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Lo sapevate che le bombe del 1993 furono rivendicate da un cellulare di un cittadino israeliano?

di Claudio Moffa - 18/08/2010

Fonte: claudiomoffa

 

L’amico Pietro Ancona mi dice che non bisogna subordinare alla dialettica sionismo-antisionismo ogni aspetto e problema politico dei nostri tempi [1]. Il suo monito è sicuramente condivisibile, perché il rischio che pervade molti dibattiti di questi tempi è quello del complottismo a tutti i costi. Epperò è vero anche il contrario, che l’allarme complottismo è l’alibi almeno da un decennio a questa parte per non ragionare sui fatti, e per demonizzare e marginalizzare chi pone delle questioni serie; così come è vero che, per paura di essere tacciati di complottismo, anche chi è teoricamente pronto ad aprire il cervello a tutto campo sulla realtà che lo circonda, si intimidisce, si spaventa delle conseguenze (la perdita della faccia e degli spazi mediatici) e si autocensura. Si innesta così un meccanismo perverso per cui la “verità” storica e giornalistica che si tramanda di anno in anno e di decennio in decennio, non è tale, ma è una favolistica fiction da cui il fattore S – il fattore sionismo – è sistematicamente minimizzato, occultato, espunto. E chi al contrario percepisce da indizi fortissimi la potenza geometrica del Sionismo e vede le connessioni fra gli interessi di questo potere totalitario e bellicista e alcune opzioni discriminanti della nostra epoca (perché non si vorrà dire che la divisione dell’Italia non sia un tornante storico di grande portata) viene frainteso.

Prendiamo due esempi attuali, di politica estera e interna: Fidel Castro se ne esce con una analisi sui rapporti Iran-USA che non si riduce alla “banale” accusa di un imminente, terribile crimine USA ai danni di un paese sovrano e della pace mondiale, ma ne scava “complottisticamente” le cause, puntando il dito sulle trame e sulle pressioni di Israele. In pratica, dice Fidel, Obama è a un bivio: è Israele che vuole la guerra all’Iran e che sta creando le premesse (compresa la risoluzione 1629) per un attacco americano a Teheran, e Obama potrebbe o decidere di resistere o cedere dando il via al disastro.

 

Il campione dell’antiamericanismo Fidel contro l’antiamericanismo pregiudiziale, dalla parte della ragione

La denuncia di Fidel Castro non è quindi generica e definitiva secondo l’antiamericanismo pregiudiziale imperante in Italia nell’estremismo di sinistra (Campo antimperialista) e di destra (Pocobello), ma è circostanziata  e offre spazi per un agire politico che blocchi la tentazione terribile del debole Obama, quella di obbedire alla sirene sioniste dell’aggressione a Teheran: una analisi peraltro, quella del leader cubano, che è utile a ricucire in un unico quadro anche altre notizie delle ultime ore, forse il crollo di Wall Street di cui alle cronache odierne, sicuramente la mano tesa al Presidente USA di Ahmadinejad, che gli dice che l’Iran potrebbe aiutarlo ad uscire dall’assedio di Israele e della lobby, a Washington come a New York (cioè alle Nazioni Unite).

La seconda notizia, a mio avviso ancora più illuminante della questione di cui sto discutendo, è la crisi politico-istituzionale italiana: in incubazione fin dal primo giorno di vita del governo Berlusconi, essa è esplosa dopo le dichiarazioni del pentito Spatuzza, che ha accusato il premier e i suoi fidi di essere dietro gli attentati del ‘93. Proposto da questo squallido criminale con alle spalle 40 (quaranta) omicidi, il teorema è stato fatto proprio con grande disinvoltura prima dalla magistratura e dalla stampa cosiddetta “progressista” e infine – nei fatti – da tutta l’opposizione, che ha creduto di aver trovato finalmente, dopo le 10 fregnacce del D’Avanzo, le “rivelazioni” della sado-mignotta di Bari e le accuse in libertà al grande Bertolaso, un ottimo argomento per rovesciare Berlusconi. Il quale dal canto suo avrebbe replicato, alludendo Dell’Utri (forse) a una possibile verità relativa al … caso Mattei, il famoso capitolo mancante del libro di Pasolini. Misteri d’Italia.

