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Il collasso ecologico

di Giovanni Sartori - 18/08/2010

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Estate rovente o piogge torrenziali, siccità o diluvi un po’ dappertutto. In Italia il caldo è stato soffocante per gran parte di giugno e di luglio. Ed è stato aggravato, nelle grandi città, dall’ ozono troposferico, che ha impoverito l’ ossigenazione dell’ aria che respiriamo. Ma l’ estate è stata torrida in tutta Europa, negli Stati Uniti, Cina, Russia. Soprattutto, e per la prima volta, in Russia, colpita da un’ ondata di calore mai raggiunta nei 130 anni di registrazioni ufficiali. Gli incendi spontanei dei boschi che lambiscono anche Mosca non hanno precedenti. Altrove, invece, abbiamo avuto alluvioni devastanti, inedite soprattutto in Pakistan. Allora, è proprio vero che il clima sta cambiando? Io credo di sì; ma di per sé il gran caldo così come i grandi freddi non costituiscono prova sufficiente di niente. Anche se una frequenza crescente di oscillazioni climatiche estreme rafforza i nostri sospetti. Ma molti governi, Italia in testa, non fanno nulla per creare un’ opinione «verde» né per affrontare seriamente il problema del collasso ecologico. La crisi economica è e resta grave, ma il problema della crescente invivibilità del nostro pianeta è molto, molto più grave. Eppure da noi è fiorita soltanto l’ industria dell’ eolico, dei mulini a vento. Ed è fiorita quasi soltanto perché fonte di tangenti e di intrallazzi. Perché l’ energia prodotta dal vento è largamente un imbroglio, visto che la nostra penisola non ha abbastanza vento per giustificarla. Anni fa il portavoce per eccellenza, di fatto, degli interessi petroliferi e di gran parte della grande industria è stato il danese Bjorn Lomborg, che con il suo molto reclamizzato libro L’ ambientalista scettico negava la stessa esistenza del problema ecologico e anche la crescente scarsità delle risorse energetiche e dell’ acqua. Ma Lomborg ora dichiara che «il riscaldamento globale esiste, è provocato dall’ uomo, e che l’ uomo deve fare qualcosa per porvi rimedio». Bene. Alla buon’ ora. Lomborg soggiunge, però, che «la tattica consistente nell’ incutere timore, per quanto abbia buone intenzioni, non è la soluzione giusta». D’ accordo. Ma quale è la soluzione giusta? Gli scienziati che oggi studiano il clima, la rarefazione delle risorse naturali e, in ultima analisi, il problema della nostra sopravvivenza, sono migliaia. S’ intende che possono sbagliare. Ma la scienza procede provando e riprovando. E noi già disponiamo di un enorme patrimonio di dati e di conoscenze che però vengono bellamente ignorate dai più. Il fatto è che gli esseri umani non si muovono «a freddo» guidati dalle ragioni della ragione. Gli umani si attivano «a caldo», se hanno paura o se mossi da passioni (ivi incluse la passione per il potere e per il denaro). E così la scienza ricorre, per farsi ascoltare, a proiezioni con date ravvicinate di scadenza. Ma noi siamo in grado di prevedere un percorso, dei trends, non il «quando». Dunque predire scadenze è sbagliato; ma non farlo rende la predizione inefficace. Come uscire da questo circolo vizioso? Non lo so. Ma so che la politica dello struzzo dei nostri governanti è la politica peggiore.