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Il buon vento dell’eolico

di Dina Galano - 09/08/2010


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La fonte rinnovabile rischia di essere travolta dagli scandali giudiziari. Un’operazione mediatica, contesta Legambiente. Che assicura: «Il business delle pale non è in mano alla criminalità organizzata».

Il settore eolico italiano è finito al centro della bufera. Mediatica, più che giudiziaria. A sostenerlo è l’associazione ambientalista Legambiente che, conducendo un’operazione verità, ha osservato come il business del vento sia tra tutti il meno interessato dalla presenza della criminalità organizzata. «La mafia è interessata a tutto ciò che si muove sul suo territorio», spiega Edoardo Zanchini, responsabile del settore rinnovabili di Legambiente, ma questo non è sufficiente a fare dell’eolico l’obiettivo della speculazione criminale.
 
Anche perché il settore delle rinnovabili, regolato dalle direttive europee, riceve incentivi soltanto in relazione alla quantità di energia prodotta dall’impianto. «Sarebbe comico», rileva Zanchini, «credere che un’organizzazione abbia interesse a costruire una struttura per poi abbandonarla. Non ne avrebbe guadagno alcuno». Ma se si è cavalcato l’allarme sulle infiltrazioni mafiose nel settore eolico, questo è dovuto in grande misura all’eco generata dalle ultime inchieste della magistratura, a partire dal filone sardo che ha portato all’emersione della cosiddetta P3. Per Legambiente, infatti, «l’eolico è di gran lunga il settore economico meno condizionato da fenomeni d’illegalità», come dimostrato dai numeri nettamente contenuti «rispetto al traffico illecito di rifiuti oppure a quelli del ciclo illegale del cemento».
 
Delle sette grandi inchieste aperte dalla magistratura, inoltre, «soltanto una si è già conclusa con una sentenza di condanna primo grado (l’operazione Eolo)». Certo, c’è sempre chi ha fiutato l’affare e non perde l’occasione di speculare. Sono migliaia i progetti di nuove pale che giacciono nelle aule regionali senza tradursi in realtà. Merito della mediazione di quello che viene definito lo «sviluppatore», in genere un professionista che vanta buoni rapporti con le amministrazioni locali e che sa anticipare la richiesta di mercato presentando preventivi su cui conquista l’esclusiva, poi rivendibile a caro prezzo all’imprenditore.
 
Ma se l’eolico richiama l’attenzione della criminalità organizzata, questo principalmente avviene, sottolinea il dossier di Legambiente, per i legami già costituiti sul territorio. «Se, come ci auguriamo, l’energia eolica conoscerà in Italia un ulteriore sviluppo», ha affermato il presidente dell’associazione Vittorio Cogliati Dezza, «potranno aumentare anche i rischi d’infiltrazione mafiosa o di altri interessi illeciti, a cominciare dai fenomeni corruttivi già emersi per la scelta delle localizzazioni».
 
Per questo, a fronte dell’analisi incoraggiante dell’industria del vento italiana, Legambiente non sorvola sui doveri di «trasparenza amministrativa, attenzione alla tutela paesaggistica-ambientale e rigore nella denuncia». Anche perché lo sfruttamento di questa energia rinnovabile occupa 25mila persone e fornisce elettricità per 4 milioni di famiglie. Ed è una fonte su cui verosimilmente il nostro Paese dovrà continuare ad investire, non solo per la grande disponibilità, ma per garantire il perseguimento entro il 2020 degli obiettivi europei di produzione  energetica da rinnovabili.