Medicina Naturale: quali prospettive?
di Valerio Pignatta - 10/08/2010
Vi proponiamo un’intervista al dottor Paolo Roberti di Sarsina, coordinatore del Comitato per le Medicine non Convenzionali (MNC) in Italia, che – sull’onda dell’uscita di un libro da lui curato – ci aggiorna sulla situazione delle medicine complementari nel nostro Paese.
L’approccio di Roberti di Sarsina è di tipo legislativo, formativo e integrativo: il Comitato da lui coordinato si fa promotore di iniziative per l’inserimento nel sistema sanitario nazionale delle discipline non convenzionali, perle quali si richiede venga riconosciuta la stessa dignità
scientifica e terapeutica di quella ufficiale (...).
Valerio Pignatta: L’uscita del libro “Le Medicine Non Convenzionali in Italia. Storia, problemi e prospettive d’integrazione (Franco Angeli Edizioni)”, che hai promosso e che ti vede tra i curatori e gli autori, sta stimolando anche il dibattito sulla loro integrazione e sulla necessità di una normativa che vada a chiarire e definire una situazione alquanto ingarbugliata e diversificata. Il panorama delle MNC nel nostro Paese quali visioni offre?
Paolo Roberti di Sarsina: La Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) riconosce dal 2002 nove medicine non convenzionali (MNC): agopuntura, medicina tradizionale cinese, medicina ayurvedica, medicina omeopatica, medicina antroposofica, chiropratica, fitoterapia, omotossicologia, osteopatia. Sia nel precedente Codice di Deontologia Medica (1998), sia nell’attuale (in vigore dal dicembre 2006) è dedicato un articolo (art. 15) alle medicine non convenzionali.
Questo articolo sottolinea il principio di autoregolamentazione della responsabilità professionale del medico, che assume carattere più incisivo laddove si tratti di medicine non convenzionali. Il medico dovrà impegnarsi a far sì che il cittadino non si sottragga a specifici trattamenti di comprovata efficacia, perseguendo illusorie speranze di guarigione. Come è noto, le prestazioni sanitarie e l’esercizio professionale delle medicine non convenzionali sono un argomento che ha investito direttamente la Federazione degli Ordini dei medici, il cui Consiglio nazionale nel 2002 emanò “Le Linee Guida delle medicine e pratiche non convenzionali”.
In Italia – pur in assenza di una legge quadro nazionale sulle MNC, richiesta a tutti gli stati membri dell’Unione europea da specifiche risoluzioni del Parlamento europeo (n. 75/1997) e del Consiglio d’Europa (n. 1206/1999) –, sia la Suprema Corte di Cassazione sia la Corte Costituzionale hanno emanato sentenze inequivocabili sia sulle responsabilità professionali e sulla esclusività dell’esercizio delle MNC da parte dei soli laureati in medicina, sia con riguardo al fatto che le regioni non possono legiferare su nuovi profili sanitari non normati e riconosciuti da preesistente legge nazionale.
La esclusività di esercizio professionale delle MNC ai soli medici, come è stato sentenziato da Cassazione e Consulta, se da un canto cerca di rispondere a una giusta esigenza di affidabilità e di serietà, dall’altro non inficerebbe però il lavoro efficace e accorto di moltissimi terapeuti che poco hanno a che spartire come bagaglio culturale con quello del medico chirurgo standard?
Innanzi tutto va precisato che in questo contesto ci stiamo riferendo al gruppo di Medicine oggetto della delibera emanata ad hoc dalla FNOMCeO nel 2002 per quanto riguarda la medicina umana e dalla FNOVI nel 2003 per quanto riguarda la medicina veterinaria. Nel nostro Paese dal 2003 esiste il Comitato di Coordinamento per le Medicine Non Convenzionali in Italia, ente no-profit, multidisciplinare e multi professionale, che rappresenta 25 tra associazioni, società medico-scientifiche, federazioni delle MNC – di tutte le MNC riconosciute dalla FNOMCeO e dalla FNOVI – per un totale di circa 12.000 fra medici e veterinari rappresentati. Per quanto riguarda l’osteopatia e la chiropratica, esse in Italia hanno uno stato giuridico e professionale che consente di essere – anche – praticate sia da laureati in medicina sia da laureati provenienti da altri corsi, quali fisioterapia, discipline motorie, e così via. Ma soprattutto osteopatia e chiropratica sono professioni sanitarie primarie, ognuna delle quali con un altissimo standard che si declina in un percorso formativo autonomo pluriennale per un monte ore complessivo di alcune migliaia di ore. Esse quindi hanno un profilo giuridico ed esercizio professionale autonomo e indipendente. L’Organizzazione Mondiale della Sanità identifica da molti anni le MNC con la definizione di “Medicine Tradizionali” in rispetto a quelle nazioni e a quelle culture ove queste medicine fanno parte integrante del patrimonio culturale e medico di quelle civiltà, basti pensare alla cultura tradizionale cinese e alla cultura tradizionale indiana. Va quindi riconosciuta la “doppia libertà”, di scelta terapeutica del singolo e di cura da parte dei medici, adempiendo compiutamente allo spirito dell’art. 32 della Costituzione.
