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C’è chi va con le Esco

di Maurizio Pallante e Andrea Bertaglio - 30/10/2010

 Il fatto di non avere abbastanza soldi non è necessariamente un problema, quando il proprio obiettivo è quello di rendere la propria abitazione più efficiente ed avere modo di risparmiare sulle bollette. Una modalità efficace per effettuare la ristrutturazione energetica degli edifici è l’uso di forme contrattuali in cui i costi di investimento, anziché essere pagati dal committente, sono sostenuti dal fornitore della tecnologia, che successivamente recupera il capitale anticipato e ricava i suoi utili incassando, per un numero di anni prefissato contrattualmente, la totalità o una percentuale del risparmio economico conseguente al risparmio energetico che riesce a ottenere.

Dal momento che il fornitore conosce bene le caratteristiche tecniche e i rendimenti della tecnologia che commercializza, è in grado di calcolare con precisione il risparmio energetico che ne può ottenere in ogni realtà in cui la installa. Sarà quindi suo interesse realizzare un impianto a regola d’arte e farlo funzionare in condizioni di perfetta efficienza perché, se i risultati effettivi fossero inferiori a quelli previsti, ciò si tradurrebbe per lui in una perdita economica o in un minor guadagno.

Il committente al termine del periodo stabilito contrattualmente diventa proprietario dell’impianto senza aver sostenuto spese di investimento e usufruisce dei risparmi economici derivanti dai minori consumi energetici rispetto alla situazione precedente l’intervento di razionalizzazione. Questa forma contrattuale, messa a punto negli anni ‘80 in Canada e USA, viene chiamata third party financing, «finanziamento tramite terzi». La sua efficacia è data dal fatto che gli utili del fornitore sono direttamente proporzionali al risparmio energetico che riesce a ottenere.

Il «finanziamento tramite terzi» può essere attuato in diverse modalità. La più utilizzata, lo shared savings, i «risparmi condivisi», prevede che i risparmi economici siano ripartiti in percentuali prefissate tra il fornitore e il cliente. Il loro calcolo viene effettuato in relazione ai consumi del periodo (in genere il triennio) precedente l’intervento e la suddivisione viene definita in base alla durata del contratto, al tempo di rientro dell’investimento, al rischio assunto dal fornitore e al capitale impegnato.

I vantaggi del «finanziamento tramite terzi» sono molti e di grande rilievo. In primo luogo questa formula contrattuale suscita una domanda aggiuntiva a quella che verrebbe espressa spontaneamente dal mercato, o per impossibilità oggettiva o per indisponibilità soggettiva a investire denaro nel risparmio energetico. Uno sviluppo della domanda in questo settore, che ha enormi possibilità di espansione sia per la varietà delle soluzioni tecniche adottabili, sia per la scarsità degli interventi effettuati sino ad ora, susciterebbe una adeguata risposta da parte dell’offerta.

Anzi, in termini macroeconomici, oltre a non incidere sul bilancio dello Stato, il risparmio energetico consente di migliorare la bilancia dei pagamenti riducendo le importazioni di petrolio. I vantaggi dal lato della domanda sono evidenti: i committenti senza effettuare investimenti e senza correre rischi riescono a ottenere consistenti riduzioni dei propri costi energetici.

I vantaggi dal lato dell’offerta, pur essendo bilanciati dai rischi inerenti a ogni attività produttiva, sono altrettanto evidenti: i fornitori riescono a procurarsi una clientela che altrimenti non raggiungerebbero e, di conseguenza, nuove occasioni di lavoro e di guadagno. Inoltre, uno strumento finanziario di questo genere, legando l’utile del fornitore all’entità del risparmio energetico che riesce a ottenere, fornisce un impulso straordinario all’innovazione tecnologica in un settore strategico per ridurre l’impatto ambientale delle attività umane sugli ambienti.

Eppure il «finanziamento tramite terzi» nei paesi europei non riesce a decollare, nonostante la Commissione della CEE l’abbia fatto oggetto di una raccomandazione agli Stati membri il 29 marzo 1988 e l’abbia sostenuto con agevolazioni di carattere finanziario. Le difficoltà principali incontrate da questa forma contrattuale nel nostro continente dipendono dal fatto di non avere ancora trovato, dal lato dell’offerta il soggetto imprenditoriale con le caratteristiche necessarie a utilizzarne le potenzialità, e dal lato della domanda il soggetto capace di imprimere l’impulso necessario a metterla in moto e a fungere da volano.

Queste due carenze si alimentano reciprocamente, perché la mancanza di domanda scoraggia lo sviluppo dell’offerta e la mancanza di offerta impedisce alla domanda potenziale di diventare effettiva. Per uscire da questa empasse occorre innanzitutto individuare da chi possano essere ricoperti questi ruoli e in che modo sia possibile favorirne l’attivazione.

