Signora Medusa
di Gabriele Adinolfi - 18/05/2006
Moggi, Biscardi, Juventus, Calcio(tangento)poli e noi |
La buona notizia è che si è dimesso Biscardi, quello del “processo del lunedì”. Perché “calcio(tengento)poli” non poteva esistere senza una trasmissione del genere che, coscientemente o meno, ne rappresenta il pilastro politico. Parliamoci chiaro e non prendiamoci in giro: è del tutto sbagliato l’approccio comune allo scandalo in cui Moggi & co sono incappati (perché davano fastidio ad altri? Per caso? Perché forse Tremaglia aveva appena comprato azioni della Juventus?) È sbagliato che gli italiani facciano gli scandalizzati, che non vogliano ammettere quello che era sotto gli occhi di tutti. È sbagliato che i colpevolisti e quelli che invocano attenuanti si dividano sistematicamente per fede: anti-juventini e juventini. È poi sbagliato sia quello che dicono i colpevolisti (“tagliamo il ramo marcio”) sia quello che dicono i difensori (“lo facevano tutti”. Già sentito in tangentopoli e nemmeno tanto vero…) Al di là dei normali sentimenti di goduria (io, lo ammetto, godo) o di sconcerto - che sono campanilistici, tribali, umani - il problema andrebbe affrontato e visto nella sua complessità. La quale complessità ci dice che il calcio non c’è più da tanti anni. Non è solo malato, è finto. Malato lo è stato sempre, visto e considerato che al Torino fu revocato uno scudetto già in epoca fascista (quando le istituzioni erano serie e la cultura era positiva). Rammento un fondo di Antonio Ghirelli sul Corriere dello sport ai tempi del calcio scommesse, primavera 1980. Il grande giornalista rispondeva agli italiani scandalizzati che il calcio non è staccato dalla società ma la rispecchia; sta(va) forse moralmente meglio ma non può non essere influenzato negativamente dalla cultura dell’ipocrisia e della corruzione che è la base di questa repubblica che, aggiungo io, è il frutto perfetto dell’antifascismo. Nel periodo del consociativismo che ha fatto seguito al colpo di coda, sicuramente moralizzatore, delle BR, la situazione si è deteriorata. Il calcio è divenuto esclusivamente un videogioco e una pompa di denaro sporco, tra procuratori, plusvalenze e diritti televisivi. La camorra che nel 1988 costrinse il Napoli a perdere lo scudetto a vantaggio del Milan di Sacchi (l’unico tricolore vinto dall’Arrigo) non era un agente anomalo, anzi rispecchiava il sistema ma in chiave territoriale e, potremmo dire, proletaria. Il sistema, una vera e propria piovra, è molto più articolato e gestisce procuratori, giocatori, contratti, fideiussioni, prestiti, sentenze calcistiche, e, dunque, risultati. Perché dal risultato dipende l’indotto che deve sempre dare risultato per poter essere garantito. Coloro che oggi sono accusati di rappresentare la cupola sono nomadi dello sport, uomini senza bandiera, approdati alla Juventus (in quanto club più appetitoso per giocarvi il grande gioco) da altri lidi. Moggi, dopo un lungo peregrinare, a casa Agnelli ci approdò dodici anni fa, ultimo domicilio conosciuto il Toro. Apatride e cosmopolita è, anche in piccolo, la cancrena che tutto marcisce. E ora come ne usciranno? Revocheranno un paio di scudetti? Forse, ma a che serve; e perché un paio? È davvero sotto gli occhi di tutti, come i campionati siano falsati, come i risultati siano combinati o pilotati in modo addirittura sfacciato, con sempre più nuda arroganza. Al punto che se le accuse mosse alla trimurti che spadroneggiava in casa bianconera sono vere, la Juventus avrebbe potuto mandare in campo un pugno di ragazzini visti i punti che comunque le venivano garantiti tra doping, designazioni, ricatti, combine. Eppure la Juventus, grazie ai proventi dovuti alle ripetute vittorie, schierava sempre fior di squadre, quantomeno competitive; e allora che senso aveva barare così? Probabilmente