina tutti gli scaffali, che si è trovati davanti, portando alla luce anche notizie apparentemente meno significative purché, in un modo o in un altro, in piccola o grande misura, attinenti alla complessa e ben diversa impresa garibaldina in Sicilia. Sappiamo come e quanto contrastanti siano le opinioni circa Garibaldi, perfino come persona, che a scuola abbiamo imparato a conoscere come l’”eroe dei due mondi”. Per alcuni sarebbe stato solo un avventuriero, attratto dai piaceri del potere, mentre i suoi Mille sarebbero stati anche dediti allo stupro e agli arbìtri, una vera e propria “feccia”, un’accozzaglia di ex galeotti e di delinquenti comuni.

         Sappiamo come e quanto diverse siano le opinioni anche relativamente ai Borboni, per alcuni amministratori saggi e giusti, per altri dediti allo sperpero e alla prepotenza. Ad Acireale (Catania) c’è ancora un filoborbonico così entusiasta e fedele da avere creato una specie di sodalizio per l’appunto borbonico per quanto strano possa sembrare.

         Di parere discreto è – documenti alla mano – il nostro Musarra secondo cui – l’ho sentito anche dalla sua viva voce -  i circa millecento uomini di Garibaldi sarebbero stati soggetti scelti per un’impresa organica, molto spesso anche persone titolate e di cultura. Naturalmente è il promotore, che li ha organizzati. Tuttavia, il Curatore, nella sua ampia “Introduzione”, non si lascia prendere la mano da sentimenti di ammirazione personale ma conserva il rigore dell’oggettività dello storico lasciando parlare i documenti. Così, dice della spedizione dei Mille come di “momento più alto del processo di unificazione nazionale”. Forse avrebbe voluto dire anche – ma non l’ha detto – di “unificazione statale”, tenuto conto che l’unificazione nazionale, a dire il vero, non è ancora avvenuta e forse non avverrà mai se si tiene conto dell’indipendentismo siciliano e della Lega padana – dei due poli, Sud e Nord, che sono in tendenza centrifuga, ma forse la sua condizione di anarchico gliel’ha sconsigliato.

         C’è chi sostiene che Garibaldi in fondo consegnò la Sicilia alla Dinastia Sabauda e chi si chiede perché mai l’unificazione non sarebbe dovuta avvenire dal Meridione in su. Ma Musarra procede per la sua strada e lascia la parola ai fatti secondo i quali, paradossalmente, dallo “sbarco a Marsala” ” prende l’avvio il “processo di dissoluzione del concetto unitario”. Per questo “La venuta di Garibaldi in Sicilia precipitò l’ora della rivoluzione”. Musarra parla di “dispotismo borbonico”, dice che “Marsala fu fra quei comuni che più si rallegrarono alle vicende del ‘48” e accenna al “tributo di fedeltà e di omaggio che la città doveva alla dinastia sabauda”.  “La rivoluzione del ’60 – scrive ancora, e siamo al punto – fu una rivoluzione di popolo”.

         Il Curatore non si tira indietro quando deve entrare nel merito del protagonista. “Garibaldi cominciò ad esercitare i pieni poteri anche nelle più minute cose e a rivendicare a sé ogni decisione” e più avanti “Garibaldi (…) sorprese tutti con i suoi scatti d’intolleranza, e talvolta d’irascibilità  nei confronti delle pur piccole decisioni  che non prevenissero o fossero autorizzate da lui”. Questo comportamento si attirò delle resistenze anche da parte dello stesso Crispi, collaboratore.

         La sconfinata mole di documenti, raccolti dal Musarra fanno conoscere, a chi la ha pazienza di leggere, un’infinità di fatti minuti e di dettagli annessi ma non toglie il dubbio circa l’effettivo stato d’animo dell’uomo Garibaldi, laico certamente ed antipapale, ma tuttavia alle prese con il potere, croce e delizia. Con quello strumento di cui, checché ne dicano anarchici saggi ed onesti come Musarra, l’uomo non può fare a meno. Il che significa che qualcuno deve pur gestirlo, il potere. Così, in una situazione di caos questo qualcuno può farla anche da padrone-salvatore. Ed è quello che deve avere fatto, come sapeva farlo, s’intende, Giuseppe Garibaldi.