Negli Stati Uniti e in Canada l’offerta si è organizzata costituendo apposite società di servizi energetici denominate «esco», energy service companies, dalle quali possono essere ricavate interessanti indicazioni operative, mentre un input importante allo sviluppo della domanda è stato dato dall’effetto moltiplicatore delle ristrutturazioni energetiche di edifici appartenenti alle pubbliche amministrazioni.



Nella prima parte abbiamo parlato dei vantaggi forni ti dalle «esco», energy service companies, società di servizi energetici che permettono di effettuare la ristrutturazione energetica degli edifici tramite l’uso di forme contrattuali in cui i costi di investimento, anziché essere pagati dal committente, sono sostenuti dal fornitore della tecnologia, che successivamente recupera il capitale anticipato e ricava i suoi utili incassando, per un numero di anni prefissato contrattualmente, la totalità o una percentuale del risparmio economico conseguente al risparmio energetico che riesce a ottenere. Una soluzione che, legando l’utile del fornitore all’entità del risparmio energetico che riesce a ottenere per il committente, fornisce un impulso straordinario all’innovazione tecnologica in un settore strategico per ridurre l’impatto ambientale delle attività di origine antropica.

Costituire una società di questo genere non è semplice, perché le motivazioni in base alle quali opera ciascuno di questi soggetti sono molto diverse tra loro. I fornitori di energia sono interessati più alla crescita che alla diminuzione dei consumi energetici; gli appaltatori sono più interessati ad assicurare forniture di energia in quantità e qualità rispondenti alle esigenze della loro clientela anziché a gestire un servizio più complesso, da cui non ritengono che possa derivare un incremento significativo del loro giro d’affari; i consulenti tecnici non si assumono volentieri il rischio di percorrere strade su cui non si è ancora consolidato un patrimonio di esperienze sufficientemente ampio.

Lo sviluppo di questo settore risente inoltre delle difficoltà a reperire a tassi d’interesse accettabili i fondi per il finanziamento degli impianti. Un ostacolo che in genere solo società finanziariamente e tecnicamente molto solide sono in grado di superare. E ciò costituisce una forte limitazione, perché l’articolazione e la varietà delle situazioni su cui si può intervenire richiede una grande flessibilità a cui si adattano molto meglio le piccole e medie imprese.

Per consentire anche a queste realtà imprenditoriali di operare utilizzando la formula del «finanziamento tramite terzi» è quindi importante agevolare il loro ricorso al credito con riduzioni mirate dei tassi di interesse, o con la concessione di prestiti non in base a garanzie patrimoniali, ma a una valutazione tecnico-economica dei progetti di risparmio energetico per cui vengono richiesti (project financing), o incentivando gli investimenti in questo settore con sgravi fiscali, come è avvenuto negli Stati Uniti. Ai sostegni all’offerta si possono affiancare incentivi alla domanda, istituendo appositi «mutui energia» sul modello dei «mutui prima casa», o promuovendo un ampio programma di razionalizzazione energetica degli edifici pubblici.

Il rischio implicito nell’uso degli incentivi economici e finanziari è costituito dal fatto che invece di favorire lo sviluppo del settore possano contribuire a ingessarlo. Se anziché essere utilizzati come volano per agevolare il superamento delle maggiori difficoltà iniziali che incontrano tutte le innovazioni, vengono usati per compensare stabilmente delle inefficienze tecnologiche, eliminano la necessità di superarle finendo così col consolidarle e stabilizzarle.

Scivolare da un sostegno finalizzato a irrobustire l’organismo per accelerarne l’autonomia all’applicazione di una protesi di cui non può più fare a meno è molto facile. Per evitare questo errore è necessario analizzare con molta attenzione le conseguenze delle agevolazioni fiscali e finanziarie che possono essere utilizzate, e scegliere soltanto quelle che possono favorire lo sviluppo dell’uso razionale dell’energia invece di rallentarlo, o frenarlo quasi del tutto, come è accaduto sino ad ora.

Non è detto però che la situazione non possa cambiare anche in Italia. E un Paese ormai famoso nel mondo per l’importante ruolo, anche a livello “istituzionale”, ricoperto dalle «escort», potrebbe in tempi relativamente brevi rilanciare sia la propria immagine che la propria economia agevolando l’attività delle «esco», imprese che, come accennato in precedenza, determinerebbero un forte aumento dell’occupazione in attività che sono socialmente utili, in quanto riducono alcune delle forme più gravi di inquinamento ambientale, ripagando i propri costi con i risparmi che consentono di ottenere. Senza oltre tutto richiedere l’intervento della spesa pubblica. Fonte: “L’uso razionale dell’energia. Teoria e pratica del negawattora”, Mario Palazzetti – Maurizio Pallante, Bollati Boringhieri, Torino 1997