il perfezionismo, la necessità di non lasciare nulla al caso, l’arroganza, il senso di invulnerabilità, avranno spinto qualcuno a strafare. E tanto va la gatta al lardo… Ma non basta tifare per la tagliola, che del resto non sappiamo se scatterà davvero e cosa taglierà, cosa risolverà: qui dobbiamo prendere atto della realtà. La realtà travalica la Juventus, la sua dirigenza, i suoi tifosi (e chi, analogamente e parallelamente si è comportato in tal modo in altri club). La realtà va guardata in faccia, il toro va preso per le corna, alla Medusa va mozzata la testa. E la Medusa non si situa solo dove la si vede oggi. Intendiamoci: i tifosi juventini, che in qualche modo sono anche vittime, non sono del tutto innocenti visto che non si sono mai scandalizzati di quanto accadeva in modo palese e anzi lo hanno difeso come struzzi armati e bene farebbero, almeno nel proprio foro interiore, a fare ammenda. Intendiamoci, quelli colti con le mani nel sacco non meritano attenuanti. Fosse per me li manderei a spaccare pietre sotto il sole in un reality show (stavolta davvero real) sotto gli occhi di tutti in una sorta di “Grande Fratello” in cui nessuno, però, verrebbe “nominato”. Ma non è sufficiente: la questione va affrontata in modo radicale. Se qualcuno ne avesse il potere (e mi rendo conto che purtroppo non è così) si dovrebbe innanzitutto ritirare la nazionale dal mondiale in Germania, quindi bloccare il campionato per due anni, istituendo tornei amichevoli, in modo da far saltare completamente l’ingranaggio per poi ripartire da zero sulla base dell’entusiasmo e della programmazione. E magari gli scudetti li vincerebbero l’Atalanta e l’Udinese. In mancanza di questa soluzione diamo invece per scontato che si darà una riverniciatina al baraccone e che si tornerà a fare quello che da tempo si fa, solo con più attenzione. E tutti contenti, in perfetta ipocrisia accomodante. Con nuovi disegnatori, nuovi dirigenti e nuovi conduttori del processo del lunedì; ma con il medesimo sistema di coinvolgimento collettivo che, proprio il “processo” garantisce e consolida. E allora, signori, si abbia il coraggio di dire che i colpevoli siamo noi. Siamo noi (è un plurale discorsivo perché io non l’ho mai fatto) a vedere il “processo”, a disquisire, dibattere, protestare, urlare, chiedere provvedimenti e accettare in tal modo che tutto prosegua come prima, magari peggio di prima. Perché il sistema-calcio non va altrimenti dal sistema democrazia/telecrazia. Si sa che basta offrire alla gente una partecipazione virtuale, fittizia, indiretta perché si sfoghi (con il televoto, con le mail, con il voto elettorale che spessissimo sparisce al momento dello spoglio) affinché si senta coinvolta e accetti di farsi turlupinare, anzi si metta a sua volta, attivamente, ad ingannarsi e a sostanziare il sistema, rinvigorendolo. Calcio(tangento)poli, signori, siamo noi! Sessantuno anni di antifascismo vanno avanti in questo modo, sempre più perfezionato e sempre più sfrontato, non diversamente dalla disinvolta gestione Moggi. Abbiamo, allora, il coraggio di dirci e di dire: “ci state prendendo in giro, ci stiamo prendendo in giro; il re è nudo e fa schifo!” Ribelliamoci: non agli altri, a noi! Non cerchiamo riparo nel qualunquismo, non accontentiamoci di compatirci dicendo “abbiamo toccato il fondo”. Ma quale fondo! Altro che calcio! Il fondo, signori e signore è cancropoli! Perché sulla nostra salute, sull’inganno della ricerca, dove alcuni guadagnano milioni di miliardi osteggiando qualunque innovazione efficace in modo di lasciarci morire – perché la ricerca continui – e ci coinvolgono, complici i Biscardi del settore, nella più atroce delle prese in giro risiede la massima perversione del sistema, che, articolato quanto si voglia, è uno e risponde ad un solo format. Avanti ambulanze! |