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Mediterraneo è biodiversità

di Roberto Danovaro - Susan Dabbous - 06/08/2010

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A colloquio con Roberto Danovaro, uno dei curatori italiani della ricerca: «Oltre alle aree marine protette ci vorrebbero “aree marine profonde”. Negli abissi c’è vita anche a 3.500 metri».

Roberto Danovaro, direttore del dipartimento di Scienze del Mare presso l’Università Politecnica delle Marche, è membro del Consiglio scientifico internazionale del Census of marine life e ha contribuito al censimento mondiale raccogliendo dati dalle acque italiane. «Nel Mediterraneo siamo riusciti a studiare sia le specie costiere che quelle abissali – spiega - e sono venute fuori molte sorprese».
 
Quali?
Per quanto riguarda gli abissi, ad esempio, zone che pensavamo prive di vita hanno mostrato circa 3500 specie, ma il 70 per cento, in verità, è ancora da scoprire. Erroneamente si pensa che più si va in profondità e meno c’è da scoprire. Non è così. La vita c’è a meno 200 metri così come a 5mila metri di profondità, lo dimostra la fossa di Matapan il punto più profondo del Mediterraneo che si trova tra l’Italia e la Grecia. Recentemente, abbiamo trovato tre specie nuove di Lociferi, organismi pluricellulari, in grado di vivere in totale assenza di ossigeno nei laghi di sale dell’Atalante basin (a ovest di Creta ndr). Parliamo di una profondità di 3.500 metri dove questi microrganismi vivono con solo acido solfidrico. È una scoperta davvero scioccante e di portata storica. La vita non è solo in superficie, per questo oltre alle marine protette servono anche aree marine profonde. 
 
Che tecnologie servono per le ricerche negli abissi?
Qualcosa di paragonabile agli strumenti per studiare lo spazio. Nello specifico servono robot sottomarini in grado di sondare gli abissi a profondità considerevoli, ma anche navi oceanografiche.  
 
Quali sono gli effetti più evidenti dei cambiamenti climatici nel Mediterraneo?
La tropicalizzazione del Mare nostrum è ormai qualcosa di evidente, parliamo del mare con il maggior numero di specie aliene: 630. Abbiamo degli esempi banali come lo spostamento dei barracuda dalle acque di Ustica e delle Eolie al mar Ligure, ma anche altre specie che arrivano dall’Atlantico tropicale seguendo le scie delle navi attraverso lo stretto di Gibilterra. Infine, le alghe tossiche, di provenienza caraibica e tropicale, sono diventate ormai specie stanziali.  


È sostenibile continuare ad utilizzare il pesce come alimento?
Sì, ma con le dovute accortezze, si tratta infatti di una risorsa rinnovabile. Seguendo tempi e modalità di pesca dettati dall’Ue, anche sulla pesca d’allevamento, possiamo continuare ad alimentarci con il pesce senza danneggiare la biodiversità.