La terra da difendere
di Camilla Minarelli ed Emanuele Bompan - 23/10/2010
Dal salone torinese dedicato ai temi planetari della biodiversità e dell’agricoltura arrivano proposte per sollecitare le autorità locali e nazionali. Ed è allarme per lo strapotere crescente delle multinazionali.
In buona sostanza, si è deciso di coinvolgere agricoltori, studenti ed esperti accademici per lavorare alla stesura di un documento che serva per proporre alle autorità locali, e nazionali, politiche sostenibili, sul piano ambientale, sociale e economico per l’agricoltura e il cibo. Un documento assolutamente work in progress, in quanto oggetto di dibattito nei forum online che hanno preceduto l’evento Terra Madre e hanno dato la possibilità ai delegati dei vari Paesi e a tutti i curiosi interessati di dire la loro. Come Marina dal Brasile che, nel forum sulle energie rinnovabili, richiama l’attenzione sul tema dimenticato dei danni ambientali e sociali provocati dalle grandi dighe.
La versione finale del documento verrà pubblicata in 8 lingue e diffusa il 10 dicembre prossimo in occasione del Terra Madre Day – l’evento che si terrà in 120 Paesi, nato nel 2009 per celebrare il cibo “buono, pulito e giusto”. La filosofia di guida rimane sempre la decrescita perorata da Serge Latouche, il diritto della terra e dei popoli indigeni, la produzione sistemica e la blue economy come ripensamento della produzione economica di Gunter Pauli (scopritela nel suo nuovo libro in uscita in Italia a fine mese). Tanto spazio al fenomeno nascente del land grabbing, ovvero la sottrazione di terreni agricoli nei Paesi in via di sviluppo da parte dei governi occidentali (ma anche cinesi) che cercano nuovi spazi per sostenere la domanda commerciale interna di beni alimentari.
Un trend inquietante che secondo Antonio Onorati, autore del libro Diritto al Cibo, «tocca centinaia di milioni di abitanti, mentre 42 milioni di ettari sono transitati nelle mani di multinazionali occidentali». I contadini stanno perdendo la terra in chiara violazione della sovranità alimentare dei popoli. L’allarme è uno dei principali che emerge a Torino e che per Carlo Petrini sarà una delle sfide principali di Slow Food. Il continente più colpito, secondo Franca Roiatti, autrice del libro Nuovo Colonialismo, è l’Africa. «Gli investimenti si rivolgono al continente nero perché dispone di ingenti quantità di terre arabili: possibilità di espansione enormi e costi ridotti. Un ettaro di terra costa 300 dollari». La soluzione? Fare la spesa con intelligenza.