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Zagor: quel diplomatico gladiatore

di Marco Iacona - 06/09/2010

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Tutti in piedi. Arriva Zagor, signore di Darkwood, personaggio dei fumetti fra i più amati di sempre. Jeans (così sembra), canotta rossa con sul petto un giallo simbolo indiano – un’aquila stilizzata – e il tipico urlo di guerra: “aahyakkk!”. Ma, forse, qualcuno non lo sa? Zagor appartiene alla valente truppa bonelliana, in compagnia dei vari Tex, Mister No e Dylan Dog, ed è colui che da quasi mezzo secolo – A.D. 1961 – si danna l’anima per mantenere la pace in quell’angolo d’America ove giacche azzurre, trappers e indiani vivono, in pieno Ottocento, il precario equilibrio della necessità. Uno che, per dirla fra noi, i principi dell’Onu c’è le aveva ben chiari ancor prima che inventassero le Assemblee generali e i Consigli di sicurezza.

Zagor non è un ranger come il grande Tex, è invece un signore non-classificabile, metà “spirito” (almeno gli indiani lo credono tale: il suo nome completo è Za-gor-te-nay cioè “spirito con la scure”) e metà uomo; un signore atletico e affascinante con i deboli vicino al cuore e il pallino per la giustizia, un selvaggio o quasi-primitivo per volontà propria che coltiva il dubbio, rivolgendolo al progresso delle macchine e agli uomini guidati dalla sete di potere. Zagor insomma più che l’ennesimo eroe dell’epopea western è la versione legalista e americana (dunque pragmatica e individualista) di un Robin Hood convinto a “tarzanizzarsi”, per accrescere il rispetto degli abitanti di una foresta colma di insidie e antagonisti. Amico di chi vive in pace, nemico di chi non la osserva, possiede buona volontà in grandi dosi e all’occorrenza consuma realpolitik come l’aria che respira. È la metà esatta fra un freddo diplomatico e un leale gladiatore ed è anche un po’ saltimbanco. Per punire i nemici usa armi western e poi, soprattutto, una scure ricavata da una pietra bianca arrotondata. Ha una mira infallibile naturalmente.   

Zagor non ha una donna fissa al suo fianco – sulla scia di una misoginia da “soldato in trincea” – ma al contrario, convive col reale alter ego dell’eroe coraggioso: Cico il piagnone. Abile all’occorrenza e fedele senza l’ombra di un indugio, Cico è la spalla ideale di Zagor il guerriero: non può fargli ombra – piccolo e poco coraggioso – e ne valorizza giorno per giorno merito e generosità. È il compagno fidato che tutti vorremmo insomma. Anche lui è la metà esatta di qualcosa: di un giullare e di un angelo custode, magari un po’ impacciato e soprattutto eternamente affamato… La coppia Zagor-Cico, come quella Topolino-Pippo, è un’unione fra polarità opposte, è un’amicizia “perfetta” costruita sull’ammirazione, la simpatia, la riconoscenza e soprattutto l’affetto. L’autore (Guido Nolitta alias Sergio Bonelli), non ha mai risparmiato sulle dose di sentimento e di umana complicità che lega i protagonisti in un abbraccio cameratesco indissolubile. Entrambi possiedono spazi nei quali riescono protagonisti unici, Zagor come eroe, Cico come “passaguai” a riempire le pagine leggere del fumetto; nei momenti clou tuttavia i due si trovano uniti contro il nemico.