Si ha un bel dire – ed io lo faccio in nome della mia biologia del sociale -  che non è possibile vedere dove finisca la politica e cominci la psichiatria, dove finisca l’utilità sociale e cominci l’interesse personale. Musarra potrebbe essere contento, pertanto,  di un Garibaldi, abusatore del potere e quindi denigratore dello stesso. Ma ciò non toglie nulla alla necessità biologic

a del potere stesso. Non ci rimane che prendere atto che Garibaldi diede solo il primo colpo di bacchetta per avviare la formazione dello Stato unitario, con l’autocrazia dei Savoia, con la monarchia costituzionale e, infine, con la costituzione repubblicana, ovvero con una formula (quella attuale), che serve solo a coprire il caos dei poteri e che ci riporta al Medioevo e quindi alla Sicilia garibaldina. L’impresa di Garibaldi, indipendentemente dalla sua consistenza strutturale ed umana, è certamente servita e, alla luce di ciò che è avvenuto dopo, è ozioso pesare i pro e i contro.

Il lavoro del Musarra serve certamente a portare lustro al Comune di Marsala (medaglia d’oro al valor civile), che si vanta di essere stato il punto nevralgico dei Mille, che occuparono via via tutti i Comuni dell’Isola, sottraendoli al governo (per alcuni giogo) borbonico convertendoli alla sudditanza sabauda. Secondo il prof. Romano Ugolini, presidente del Centro Internazionale di Studi Risorgimentali Garibaldini (C.I.S.R.G.), per conto del quale Natale Musarra da tempo elabora un’indagine di archivio, nella nota di ringraziamento a questo, ritiene che l’impresa di Garibaldi sia servita all’unificazione del Regno d’Italia.

Per quanto detto io personalmente non ho motivo di goderne se non fosse per lo spirito altamente anticlericale e autorevole del protagonista, ma ciò non m’impedisce di augurare fortuna a questa miniera di notizie autentiche perché anch’io, come il Musarra, amo la verità storica.

 Nel Cap. IX,“L’opposizione al nuovo Stato”, il Curatore parla della “generale carenza di partecipazione democratica alla costruzione del nuovo Stato”, del che pare non compiacersi e riporta alcune pagine del “Catechismo politico” di tale Luigi Marianni di Brescia, “uno dei primi testi - specifica – di socialismo libertario diffuso in Sicilia”. Il Marianni venne ingiustamente scambiato per un volgare oppositore e come tale arrestato e perfino maltrattato. Il marasma non è una novità…

Il catechismo di Marianni, che oggi sarebbe probabilmente un socialista o un anarchico, ci riporta ad una concezione deista-idealista, dove non c’è posto per la dimensione economica, che verrà introdotta da Marx.  L’uomo risulta essere stato creato da Dio, libero e soggetto solo alle leggi naturali, che sono l’ “ordine regolare e invariabile prescritto dalla natura per la conservazione dell’universo e di ogni essere creato”. Il diritto ci riporta alla concezione di giustizia e consiste nella “virtù di dare ad ognuno quello che gli appartiene” – il che ci appare scientificamente corretto.

Il Marianni ci parla anche dei doveri dell’uomo, il più importante dei quali è il non far male a nessuno.  Quanto al popolo “solo è sovrano a sé medesimo”. La rivoluzione è legittima per liberare un popolo dalla schiavitù. La libertà viene regolata dalla legge naturale e di giustizia universale. “La vera felicità d’un popolo consiste nell’amare la libertà”.”Il miglior modo di servire Dio, base di tutte le religioni (è) amare la libertà e servire la patria” (pag. 456 e seguenti).

Segue il decimo ed ultimo capitolo “La fine di un’epoca”, che riproponiamo con le stesse parole, non certo entusiaste, dello stesso Musarra: “Con la morte in duello di Andrea D’Anna [cospiratore marsalese, inteso Nené] si chiude emblematicamente per Marsala l’epoca delle rivoluzioni. Le speranze suscitate dallo sbarco di Garibaldi sono andate quasi tutte deluse (…). Alla fine, di tante passioni non rimane che l’oblio che, con questa pubblicazione speriamo di avere contribuito a rischiarare”. Vorrei dire che lo stesso Curatore ha chiuso con una nota poetica, che ci commuove e che riscatta la stessa ambiguità e caducità del fenomeno Garibaldi in una Sicilia, che ancora attende un vero e proprio riscatto e non solo dalla mafia, figlia primogenita del capitalismo.

Il volume riproduce anche foto e documenti, dati statistici dell’epoca ed una raccolta davvero inedita e sorprendente di “inni garibaldini”, in lingua e in dialetto. Riproduce anche articoli di stampa ed una quantità imprecisata di trame epistolari ed è dotato di un nutrito “Indice ragionato”.

 



[1] Marsala e l’Unità d’Italia a cura di Natale Musarra – Centro Internazionale Studi Risorgimentali Garibaldini – Città di Marsala – Pagg. 568 – Quaderno n.ro 9 di Studi Garibaldini – maggio, 2010 – Marsala (TR) -