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Più energia pulita

di Barbara Carmignola - 30/10/2010

L’Italia è chiamata al banco di prova per le rinnovabili entro il 2020


Stando all’ultimo indice fornito a giugno da Ernst&Young e ai dati ufficiali pubblicati dal ministero dello Sviluppo economico nel “Piano d’azione nazionale per le fonti rinnovabili”, l’Italia ha guadagnato un punto nella graduatoria dell’impegno sulla strada delle energie pulite, pur rimanendo ferma alla quinta posizione della classifica nera guidata da Cina e Stati Uniti.
Il salto di qualità – finalizzato all’impegno per raggiungere il traguardo stabilito da Bruxelles ai fini di coprire il 17% dei consumi finali di energia con le rinnovabili nel 2020 – è stato determinato in buona parte dai progetti per la realizzazione dei due parchi fotovoltaici di Rovigo e Montalto di Castro tra i più potenti in Europa, rispettivamente con 72 e 85 Mw di produzione energetica.
Uno degli ultimi esempi dell’orientamento maggiormente ambientalista del governo italiano è stato fornito il 3 agosto dall’operato della Camera dei Deputati che si è impegnata nella conversione del Decreto legge 105/2010 in materia di energia, approvando un emendamento presentato dal deputato PD Paolo Fadda, teso a prorogare sino a tutto il 2011 i termini della gara internazionale per la realizzazione del progetto di gestione integrata della miniera di carbone del Sulcis, insieme alla realizzazione di una centrale elettrica ambientalmente avanzata e di un impianto per il sequestro e lo stoccaggio dell’anidride carbonica prodotta.
Se molto si sta cercando di fare sulla via delle rinnovabili, infatti, in Italia, ancora si è lontani dall’ottimizzazione necessaria al sistema per raggiungere l’autosufficienza.
Il programma cui il nostro Paese deve rendersi conforme, indica – del resto – tutte una serie di misure utili ad arrivare al 2020 con le carte in regola e nella lista sono comprese la revisione degli incentivi per le varie fonti rinnovabili come tariffe feed-in, certificati verdi e bianchi, agevolazioni fiscali, ma anche lo sviluppo di teleriscaldamento e biogas, il potenziamento delle reti elettriche per eliminare i colli di bottiglia, e a tal fine sarà indispensabile la cooperazione con altri Paesi, per produrre all’estero l’energia necessaria a coprire il buco italiano.
È dal primo luglio 2007 che in Italia il mercato libero dell’energia permette anche ai piccoli consumatori e alle famiglie di acquistare energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili eppure, ad oggi, l’orizzonte delle scelte che si offrono ai consumatori è ancora avvolto nella nebbia, per cui è difficile scoprire in cosa consista effettivamente questo mercato verde, quali siano i produttori da cui si può acquistare l’energia pulita e, addirittura, resta spesso oscura ai più la modalità di compravendita.
Eppure, nonostante l’avvio silente della prassi legata al mercato rinnovabile e alle difficoltà di divulgazione delle regole di scambio energetico, fino ad oggi, questo settore ha conquistato il 7% dei consumatori d’energia ribadendo alla collettività che i problemi dell’avvio sono legati non tanto alla resistenza al cambiamento quanto, purtroppo, alla penuria d’informazione così come anche alle politiche energetiche ambigue in virtù delle quali la concorrenza tra le aziende è più fittizia che reale, visto che le offerte rintracciabili sul mercato differiscono tra loro per cifre irrisorie pari a qualche decina di euro l’anno, a fronte, invece, di una bolletta che è fra le più salate d’Europa.
Il successo di pubblico di queste pratiche verdi dovrebbe spingere i leader politici a dare maggior spazio alle politiche di risparmio energetico anche perché l’Italia, per far fronte agli impegni europei da raggiungere entro i prossimi dieci anni, dovrà importare dall’estero – ovviamente spendendo una buona cifra – l’energia verde da altri Paesi maggiormente avanti nella produzione energetica da fonti rinnovabili.
