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La finanziarizzazione continua ad abbuffarsi di materie prime

di Diego Barsotti - 05/08/2010


 

Uno dei maggiori operatori italiani e mondiali della logistica e stoccaggio di materie prime, il gruppo Pacorini, è in trattativa per vendere i suoi 80 magazzini di stoccaggio di materie non ferrose, acciaio e plastiche, autorizzati dal London metal Exchange, al gigante del trading e della finanza Glencore International. Si tratta in realtà dell'ennesima acquisizione di depositi da parte di grandi case di trading e di banche, che ormai detengono più della metà dei depositi della borsa dei metalli non ferrosi più importante al mondo.

Il processo di finanziarizzazione dell'economia è ormai ben conosciuto e l'analizza approfonditamente anche Luciano Gallino nel suo ultimo libro "Con i soldi degli altri, capitalismo per procura contro l'economia", affermando  che l'attuale sistema capitalistico  "ha promosso e consolidato il dominio della finanza sull'economia reale" e "redistribuisce in misura mai vista nella storia la ricchezza dal basso verso l'alto. Erode sistematicamente i sistemi pubblici di protezione sociale  per farne, tramite le privatizzazioni, un terreno su cui mietere  sempre maggiori rendite e profitti. Ha trasformato le imprese da istituzioni sociali in cui si intrecciano gli interessi dei lavoratori, dei proprietari, delle comunità territoriali, dello Stato, dei fornitori, in meri flussi di cassa".

Il Sole 24 Ore spiega in effetti che la Pacorini metals era uno dei pochi gestori di magazzini indipendenti insieme alla tedesca Steiweg, sulla quale però circolano da mesi voci di cessioni. «In marzo la North european marine services (Nems) - elenca il Sole - era stata acquistata da un'altra grande società di trading, la Trafigura. Un mese prima Goldman Sachs aveva comprato la Metro int. Trade services, mentre Jp Morgan rilevando gli asset non statunitensi di Rbs Sempra ha messo le mani sui magazzini della Henry Bath».

Sempre il Sole 24 ore spiega che il business dello stoccaggio è diventato molto redditizio grazie alla prolungata condizione di contango (il termine indica una situazione di mercato dove il prezzo spot è inferiore ai prezzi futuri, impliciti nei corrispondenti contratti futures, ndr) sui mercati di molte materie prime: quando i prezzi sono più bassi di quelli futuri, si può realizzare un facile profitto semplicemente mettendo da parte la merce. E i pochi soggetti che controllano i magazzini autorizzati dalle borse fanno affari d'oro». Piegando di fatto il mercato alle loro esigenze e destabilizzando altri mercati collegati, ad esempio quello delle materie prime seconde, che in effetti dalla crisi globale e dal crollo dei prezzi di molte materie prime è uscito più che mai a pezzi.

La crescita economica degli ultimi decenni è stata dunque sostenuta dal moltiplicarsi di castelli di carta finanziari che la crisi scoppiata nel 2008-2009 ha dimostrato essere incapaci di mantenere all'infinito la promessa di remunerazione che contengono al loro interno e che in fondo è la loro ragion d'essere.

E per Gallino la crescente deregolamentazione dei mercati finanziari e la concentrazione delle risorse economiche in poche mani è resa emblematica dagli investitori istituzionali, termine con il quale indica quegli enti che operano professionalmente nell'investimento di denaro altrui sui mercati finanziari, e che hanno assunto nel corso degli ultimi vent'anni un peso sproporzionato nell'ambito dell'economia globale. Con l'aggravante che «circa l'80% del capitale degli investitori istituzionali viene dal risparmio di persone che lavorano o hanno lavorato, viene dal risparmio di insegnanti, tecnici, farmacisti, operai, ingegneri, funzionari pubblici e altre cose del genere. Però quel capitale viene poi investito in modi che negano, e spesso ledono, e spesso danneggiano gli interessi di quegli stessi che hanno effettuato l'investimento o di persone che appartengono alle stesse classi sociali, che condividono un comune destino. È quello che gli anglosassoni chiamano il paradosso del capitale del lavoro».

Questioni troppo tecniche perché siano lette dalla politica e magari provate a governare? Ma che almeno si provi a leggere le conseguenze della finanziarizzazione dell'economia e della finanziarizzazione delle stesse imprese. Che lo stesso Gallino ricorda brevemente: promozione dei contratti di lavoro flessibili, e, in sostanza, della precarietà del lavoro; pressione sui sindacati per politiche di moderazione salariale che nel caso specifico del nostro Paese ci hanno portati ad avere la media retributiva più bassa d' Europa senza che ciò sia stato remunerato in termini di servizi o di garanzie; mancata distribuzione ai lavoratori dei guadagni di produttività; chiusura delle unità produttive i cui livelli produttivi, pur elevati, siano inferiori a quelli di unità analoghe di imprese concorrenti».

Queste riflessioni sono del 2009, l'esplosione del caso-Fiat è di alcune settimane fa......il pericolo di un collasso sulle materie prime e sulle materie prime seconde (leggi riciclaggio) per l'intera Europa è di queste ultime settimane (leggi l'iniziativa del Commissario Tajani). Ma tutto sembra etereo ed evanescente. Quando sembra...perchè generalmente si continua a parlare di economia come di riciclaggio esattamente come prima della crisi.