Si parla tanto di Iraq, ma per i 2 mila militari in Afghanistan spendiamo oltre 320 milioni di euro l'anno, otto volte in più che per la Bosnia. E ora il nuovo parlamento dovrà rifinanziare la missione
Grandi polemiche e spesso una gran confusione sul loro ruolo hanno in più di un'occasione accompagnato le nostre missioni all'estero, definite per decreto «di pace e di aiuto umanitario». Anche la nostra partecipazione all'International security assistance force (Isaf), a Enduring freedom e alle missioni Active endeavour e Resolute behaviour a essa collegate resta una nebulosa su cui il nuovo governo, così come su Antica o Nuova Babilonia, sarà chiamato a rispondere.
Tanto per cominciare, quanto costa la missione che vede impegnati in Afghanistan 1.850 militari? Molto, oltre 320 milioni di euro all'anno. E se non è la «voragine» mesopotamica, come una recente inchiesta dell'Espresso ha appena definito l'Iraq, è di gran lunga la più costosa delle nostre numerose missioni all'estero. Se per la proroga sino al 30 giugno 2006 della «partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina» la spesa sarà di poco superiore ai 21.285.597, come si legge nella Finanziaria di quest'anno, per l'Afghanistan ce ne vorranno otto volte di più. Escludendo l'Iraq, l'Afghanistan da solo assorbe assai più della metà del totale delle spese per le nostre missioni fuori dal suolo patrio. Oltre 160 milioni di euro per sei mesi, contro i circa 120 di tutte le altre.
E' una storia che pesa sul bilancio dal 2002. Il penultimo finanziamento fu deciso nel luglio del 2005, quando il parlamento convertì in legge il decreto di giugno con le disposizioni urgenti per la partecipazione italiana a missioni internazionali. Vi si leggeva che il decreto assicura «la partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace e di aiuto umanitario» autorizzando, fino alla fine del 2005, la spesa di 16.235.103 di euro per la partecipazione alla missione multinazionale Enduring Freedom (contrastare il terrorismo in Afghanistan e favorire la stabilizzazione del Paese) e alle missioni Active Endeavour e Resolute Behaviour (svolte da unità navali con compiti di vigilanza, rispettivamente, nel Mediterraneo orientale e nel Mare Arabico). La parte del leone toccava all'Isaf con una spesa di 138.262.283 milioni di euro mentre tutte le altre missioni all'estero, dalla Bosnia al Congo, ne ricevevano 126.285.892. Euro più euro meno, e senza contare l'Iraq, esse costano, nel complesso, 600 milioni di euro l'anno. LA metà vanno all'Afghanistan.
L'arida contabilità dei nostri militari all'estero ci porta alla Legge 23 febbraio 2006 n. 51, ossia la conversione in legge «con modificazioni» della Finanziaria del dicembre 2005, meglio nota come maxiemendamento. Il governo, allora in affanno tra conti e campagna elettorale ormai già iniziata, pose la fiducia e approvò infine la legge in febbraio coi soli voti della maggioranza. «Un fatto - ricorda il senatore Francesco Martone (Prc) - che, tra l'altro, impedì una discussione parlamentare aperta sulla nostra missione in Afghanistan». Essendo l'Iraq, madre di tutte le missioni, sempre il primo pensiero, l'Afghanistan è finito per passare un po' in seconda linea. Fino ai primi morti in un'azione di guerra (seguiti ad alcuni attentati) alcuni giorni fa. La legge autorizza fino al 30 giugno 2006 la spesa di 13.437.521 di euro per la proroga di Enduring Freedom, Active Endeavour, Resolute Behaviour e quella di 148.935.976 per la partecipazione all'Isaf. Più altri 3.349.403 per le piccole spese. In totale 165.722.851 per sei mesi.
Secondo Martone la mancata discussione della missione fece passare sotto silenzio che un po' di cose erano cambiate: «Ci sono almeno tre punti in sospeso, e riguardano il cambiamento delle regole d'ingaggio in corso d'opera, il dibattito in sede europea e la dislocazione fisica della missione che di fatto è uscita da Kabul ed Herat. La discussione sulla fusione di fatto tra Enduring Freedom e Isaf non è mai stata considerata, mentre sollevava polemiche in Francia e Germania. Senza contare la questione dell'invio di forze di combattimento britanniche nel Sud o, per un altro verso, la sostituzione dei nostri caccia F16 con sei Amx che, in teoria, dovrebbero servire a sorvolare i campi di papavero. Di fatto potrebbero essere mezzi dissuasivi o di supporto tattico». Il senatore sottolinea come tutto ciò richieda, d'accordo o meno che si sia sulla missione, una discussione sui contenuti cui il parlamento non può sottrarsi. La scadenza, inevitabilmente, è l'inizio dell'estate, quando il nuovo parlamento dovrà decidere il rifinanziamento delle spese. Che dovrà fare i conti anche col capitolo indennità sugli stipendi (giustamente riconosciuta a chi rischia la pelle all'estero), un'altra voce che, seppur indirettamente, gonfia la spesa totale delle nostre scelte di politica estera e va a incidere su altre voci del bilancio statale.
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