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Tradire per tra-dirsi

di Miro Renzaglia - 12/05/2006

 



Si possono processare le parole? Sì, si può... Ogni (più o meno santa...) inquisizione, in ogni epoca, ha preteso che le parole fossero giudicabili e condannabili nella persona di chi le pronuncia: da Socrate a Pound, da Galilei ad Irving... Corrette o inesatte che fossero; giuste o sbagliate che siano...

Evidentemente, le parole hanno un certo peso. In qualche caso, forse, hanno più peso, addirittura, degli atti, dei fatti e dei misfatti che la storia ci tramanda. Dipende da chi possiede, in maniera somma, il dono della parola e da come lo gestisce nei confronti dei dogmi imperanti nella propria epoca. E i poeti - si sa, da Socrate stesso - vanno tenuti lontani dalle mura della città. Oppure, rinchiusi in quelle mura dentro le mura che sono prigioni e manicomi: non sia mai pronuncino un alcunché di interdetto alla società dei “giusti”...

Se: “In principio era il verbo, e il verbo era presso Dio, il verbo era Dio...” non ci deve stupire più di tanto se un verbo politicamente scorretto (tanto allora, quanto adesso...), come quello che pronunciò con forza poetica Ezra Pound, sia stato considerato arma letale più delle bombe atomiche sganciate su Nagasaki ed Hiroshima... oppure di quelle al fosforo su Dresda. Per lui, l’accusa di tradimento e dodici anni di manicomio; per questi, onorificenze al merito. Così va il mondo: che volete farci?

Ezra Pound: un poeta contro le leggi dell’usura. Un artigiano terrorista che semina mine verbali negli svincoli, storicamente noti, del discorso ferro lineare che recita incensurato: tutto il potere alla moneta... e a chi la possiede in montagne geometricamente moltiplicabili per usura...

Che importanza può avere se il verbo di Pound sia presso Dio, in segno di verità e giustizia e, perfino di profezia, quando la menzogna vince la guerra per il suo dominio “in cielo in terra e in ogni luogo”? È la menzogna, la maledettissima menzogna di sempre, che detta le sue regole e pronuncia le sue condanne... Oggi come ieri e, forse, un po’ meno di domani...

Pound è stato un traditore. Sì, avete letto bene, ribadisco: Pound è stato veramente un traditore. Aveva ragione chi lo condannò: egli aveva tradito in atti, parole ed opere (ma non in omissioni) lo spirito del suo tempo, prima ancora della sua patria... Pound ha tradito il dio che si è incarnato nella legge del profitto ad ogni costo, a qualsiasi costo. Anche a costo di scatenare guerre mondiali pur di affermare il suo primato. Quel dio a cui Pound apparteneva per diritto di cittadinanza e genitura americana. Dunque, Pound era colpevole... E la sua condanna, giusta.

Basterebbe questa affermazione, pronunciata in un radiodiscorso dell’aprile 1943, a legittimare l’imputazione di tradimento che gli fu rivolta: “Penso che sia una bella cosa riuscire a impiccare Roosvelt e qualche centinaio di ebrei. Se si potesse farlo dopo un regolare processo, non altrimenti; benché a volte credo che bisognerebbe farlo comunque, in qualsiasi modo piuttosto che ritardare l’esecuzione”.

Ma tradire si può e si deve. Il tradimento è l’unica verifica possibile che l’uomo possiede se vuole scoprire chi è veramente e dove risiede, veramente, il suo essere al mondo, nel mondo. In qualche caso, vedi quello di cui fu vittima Cristo, il tradimento è perfino necessario al verificarsi del disegno divino. Troppo facile, troppo comodo restare racchiusi nel proprio bozzolo di identità accertata. Pensateci bene: quale altro beneficio, oltre questo, poteva trarre dal suo tradimento, Ezra Pound? Le 350 lire (17 dollari di allora) che riscuoteva per ogni trasmissione? Giuda si era venduto meglio...