Il riconoscimento delle MNC all’interno di un sistema sanitario che sino ad oggi si è dimostrato alquanto centralizzatore e spersonalizzante nei confronti del paziente, non espone al pericolo dell’estinzione dello scopo finale dell’autogestione della salute, uno dei principi attivi che dirigevano la linea concettuale delle medicine non convenzionali al loro sorgere nella cultura occidentale degli anni Sessanta-Settanta?
Se il ricorso alle MNC rimane un fenomeno che parte ‘dal basso’, dall’iniziativa del paziente, è anche vero che le istituzioni accademiche, se volessero, avrebbero facilmente l’opportunità di sviluppare nuove iniziative nel campo delle MNC a partire dalla formazione pre e post laurea, avvalendosi delle centinaia di docenti qualificati degli enti privati di formazione che potrebbero permettere alle strutture sanitarie e ai pazienti di condividere informazioni controllate e attendibili, di prendere decisioni terapeutiche maggiormente basate sull’evidenza, facilitando anche lo sviluppo di nuove conoscenze e migliorando i risultati dell’assistenza sanitaria, anche in termini di farmacoeconomia e di equilibrio sostenibile.
Quali sono le principali problematiche legate alle MNC in Italia che sono emerse nell’indagine condotta nel vostro libro?
Anche se queste medicine indicate dalla FNOMCeO sono state oggetto di diversi progetti di legge, non c’è stata una ricaduta positiva di informazione indirizzata alla classe medica. Questo ha comportato da una parte il fatto che i pazienti, spesso vittime loro stessi di preconcetti, si informano autonomamente sui diversi metodi di cura e, dall’altra, che i medici, non essendo in possesso di una conoscenza approfondita, rimangono intrappolati nel pregiudizio di chi è favorevole e di chi è contrario. La Corte di Cassazione, come sopraccitato, ha promulgato sentenze sulla titolarità e responsabilità professionale dell’esercizio delle MNC ascritte al solo medico. Va detto che se in Italia dagli anni ’90 fino alla scorsa legislatura è stata presentata, a diverso livello, una ventina di proposte di legge – tutte naufragate – negli ultimi venti anni sono solo gli enti privati di formazione che hanno portato avanti la formazione medica post-laurea.
Al contempo tutti sottolineano la mancanza di fondi che impedisce sostanzialmente l’impostazione di una strategia organica di integrazione reale. Pazienti di ogni estrazione sociale e affetti dalle più varie patologie utilizzano terapie di MNC quotidianamente, ma le informazioni sulle modalità con le quali la MNC è stata integrata nelle varie strutture e istituzioni mediche accademiche sono ancora molto frammentarie.
L’avvio del federalismo, a seguito della modifica del titolo V della Costituzione, introdotta dalla Legge n. 3 del 2001, ha portato a una marcata e specifica regionalizzazione della sanità sia in termini di programmazione sia in termini di gestione delle risorse: ne è conseguita una maggiore centralità del ruolo regionale nei confronti del governo e del parlamento. L’esperienza di questi ultimi anni, dopo la modifica costituzionale, ha evidenziato le criticità dei rapporti tra i due livelli.
