Il Kirghizistan tradisce gli Usa
di Enrico Piovesana - 15/05/2006
Bakiev, sempre più filo-russo, vuol chiudere la base di Manas. Washington non rimane a guardare |
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Dopo essere stati cacciati dall’Uzbekistan con la chiusura forzata della base di Karshi-Khanabad, gli Stati Uniti rischiano ora di perdere la loro ultima – e per questo importantissima – base militare in Asia centrale, quella di Manas in Kirghizistan. Il mafioso regime kirghizo di Kurmanbek Bakiev, salito al potere a Bishkek poco più di un anno fa con la ‘Rivoluzione dei Tulipani’ (sponsorizzata da Washington in funzione anti-russa), è infatti rapidamente tornato nell’orbita di Mosca, decisa – assieme a Pechino – a cancellare la presenza Usa in Asia centrale. Gli Usa corrono ai ripari, organizzando una nuova opposizione kirghiza filoamericana per rovesciare il ‘traditore’ Bakiev.
Affitto centuplicato. Dopo mesi di consultazioni con Mosca e di tensioni con Washington, il 19 aprile Bakiev ha lanciato il suo ultimatum agli Stati Uniti: “O entro il primo giugno accettate l’aumento di affitto che abbiamo deciso, o saremo costretti a rivedere gli accordi bilaterali del 4 dicembre 2001, con i quali vi abbiamo concesso l’utilizzo della base di Manas”. Finora per la base ‘Ganci’ (intitolata al comandante dei vigili del fuoco di New York morto l’11 settembre 2001) il Pentagono pagava a Bishkek un affitto di 2 milioni di dollari. Ora Bakiev chiede 200 milioni di dollari (pari al bilancio statale del Kirghizistan): una richiesta fatta per essere rifiutata e avere così un pretesto per far sloggiare gli americani. Per la gioia di Mosca – che in cambio ha promesso a Bakiev un miliardo di dollari in investimenti e pieno sostegno politico in caso di nuove rivoluzioni ‘made in Usa’ – e della Cina, che non gradisce avere la flotta aerea americana parcheggiata a due passi dalle sue rampe di missili nucleari nello Xinjiang. Per inciso: Mosca non paga un rublo d’affitto a Bishkek per la base militare russa di Kant, in quanto struttura comune del Trattato di Sicurezza Collettiva della Csi.
La strategia della Sco. La scadenza del primo giugno non è stata scelta a caso. Due settimane dopo, il 15 giugno, a Pechino si terrà il vertice dell’Organizzazione di Cooperazione di Shanghai (Sco), la Nato dell’Est, la sempre più potente e agguerrita alleanza politico-militare tra Russia, Cina e Asia centrale (e presto anche Iran…) che dall’anno scorso si è esplicitamente proposta come blocco antagonista all’espansione dell’influenza Usa sugli Stati ex sovietici, sulle loro basi militari e sui loro enormi giacimenti di petrolio e gas. Fu proprio dal summit Sco del giugno 2005 che venne la prima richiesta di chiusura delle basi Usa in Asia centrale, seguita dall’effettiva chiusura della base di Karshi-Khanabad, in Uzbekistan. Facile immaginare che al vertice di Pechino la richiesta verrà reiterata, stavolta in riferimento alla base di Manas, in Kirghiszistan: l’ultima. Per Washington sarebbe un bruttissimo colpo, perché significherebbe il fallimento definitivo della strategia di espansione in Asia centrale, iniziata con l’intervento in Afghanistan del 2001.
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