Ripeto: il tradimento consente di conoscersi e di conoscere l’altro da sé. E Pound lo fece: tradì. “Fratel coniglio” se ne andò “dritto nel mondo di Omero”, attraversando le metaforiche (e non solo metaforiche...) onde atlantiche, un Colombo alla rovescia, per scoprire se l’identità natale non fosse fuori registro rispetto alla sua volontà di verità e di giustizia. Infischiandosene del fatto che l’attraversamento gli sarebbe stato o no perdonato...

Pound pagò quello che c’era da pagare. Anzi, visto che si era scagliato con tanta veemenza contro l’usura e chi se ne faceva missionario: pagò ad usura anche il suo più piccolo peccato di onestà intellettuale... Ma, tradendo, scoprì se stesso in carne ed ossa. Al di là di ogni rappresentazione presunta... Al di là di ogni colpa e di ogni condanna. E al suo tradimento, al suo se stesso scoperto nell’opera del tradire, poi, restò fedele...

A noi restano le parole. Le sue parole. Guardatevi attorno: non furono profetiche quelle parole? Non misero a nudo, con una chiarezza non rintracciabile altrove in quel tempo, tutto ciò di cui oggi l’Occidente è portatore infetto? Dalla City a Wall Street, da Milano a Hong Kong, il mondo ruota intorno all’asse che più vacilla e più ci rende schiavi: l’asse di piazza affari sporchi... Un asse sovranazionale e sovrapersonale: senza patria geografica o d’elezione, senza nome e cognome (al massimo con sigle ed alias di comodo), senza virtù altra che il proprio esclusivo interesse: quello finanziario.

I popoli sonnecchiano pigri senza domandarsi a chi giova la loro pazienza né, tanto meno, se c’è un’ alternativa. Al più, di tanto in tanto, eruttano irrazionali in proteste no global senza arte né parte altre che la deriva di una violenza che copre, con il suo rumore innocuo, lo spazio che i “grandi”, i “poteri forti” lasciano loro...

Pound sapeva di più. Pound lo sapeva prima. Inascoltato da altri che non fossero gli obiettivi dei suoi jaccuse... Loro sì che intendevano. Loro: i “poteri forti” che si apprestavano a pretendere il banco del mondo. Ed intendevano bene: quella voce molesta, tra falsetti, “r” arrotate, indiavolate associazioni concettuali che solo i chiamati in causa sapevano bene interpretare; quella voce - dicevo - andava messa in condizione di non nuocere. La morte? Ma no: perché farne un martire? I martiri - si sa - continuano a nuocere, anche dopo la loro dipartita. La pazzia, allora... Ecco, sì: la pazzia... La pazzia, bollata e certificata, ridimensiona il traditore ai superiori interessi del (presunto...) tradito che può, così, dichiarare demenziali tutte le sue parole, tutte le sue argomentazioni. Per di più, spacciandosi per clemente. Dichiarandolo pazzo, il “tradito” colloca il poeta al rango di un giullare... Ma chi è che diceva, di se stesso, voler essere: “Solo giullare, solo poeta”? Un altro pazzo dichiarato: quel tal Friedrich Nietzsche che morì intellettualmente abbracciando, nella realtà, un ronzino vigliaccamente frustato dal suo postiglione... Come Pound, forse meno peggio di Pound: almeno a lui (a Nietzsche, intendo...) fu risparmiata la gogna pubblica...

Bisognerebbe ricordarsi che, in epoche meno fuorviate, il “pazzo” era tenuto in considerazione sociale degna del cospetto di Dio, perché il suo verbo libero dalle convenzioni (quasi come il verso libero dai canoni letterari...) era presso di Lui: Dio... E rieccoci qui, di nuovo, a stabilire l’equilibrio tra dogma ed eresia; tra lingua lecita e ammessa dal proprio tempo e slang refrattario alla norma dello Zeitgeist... Heidegger diceva: “L’uomo è uomo in quanto parla”... Santa affermazione. Ma, permettetemi: ci sarà pure una distinzione fra l’uomo che parla la lingua falsa dei suoi esclusivi interessi e l’uomo che afferma, senza alcun interesse personale - anzi: a discapito del suo stesso interesse - la verità...