 

La notizia-bomba sulle bombe del 1993

Che cosa tutti, ma proprio tutti hanno dimenticato o fatto finta di dimenticare delle terribili stragi del 1993 oggi riesumate e utilizzate per l’assalto “finale” al governo eletto nel 2008 dalla maggioranza degli italiani? Hanno dimenticato-occultato la notizia ufficiale e cruciale, resa dall’allora ministro degli interni Mancino, che gli attentati a Milano e a Roma del 28 luglio erano stati rivendicati a nome di un’organizzazione islamica attraverso “un cellulare di proprietà di un cittadino israeliano”.

Una notizia-bomba sulle bombe del 93, allora come oggi: una notizia che dovrebbe essere utile anche a smontare il corollario del teorema attentati ’93 = mafia, e cioè che quelle bombe “della mafia” sarebbero servite a favorire la scesa in campo politico di Berlusconi nelle elezioni del 1994. Perché, in verità, quello che emerge dalla cronaca di quei mesi è esattamente il contrario: così come l’attentato mortale a Falcone del 1992 era servito a Scalfari per imporre a un Parlamento allo sbando la elezione a Capo dello Stato, non di Andreotti come ventilato dalle cronache, ma “0” del laico filoisraeliano Spadolini “o” del democristiano filoisraeliano Scalfaro (vinse, dell’alternativa imposta dall’editoriale del direttore di Repubblica, Scalfaro), anche le bombe del 1993 servirono in realtà a a distruggere gli ultimi baluardi di resistenza dell’ancien regime partitico nato nel 1945: quelle bombe, rovesciate su un parlamento senza anima e senza coraggio, furono infatti immediatamente usate dal nuovo regime (premier Ciampi, presidente Scalfaro) per aggiungere – lo stesso 28 luglio - almeno due nuovi tasselli essenziali al suo rafforzamento: il cambio immediato dei vertici dei Servizi Segreti e l’approvazione del maggioritario proposto e imposto da Repubblica, sia pure in una versione diversa da quella originaria del pupillo del quotidiano di via Colombo,  Mario Segni. Il tutto in un contesto pauroso, suicidi e omicidi di big dell’industria di stato, tintinnio di manette per Carra, arresto di Cusani, avvisi di garanzia a Craxi e Andreotti, col caudillo Di Pietro che giganteggiava nelle foto e negli articoli della stampa debenedettiana come il salvatore della patria. Altro che bombe “di” e “pro” Berlusconi!

Ma torniamo al “cellulare di proprietà del cittadino israeliano”, riletto oggi. Dunque, da mesi tutti parlano delle bombe del 93, ma nessuno rievoca quel dato di fatto ineludibile: la dichiarazione di Mancino non fu resa in un’intervista giornalistica, come tale a rischio di deformazioni, cripto messaggi, falsificazioni varie, ma è la risposta alla Camera alle interrogazioni di una lunga serie di deputati di destra e di sinistra: come tale è atto ufficiale, è Storia, Cronaca e Indizio giudiziario.

 

Israele, l’edificio nascosto della politologia    
e del giornalismo postbipolare

Domanda: perché tutti tacciono? Per quel che riguarda i mass media, è un deja vu: l’omissione in oggetto ricorda i silenzi sull’11 settembre, sul caso Argo, sul caso Moro, sulla strage di Bologna, su Mattei. Ogni volta che affiora la pista Israele, tutti svicolano, si lobotomizzano il cervello e se sottoposti a aggressioni mediatiche violente come quelle di Galli Della Loggia e Ferrara contro il Presidente della Commissione stragi Pellegrino (che nel 1999 portò alla luce i tasselli della pista Mossad per il delitto Moro) rischiano di cambiare posizione, un po’ come Marlon Brando e Oliver Stone dopo la loro denuncia della Hollywood ebraica e la solita solfa del loro presunto razzismo antisemita da parte dei capifila del razzismo ebraico americano e mondiale.

Per quel che riguarda i politici,  basta andare a vedere gli interventi dopo la risposta di Mancino sopra ricordata, per rimanere sconcertati: ce ne fosse stato uno a chiedere chiarimenti su quel cellulare, se ad esempio il  Ministero avesse intenzione di attivare o far attivare indagini per andare a fondo nella vicenda. Tutti zitti, memori forse delle reazioni dure agli accenni a un ruolo della lobby ebraica nella vicenda Tangentopoli da parte di diversi esponenti DC fra cui lo stesso Mancino, subito attaccato da Tullia Zevi e di poi propositore della legge bavaglio che porta il suo nome, nello stesso anno 1993.