Emerge l’esigenza di evitare ulteriori frammentazioni regionalistiche in direzione esclusivamente di una legge nazionale che sancisca la piena e paritaria accettazione e il riconoscimento di tutte le MNC, senza discriminazioni demagogiche, per realizzare compiutamente anche in questo campo il diritto costituzionale della libertà di scelta e di pari accesso alle cure. Libertà di scelta che non può prescindere dalla piena informazione dei possibili e diversi approcci diagnostici e terapeutici e dalla piena disponibilità dei medicinali usati dalle diverse MNC. I pilastri di tale normazione dovranno fondarsi su una puntuale definizione dei criteri e delle rigorose procedure di accreditamento dei soggetti formativi, che dovranno essere esenti da conflitti di interesse, nonché dei curricula formativi, ovvero delle regole e norme di regolamentazione dell’esercizio professionale e dell’autorizzazione di farmaci, rimedi e presidî non convenzionali.
La sostenibilità economica del sistema dell’integrazione diventa pertanto un problema, specie se si considera che mentre sul lato sanitario sono stati determinati, come fondamentale elemento di unitarietà, i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti a tutti i cittadini, il settore sociale è ancora carente per quanto riguarda la definizione dei livelli essenziali di assistenza. Quindi in previsione dell’auspicato inserimento delle prestazioni di MNC nel Servizio Sanitario Nazionale è indispensabile ridefinire i criteri di accesso ai livelli essenziali di assistenza.
Umanizzazione terapeutica: una speranza futura o una realtà che si sta già affermando?
Ciò che appare in gioco, oggi, è lo stesso concetto di salute come diritto garantito a ogni essere umano nell’ambito della libertà di cura sancita dalla Costituzione. La tutela della salute della popolazione, l’umanizzazione, la personalizzazione e la sostenibilità dei trattamenti si basano sulla centralità del paziente nella scelta delle cure per una diversa percezione sociale della qualità di esse e dell’attenzione che le istituzioni debbono essere capaci di rivolgere al bisogno sociale di umanizzazione della medicina, quindi per una medicina umanistica, ancorché scientificamente fondata, cioè la medicina centrata sulla persona. Si deve, per ciascun essere umano, ricostruire un centro di gravità diagnostico-terapeutico che prenda in considerazione la globalità dell’essere umano, vale a dire l’intrinseca unità del suo essere, il piano fisico e mentale, perché è su questi livelli incessantemente interagenti che ogni essere umano si autostruttura spiritualmente come un unicum, che come tale va interpretato per essere curato. Da quanto sopraesposto possiamo ricavare alcuni punti chiave: emerge in tutta evidenza il divario tra il sistema sanitario e il sistema di salute che si vuole considerare per affrontare e riprogrammare la sanità alla luce anche delle sempre maggiori difficoltà economiche della nazione.
È concepibile un nuovo approccio medico quale quello veicolato dalle MNC senza una corrispondente nuova società con valori etici conseguenti? Quali sono le possibilità che si aprono all’umanità di questo inizio terzo millennio dal punto di vista medico-sociale e assistenziale?
Sì, il sistema sanitario, infatti, non esaurisce tutto l’ambito tematico proprio della salute: si devono invece prendere in considerazione tutti i fattori che sono gli elementi significativi e significanti di un sistema di salute; è ineludibile la necessità di interazione (non integrazione che può dare origine a pericolose confusioni di responsabilità, di competenze) e collaborazione tra diversi modi di intendere la medicina in quanto “ars”; è indispensabile la sinergia tra la biomedicina, quale sistema dominante (come ricorda l’OMS) e le MNC o medicine antropologiche anche in termini di equilibrio sostenibile e di farmaco economia; sul territorio si ha sempre più la presenza di popolazioni migranti con bisogni complessi che portano diversi saperi di salute. L’ambiente sociale influenza i processi psicologici che, a loro volta, hanno influenza su quelli biologici secondo l’ormai noto gradiente sociale nella e della salute.
Vi è stato un vuoto nella comunicazione sulle MNC da parte delle autorità sanitarie statali. Il SSN (Sistema Sanitario Nazionale) deve avviare un percorso virtuoso con l’obiettivo centrale della presa in carico globale del singolo paziente per una medicina centrata sulla persona, per una lettura e comprensione dell’essere umano nella sua interezza. Come richiede l’OMS è necessario ed etico tutelare, salvaguardare, promuovere, studiare, tramandare e applicare il patrimonio culturale dei saperi e dei sistemi medici e di salute antropologici sia occidentali sia orientali, nell’assoluto rispetto dell’integrità originaria e tradizionale dei singoli paradigmi ed epistemi. È necessario riformulare lo statuto epistemologico della medicina quale “medicina centrata sulla persona” (...).