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La Piazza Rossa e il mistero delle dodici stazioni del metrò ispirate alla carta di un alchimista

di Armando Torno - 27/08/2010

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In passato sulla Piazza Rossa di Mosca i signori del Cremlino radunavano la folla. Dopo la Rivoluzione del 1917 i vertici del Partito Comunista organizzavano parate militari. L’esercito dell’Urss durante la Guerra fredda vi esponeva, quale monito all’Occidente, i missili intercontinentali. I 23.100 metri quadrati diventarono un luogo mitico nel Novecento, ma al tempo degli zar conobbero sortilegi e misteriose storie. Alcune di esse, ogni tanto, riaffiorano. Altre, chissà perché, desiderano far perdere le loro tracce. La piazza ebbe un nome per la prima volta nel 1434: si dedicò al Commercio. Dopo il devastante incendio del 1493 fu chiamata «del Fuoco»; nel XVI secolo si consacrò alla Trinità (così anche la chiesa che si trovava ove ora sorge San Basilio) e nel 1660 diventò Krasnaya (da Krasnyj, bello, importante), che nel russo moderno è semplicemente «Rossa». Quando ha inizio la sua magia? Con lo zar Ivan IV, noto come il Terribile ( Groznyj però equivale all’espressione del Requiem latino rex tremendae maiestatis, il «re di tremenda maestà»). Nel 1553 ordinò di erigere una nuova chiesa per celebrare la presa di Kazan, che solo in un secondo momento verrà dedicata a San Basilio, in onore dell’omonimo «folle per Cristo» che trascorreva i giorni nelle strade di Mosca seminudo e scalzo in ogni stagione, per il quale lo zar provava rispetto e stima. L’edificio, nel lato Sud della Piazza Rossa, fu completato nel 1560. Allora lo si definì grottesco, a causa dei colori accesi e per la mancanza di simmetria; Ivan IV però lo gradì, tant’è che una leggenda racconta del suo ordine di accecare gli architetti, affinché non potessero più costruire qualcosa di altrettanto magnifico. San Basilio è un’unione di nove chiese (dall’alto ha forma di una stella a otto punte) e la scelta cromatica segue le indicazioni relative alla Città Celeste del quarto capitolo dell’Apocalisse. Il primo prodigio avvenne al momento della consacrazione. Il Cronista di Piskarëv, alla data 1560 riferisce: «Lo zar giunse con la zarina Anastasia e il padre metropolita Macario e portò l’icona di San Nicola giunta da Vjatka. Ci fu una preghiera e si recò acqua benedetta. Quando lo zar ebbe toccata la base con le sue mani, i costruttori videro che un altro santuario era apparso...». Insomma, un miracolo che Ivan IV «ordinò di dedicare a San Nicola» (una traduzione in russo moderno si trova in www.krotov.info/acts). Di più: negli anni Ottanta del ’600 si costruirono le arcate avvolgenti il piano terreno, che unirono anche visivamente i diversi spazi in un unico edificio. I rituali liturgici, inoltre, donarono a San Basilio anche il ruolo biblico di Tempio di Gerusalemme. Per Erlesund, meglio noto come Peter Petreius, diplomatico svedese che nel 1615 scrisse una Storia del Gran Ducato di Mosca (pubblicata a Lipsia nel 1620) ricorda un’antica cerimonia e la similitudine: «La città capitale Mosca... ha una chiesa bellissima, tutta rivestita con gemme luccicanti, detta Gerusalemme. È la meta della processione della Domenica delle Palme, quando il Grande Principe conduce un asino che trasporta il Patriarca dalla chiesa della Vergine Maria a quella di Gerusalemme, posta vicino alle mura della cittadella». Una liturgia sospesa a metà del XIX secolo, con i primi attentati agli zar.
Ma San Basilio è solo un frammento della Piazza Rossa, luogo nel quale mai avvennero esecuzioni (escluso il massacro degli Streletz, esercito ancora medievale che si ribellò a Pietro il Grande). Gli scavi in corso nei sotterranei del Cremlino, per esempio, hanno un obbiettivo segreto: individuare la mitica biblioteca di Ivan il Terribile. Si sussurra che Napoleone riuscì a trovarne una parte e, come sempre, la rubò (è sicuro soltanto che «furò» a man salva i libri giunti a Firenze); altri garantiscono che i circa 900 volumi che la formavano sono ancora inviolati e fra essi ci sono anche preziosi tomi appartenuti a Costantino XI Paleologo, ultimo imperatore bizantino, morto nell’estrema difesa di Costantinopoli. All’Archivio di Stato è conservata (e segretata) una documentazione in cui si elencano i tentativi fatti per ritrovarla. Tra i tanti si scopre che il cardinale Federico Borromeo pagò emissari e spie per averne notizie (una sua lettera fu fatta trascrivere da Stalin). Ma la magia qui volteggia nell’aria e vive nei dettagli. Ecco il basamento sul quale venivano letti un tempo i proclami, posto in un luogo dall’acustica mirabile: la voce dell’araldo poteva essere udita in ogni punto della piazza; ecco le urne con la terra raccolta in diverse città dell’Urss sulle tombe di combattenti della seconda guerra mondiale, poste accanto all’ingresso Nord, sotto le mura del Cremlino; ecco il Mausoleo di Lenin, sacrario del comunismo, dietro il quale c’è una porticina che consentiva a Stalin di raggiungere la tribuna sconvolgendo il protocollo (ed eventuali attentatori), realizzata sull’antico asse centrale, seguendo elaborati calcoli geometrici.
C’è infine un’ultima storia che merita di essere accennata. È quella di Jacob Daniel Bruce (1669-1735), erede di una casata britannica che riparò in Russia per sfuggire ai boia di Cromwell. Ingegnere di Pietro il Grande, è creduto alchimista dal popolo; e non soltanto. All’Archivio di Stato, dove si conserva l’elenco dei suoi libri (circa mille cinquecento, soprattutto di argomento scientifico), lo considerano il Nostradamus di Mosca, parlano del suo anello magico; soprattutto un funzionario — implorando l’anonimato — ci ha mostrato la richiesta di Stalin per avere la carta astrologica di Bruce. Anzi, questo topo d’archivio ha aggiunto che essa è servita per ideare la metropolitana di Mosca, costruita seguendo un modello solare. Non a caso le stazioni sul raccordo circolare intorno al centro sono 12, come i segni zodiacali (e gli apostoli di Gesù). La tredicesima non si è mai riuscita a costruire, nonostante diversi progetti.
Che dire? Il misterioso Bruce frequentava la Piazza Rossa, giacché dove ora sorge il Museo di Storia (accanto all’ingresso Nord) c’era una farmacia. In essa si ritrovavano alcuni alchimisti e ai loro convegni non mancava il nobile ingegnere. Del quale, ogni tanto, taluni segnalano la presenza del fantasma. Che si sofferma o aleggia su uno di quei 23.100 metri quadrati.