Un uomo eccezionale come Zagor, con la parola di un antico romano (in lui c’è anche un po’ di “Uomo mascherato” di Ray Moore), non può non essere attorniato dai nemici (due su tutti: lo scienziato Hellingen e Supermike lo spaccone). Che sono i nemici personali dello “spirito con la scure” e quelli della pace nella foresta di Darkwood – luogo “segreto” nel Nordest degli Usa fra Ohio, Pennsylvania e Virginia – e spesso ben al di là di essa. Poi, per pareggiare i conti, si affacciano anche i buoni (gli indiani Tonka e “Molti-occhi”, i trappers Doc Lester e Pablo Rochas e il marinaio Fishleg comandante di una nave giramondo), gli innocui, come il cercatore di tesori Digging Bill, o magari solo i cialtroni da incontrare al di là della foresta, in mare, fra le montagne o chissà dove (il “detective” Bat Batterton, il truffaldino Trampy e l’“inventore” Icaro La Plume). Zagor non è tuttavia il (classico) fumetto ove un bene e un male precostituiti, quasi come in un’America “neo-con”, si danno la “caccia” con risultati scontati. In realtà, in un fazzoletto di mondo, e poi ancora oltre per l’intero continente nordamericano, ragioni e torti, offese e difese sono diluite con serena sapienza fra gli attori in campo, siano essi individui o a maggior ragione collettività. La serie a fumetti Zagor è un esempio di rigetto delle ideologie e della cieca discriminazione dovuta all’appartenenza a questo o a quel gruppo; la pace passa per il difficile equilibrio fra le esigenze degli abitanti della foresta, e Zagor è consapevole che la società che lui intende “guidare” abbisogna della tolleranza fra vecchi e nuovi ospiti (bianchi e “selvaggi” possono avere ragioni e torti distribuiti differentemente a seconda dei casi). Ecco come si rivolge agli indiani in una delle prime occasioni “da Zagor”: «vi difenderò contro i bianchi quando la ragione sarà dalla vostra parte, ma castigherò senza pietà tutti quelli di voi che metteranno in pericolo la pace e la sicurezza delle altre tribù!». È e resterà il suo motto.

Ma l’America zagoriana è un mondo davvero nuovo nel quale tutto può accadere (evento normale o paranormale), nel quale si danno appuntamento i tipi più strani, ben al di là della normalità biologica. Ecco perché, negli oltre 500 albi pubblicati, Zagor si è via via trasformato in personaggio al centro di storie fantasy (dopo essere passato anche per l’horror), fra maghi, mostri ed entità carismatiche. Adeguandosi non tanto ai tempi quanto alla propria disposizione all’avventura senza frontiere di spazio e di tempo. All’interno del fumetto trovano posto (spesso l’uno accanto all’altro) la creatura extraterrestre, la tenera squaw, il fuorilegge, il conquistatore di galassie, l’avventuriero romantico e il severo ufficiale dell’esercito. In un’America che è davvero, a questo punto della storia, il luogo ove qualsiasi fenomeno trova legittima sede; il regno della fantasia a una cert’ora del giorno in un data regione, con laghi, fiumi, monti, indiani a cavallo, “giacche azzurre”, conquistatori e conquistati, vittime e torturatori, streghe, stregoni vampiri e semplici rapinatori . Za-gor-te-nay è l’anello che unisce l’America “old style” coi cavalli e le prime ferrovie e quella intrinsecamente progressista e più sfrenatamente “giovane”, proiettata verso un futuro impenetrabile fra legami alla madre terra e minacce globali; così concepito il personaggio splendidamente disegnato (fra gli altri) da Gallieno Ferri, è anche il ponte fra un fumetto “storico” e da mostra (nacque come striscia) e i ben più moderni albi bonelliani come Martin Mystere (1982) e l’imprescindibile Dylan Dog (1986). Nato come “cacciatore” di indiani – e per vendicare la morte dei genitori – Zagor è diventato infine eroe di fantascienza. I suoi mondi (ma anche i suoi modi) “alternativi” muovono dall’isolotto sicuro ove abita, con Cico il messicano, una capanna di paglia e legno, per giungere fino al pianeta degli “akkroniani”, insieme ai comodissimi stivali con lunghe frange in cuoio i suoi mezzi di trasporto sono i palloni aerostatici e i sottomarini del futuro.

Dagli igloo ai paesaggi tropicali, dalle grandi città americane alla vecchia Europa. Mai fermo mai stanco… in nessun luogo del mondo tuttavia Zagor ha subito le “umiliazioni” di un moderno uomo della civiltà. Qualcuno in (quasi) cinquant’anni c’avrà provato a “insegnare” al selvaggio uomo dei boschi che l’etica del guadagno è più utile della giustizia fra gli uomini, ma l’immaginate l’ospite fisso del grande “albergo” sotto le stelle, manovrare assegni e registratori di cassa al posto di scuri e coltelli? E pagare gli affitti a un grasso e inamidato proprietario?