Diceva Pound: “La vita è dura. Ma un proverbio [ovvero: pro verbo, nda] italiano afferma: chi la dura la vince...”. Ora, sarebbe semplice rimandare la sua nota a, che so? “Vince sempre chi è più forte: chi più a lungo sa patir...”. Sarebbe così semplice che, poi, non verrebbe più da chiedersi: “Ma non abbiamo patito abbastanza? E quanto ancora dovremo patire prima di veder vincere la verità?”. La risposta non è né facile né scontata... In realtà, continueremo inesorabilmente a perdere fino a quando non ci faremo persuasi di esserci ridotti, ormai, ai tubi consumanti e digerenti della nostra stessa merda... Ci hanno ridotti a chiaviche: chiaviche di tutto... mere latrine del: “non si può sortirne che attraverso lo scarico dello sciacquone...”. Ma è così? Davvero non riusciremo più a venirne fuori altrimenti? E sia: anche così, non ci rassegneranno mai al destino di essere proni ai malefici effetti e agli effluvi della fossa biologica in cui ci hanno spinto...

Tutto può essere. Nulla è impossibile al sogno. Il sogno, talvolta, anticipa la realtà. A volte, l’annuncia. Pound annunciò, vivendone le premesse storiche che a lui erano date, la realtà che auspicava, in sogno, per l’uomo. E gliene hanno fatto carico. E che carico!!! “Peccato contro natura...”, avrebbero volentieri sentenziato i suoi giudici, se solo gli avessero potuto rubare il verso... “Il migliore dei mondi possibili” (il nostro, secondo Leibniz...) non tollera che l’immaginazione ne contempli altri al di fuori di sé. In realtà (oh! sì: perché “in realtà” il sogno è ammesso solo come vergine virtuale dell’impossibilità ad essere, NON come possibilità di divenire...); in realtà - dicevo - questo mondo fondato sulla logica del profitto, e del profitto a qualsiasi costo, ha le ore contate... (oh! sì: se Dio creò l’universo in sei giorni, noi possiamo contare i secoli in ore...). Count down: cominciate dalle parole di Pound e contate alla rovescia: meno tre, meno due, meno uno... Zero?

Il mondo, incarnato dal dio del profitto, verrà giù. È inevitabile. Per fortuna. Per effetto domino, verranno giù anche tutti i suoi istituti. L’uomo dovrà ricominciare. Da zero? No, non proprio... Ci sono cose, parole, detti, concetti che indicano e indicheranno il Nord per una possibile ricostruzione umana. Una ricostruzione che, al centro, avrà lui: l’uomo ed il suo lavoro. E non quello strumento trasformato in tirannide dalle forze infra umane che lo sottendono oggi: la moneta. La moneta tornerà a servire l’uomo e non l’uomo la moneta. Pound, in tal senso, ha detto la sua. Non è stato il solo, non è stato il primo, non sarà l’ultimo. Lui, “il miglior fabbro”, “fratel coniglio” si è fatto semplice anello di una catena che non si spezza: la tradizione della verità dell’uomo. Si ripartirà da lì...

Chi guarda alla storia con occhio “materialista” e “dialettico”, osserverà dal buco della serratura la copula incestuosa e infeconda della sovranità popolare che si flette al corso inevitabile degli eventi, offrendogli il culo. Ma noi, noi che abbiamo imparato a leggere la storia da sotto, da sopra e fra le righe... noi sapremo (e già sappiamo farlo...) ben intendere i segni premonitori, i simboli del cambio di paragrafo, di capitolo, di un discorso ferreo che ha già dimostrato ampie zone corrose dalla ruggine.

Basta aspettare? No, non basta... Bisogna agire: “L’unica cultura che riconosco è quella delle idee che diventano azione...”. “Qui, l’errore è tutto nel non avere agito, tutto nella diffidenza che fece esitare...”. “Ma avere agito, in luogo di non avere agito, questa no... questa non è vanità...”.”Chi non ha il coraggio di rischiare qualcosa per le proprie idee, o queste non valgono niente, o non vale niente lui...”. Ipse dixit: sempre lui, Ezra Pound... Agire nell’immediato, nel possibile della realtà che ci è toccata... Ma agire, per Dio... Se non altro...