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Se anche l’asfalto è tossico

di Giorgio Mottola - 25/08/2010



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A causa delle emissioni dell’Ilva di Taranto, l’acciaieria più grande d’Italia, il rifacimento del manto stradale ha costi elevatissimi: il bitume è contaminato dal berillio e va smaltito come rifiuto pericoloso.

E' tutto  più difficile all’ombra dell’Ilva, la gigantesca acciaieria di Taranto. Ai Tamburi, il quartiere che sorge a ridosso dell’industria, è un problema anche rifare il manto stradale. Nell’asfalto ci sarebbe una presenza massiccia di berillio e altri metalli presanti. Il bitume che ricopre le strade dei Tamburi sarebbe dunque tossico. «E per questo – spiega Egidio Di Todaro, presidente della Circoscrizione - va smaltito in apposite discariche con costi che sono insostenibili». Quindi, annuncia Di Todaro, impossibile procedere con i lavori. 
 
«Per il rifacimento del manto stradale – è il ragionamento del presidente della Circoscrizione- occorre prima grattare l’asfalto vecchio. Se questo materiale contiene sostanza inquinanti, bisogna conferirlo in una discarica per rifiuti speciali. Ciò comporta un sovraccarico di spesa che il Comune non è in grado di coprire». Da parte della giunta Stefano arriva però la smentita. L’assessore alla Sanità, Sebastiano Romeo, che prima dell’ultimo rimpasto aveva la delega all’Ambiente, assicura: «Già tempo fa in conferenza stampa, il sindaco, in presenza dei tecnici e dei responsabili dell’Arpa aveva assicurato che la sostituzione dell’asfalto sarebbero proceduti tranquillamente. Non capisco perché all’improvviso viene fuori questa polemica». 
 
L’allarme sull’asfalto potrebbe essere il pretesto per aprire un altro fronte, molto più delicato: la bonifica di un parte dei Tamburi. La scoperta della presenza del berillio è avvenuta infatti dopo una serie di controlli effettuati sui terreni del quartiere. E il metallo cancerogeno non è stata l’unica sostanza nociva riscontrata. Ci sarebbero anche l’antimonio, il manganese e il triclorometano. Gli ultimi due, secondo le denunce dell’associazione ambientalista Altamarea, avrebbero già inquinato la falda acquifera.
 
La Regione Puglia per la bonifica ha stanziato 3 milioni e 200 mila euro i il sindaco Ippazio Stefano ha già indetto le gare di appalto. Non può certamente considerarsi la soluzione “finale”: l’intervento consisterebbe nella rimozione di trenta centimetri di terra in alcune delle aree contaminate. Per la bonifica dell’intero quartiere servirebbero molti più soldi. E la cifra lieviterebbe vertiginosamente se davvero venisse confermata la contaminazione della falda acquifera. Il percorso, insomma, è ancora molto lungo.
 
«Siamo la prima amministrazione comunale che sull’inquinamento dell’Ilva si sta muovendo con chiarezza e trasparenza. Non è un caso che la scoperta di questi metalli pesanti sia avvenuta da quando Stefano è entrato in carica. Per affrontare i problemi ci vuole però tempo e collaborazione da parte di tutti». Di Todaro, però, apprezza poco tutto il piano d’intervento: «L’Ilva, l’Eni e le altre grandi industrie continuano a stare lì. Tra un anno ci ritroveremo nuovamente con i terreni contaminati. A quel punto che si farà? Una nuova bonifica? E poi dovrebbero essere gli stabilimenti che hanno creato il danno a sostenere i costi di tale intervento».
 
Ipotesi di cui sia l’Ilva che l’Eni non vogliono nemmeno sentir parlare.