Le motivazioni di uno scienziato
di Prakasha - 17/05/2006
Per me, il modo migliore di descrivere la scienza è: una storia d'amore con la verità. La ragione è solo uno strumento per un aspetto di questa ricerca, e non la forza portante. Senza la passione per una conoscenza autentica, si otterrebbero ben pochi risultati. | |
Per lavorare al meglio, la passione di uno scienziato deve essere molto affinata, chiaramente separata dal desiderio di avere ragione, di apparire perspicace o di confermare il dogma esistente. Come in ogni storia d'amore, parte del fascino della persona amata è che lei o lui rimangono pieni di sorprese e non possono essere mai completamente conosciuti. Così, anche per lo scienziato la verità deve rimanere elusiva, e tutte le volte che pensiamo di avere trovato la teoria finale, emerge qualcosa di più profondo. Le nostre vecchie certezze si sono rivelate soltanto grezze approssimazioni di qualcosa di molto diverso. La legge di gravità, investigata in modo approfondito, rivela la relatività dello spazio e del tempo. La luce, studiata attentamente, rivela la sua natura quantica di particella e onda allo stesso tempo. Tutti gli elementi della natura, anche se apparentemente isolati, tendono a divenire parte di una più larga totalità, nella quale possono interscambiare più liberamente la loro identità. Lo spazio e il tempo si fondono nello spazio-tempo, le particelle rivelano la loro fondamentale unità trasformandosi l'una nell'altra. Questa tendenza verso l'unità non è una caratteristica passiva della natura. Al contrario, dà attivamente inizio a forze d'attrazione nelle quali l'energia potenziale delle parti si converte in moto orientato, in quanto esse si riuniscono formando una più ampia e simmetrica totalità. Per esempio, gli ioni di sodio caricati positivamente e gli ioni di cloro caricati negativamente si congiungono a formare un cristallo di sale nel quale i due tipi di cariche sono esattamente bilanciate. Nel formare l'acqua, gli atomi di ossigeno e d'idrogeno si riuniscono a condividere i loro elettroni esterni, così che la forma della nuvola di elettroni risultante diventa più rotonda. Le forze nucleari che tengono insieme i nuclei degli atomi ricevono il loro nome in analogia con i colori perché, come i colori primari, le tre varietà fondamentali si riuniscono a formare qualcosa che, come la luce bianca, non ha colore. Queste forze sono così intense che tali particelle “colorate” non possono mai essere singolarmente separate. Quando gli scienziati ci provano, vengono a crearsi spontaneamente nuove particelle che bilanciano esattamente il colore mancante, così che ogni nuovo assemblaggio di particelle rimane “bianco”. Il mio sospetto è che l'attrazione degli scienziati nei confronti della verità è analoga a questi processi e può farsi risalire all'attrazione del conoscitore per il conoscibile; insieme, essi formano una più ampia totalità nella quale, come si esprimono gli yogi, l'esistenza si delizia nel conoscere se stessa. Essi hanno una parola speciale per questo stato unificato, sat-chit-ananda, che tradotta letteralmente significa “esistenza, coscienza e beatitudine”. Non a caso, loro propugnano la devozione come uno dei modi più facili per raggiungerlo. La fasi iniziali di uno studio scientifico sono molto simili alla pratica della devozione. Cominciano con un bagliore di qualcosa che il praticante vorrebbe conoscere in modo più profondo, per arrivare a un attento e disciplinato processo d'investigazione. Qui, la mente osserva e ricorda ripetutamente gli attributi dell'oggetto di devozione, ma rimanendo attenta alle ispirazioni improvvise e alle profonde intuizioni che possono sorgere spontaneamente da tale concentrazione. Uno scienziato che mediti devotamente su una serie di equazioni od osservazioni potrebbe chiamare queste intuizioni ipotesi, mentre uno yogi che mediti sull'immagine del Buddha - una raffigurazione dello stato oltre la mente - potrebbe parlare di “conoscenze del cuore”. Ambedue emergono più dall'intuizione che dalla ragione. Tanto per lo scienziato quanto per lo yogi, questa non è la fine del processo. Le ipotesi devono essere dimostrate e le conoscenze del cuore vanno messe in pratica nella vita quotidiana. A questo punto, la ragione diventa uno strumento essenziale che può essere usato per predire le conseguenze sia delle ipotesi sia delle azioni, oltre che per riconoscere e respingere un modo di pensare fantasioso o compiaciuto. Per esempio, se ipotizzo che l'elettricità e la gravità sono fondamentalmente la stessa forza, posso dedurre le circostanze nelle quali l'elettricità darà origine alla forza gravitazionale. Similmente, se la conoscenza del cuore è che non siamo fondamentalmente separati gli uni dagli altri, posso verificare ciò osservando la differenza tra come mi sento quando ferisco qualcuno e quando agisco in modo compassionevole. Mi sono spesso chiesto come avrei mai potuto riconciliare lo scienziato e il devoto in me. Ma a poco a poco sono giunto a comprendere che essi non sono poi così radicalmente diversi. Il problema risiede principalmente nei desideri egoistici che si celano dietro le loro maschere; essi usano la ragione come uno strumento per giustificare invece che per verificare, e la devozione come una scusa per restare all'interno di gratificazioni familiari. Sto lavorando per sviluppare il coraggio di vedere più rapidamente attraverso queste maschere. Da un certo punto di vista, tuttavia, l'essenza di questa relazione è chiara: la scienza e la devozione autentiche iniziano e finiscono entrambe con il timore reverenziale e la meraviglia.
Prakasha possiede un Ph.D. in Fisica dell'università della California a Berkeley. Ha lavorato per più di 28 anni nel Dipartimento di Fisica al Lawrence Livermore National Laboratory dell'università, prima di andare prematuramente in pensione per studiare a tempo pieno lo yoga e la relazione di quest’ultimo con la fisica.
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