 

Perché la magistratura non ha indagato?

Ma l’aspetto più inquietante riguarda la magistratura:   quanto detto da Mancino alla Camera il 28 luglio 1993 rappresentava e rappresenta anche un indizio di reato. La magistratura che oggi propone il teorema bombe del 1993 = Berlusconi, ha aperto un’indagine su quell’episodio? Se no, perché? Se sì, che fine ha fatto? Quali sono stati i suoi esiti? E’ stata forse archiviata, in linea con la scarsa attenzione di molte Procure nei confronti di questo peculiare Potere, quasi un pendant dell’attenzione “in eccesso” nei confronti della mafia (in eccesso non certo in sé, ma per il suo dilagare verso il facile  coinvolgimento giudiziario di politici invisi al partito-Repubblica di Carlo Benedetti)? Potrei citare una decina di episodi che ho vissuto in prima persona da questo punto di vista, archiviazioni e porti delle nebbie assurdi, di fronte all’evidenza certa e riconosciuta anche nero su bianco di reati.

Quello che comunque è chiaro, è che nel caso di Israele e del sionismo ci troviamo di fronte a un tabù inviolabile nella misura in cui chi avrebbe il dovere – perché professionista dell’informazione, parlamentare eletto dal voto popolare, magistrato chiamato per statuto deontologico e dettato costituzionale all’assoluta imparzialità – di denunciare, analizzare, giudicare, nulla fa in questo senso. Non solo, ma ha la pretesa, cancellata la notizia-indizio-bomba che chiama in causa una paternità di Israele per gli attentati del luglio 93 (e forse anche per quelli di maggio a Costanzo e agli Uffizi di Firenze), di riproporre 17 anni dopo la grande menzogna. Certo di questo panorama sconcertante fa parte anche la vittima dell’aggressione mediatico-giudiziaria: Berlusconi, che probabilmente si trova a un bivio (all’ennesimo, anche se più  cruciale) come Obama.

Ma questo discorso sarebbe a questo punto lungo. Per tornare all’iniziale rilievo di Pietro Ancona, la risposta conclusiva è a mio avviso questa: non è possibile valutare appieno se il fattore Lobby non solo sia presente, ma sia alla fine egemone dentro un determinato movimento o una certa opzione politica, se non si libera il dibattito su tale questione, ovviamente sulla base di dati e argomentazioni rigorose. Fino a che le omissioni e i silenzi verranno riproposti in continuazione in un clima di omertà “mafiosa”non sarà possibile ponderare l’uso specifico da parte del sionismo del progetto di divisione del nostro paese, un paese unito da una lingua, da una lunga tradizione che risale almeno alla Divina Commedia, e che anzi potrebbe arrivare fino alla Roma antica, dove ciascuno può prediligere la parte che vuole, o Menenio Agrippa o la plebe, o la riforma agraria dei fratelli Gracchi o l’aristocratismo di Cicerone.

D’altro canto, pensare che dividere l’Italia sia una scelta che porta ad una maggiore libertà di tutti, e ritenere che il sostegno della grande finanza internazionale, del sionismo a tale  progetto sia indifferente ai fini di questa “liberazione” è molto rischioso. Per adesso registro che una tale alleanza viene teorizzata come possibile o indifferente da alcuni esponenti del secessionismo meridionale: e mi chiedo che fine farebbe la loro dichiarata battaglia contro il signoraggio e lo strapotere bancario in compagnia di coloro che ne detengono le leve. Ma come fanno a pensare di essere dei “rivoluzionari” alternativi allo stato di cose presente?



[1] Pietro Ancona  Caro Claudio, non tutte le ragioni del mondo (ed anche le mie e quelle dei meridionali) possono essere subordinate alla logica bene-male del sionismo e dell'antisionismo. Se permetti, ci sono esistenze, storie, pulsioni che vanno analizzate e, se riconosciute serie e valide, accettate- Non accetto il rifiuto aprioristico delle ragioni del Sud in nome del fatto che portano acqua al sionismo. Si rischia di diventare peggiori di loro. (da un dibattito su face book)