Già lo scorso marzo la Commissione europea aveva pubblicato le stime, inviate dai vari governi, sulla produzione ed importazione delle rinnovabili nei prossimi dieci anni nelle quali l’Italia formulava la propria previsione d’importare complessivamente, entro il 2020, circa quattro Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), compresi i biocarburanti, di cui 1,17 Mtep di elettricità da Svizzera, Montenegro, Albania e Tunisia.
Per l’Italia è assolutamente necessario rientrare pienamente in carreggiata e fa rabbia pensare che vent’anni fa, nel 1991, si è persa l’opportunità di decollare anzitempo in questo settore oggi tanto utile e blasonato. Il Parlamento italiano, in quegli anni, stava infatti per votare una legge a favore delle fonti pulite, cancellata all’ultimo dal famigerato Cip6 con cui lo spazio che spettava alle rinnovabili fu occupato da una tipologia di fonti dette “assimilate”, ancora oggi sovvenzionate dai contribuenti con un sovrapprezzo sullabolletta.
Il maggiore problema nel nostro Paese, però, è determinato dalla grande mole di costi fissi su cui pesano anche la “chiusura del ciclo nucleare” e le “condizioni tariffarie di favore ad alcuni grossi consumatori” che frenano, di fatto, lo sviluppo di un mercato realmente libero e concorrenziale.
La realtà del BelPaese, infatti, vede in sostanza l’oligopolio dell’Enel che determina i prezzi dell’elettricità scambiata in Borsa. In tal modo l’energia proveniente dalle fonti fossili continua a essere più a buon mercato rispetto a quella certificata come “pulita”.
Le rinnovabili cui attinge la rete non comprendono, del resto, né eolico né fotovoltaico, mentre la quasi totalità proviene da impianti idroelettrici, alcuni dei quali lontani e obsoleti e, se è vero che il fornitore si approvvigiona da fonti non fossili, è altresì corretto dire che non è in grado di garantire che l’energia messa a disposizione dal distributore sarà al 100% pulita, perché quest’ultimo – in regime ancora di monopolio – attinge dalla rete l’elettricità in base alla disponibilità in quel preciso momento.
Il Responsabile Clima ed Energia del WWF Italia, Mariagrazia Midulla, il Direttore di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio, ed il Presidente di Legambiente, Vittorio Cogliati Dezza, dopo la presentazione, da parte del Governo italiano, del piano di sviluppo delle fonti rinnovabili, hanno espresso il proprio parere affermando che l’esecutivo – in materia di rinnovabili – dovrebbe puntare più in alto nell’ambito dello scenario di sviluppo verso il 2020, così come a livello europeo WWF, Legambiente e Greenpeace chiedono l’innalzamento al 30% del target di riduzione dei gas serra.
D’altro canto, il settore delle rinnovabili, come dimostrato negli ultimi tre anni, i più difficili per le economie mondiali dall’ultimo dopoguerra, rappresenta una fonte di opportunità di rilancio per lo sviluppo economico, a fronte però di un quadro normativo e di incentivazione che deve essere reso maggiormente chiaro a mezzo di una maggior divulgazione, dell’ampliamento di strumenti idonei all’espansione del mercato e di interventi che rendano più efficienti le reti elettriche.
Intanto eolico, fotovoltaico, biomasse si attestano in costante crescita grazie soprattutto all’incentivo dei certificati verdi, sistema tipo cap and trade ideato per spingere gli operatori del mercato libero a investire nelle fonti rinnovabili malgrado il loro costo ancora non competitivo.
Insieme alla crescita del settore d’investimenti legato alle “verdi”, è del resto impensabile non attuare un ammodernamento della rete.
Le attuali reti elettriche del Paese, infatti, sono imperniate su un modello unidirezionale e passivo. Tale sistema si coniuga male con la natura intermittente delle fonti rinnovabili quali eolico e fotovoltaico, dislocate in maniera imprevista e saltuaria sul territorio mentre è interessante lo sviluppo di un modello di rete pensato per integrare le energie verdi al proprio interno, idea presentata nella versione finale dello Strategic Deployment Document (Sdd) da parte della Piattaforma Tecnologica Europea sulle Reti Elettriche del Futuro, le cosiddette smart grids.
Per tali reti del futuro – che necessitano di forti investimenti per la costruzione – il modello di funzionamento è quello di una sorta di internet per l’energia.
In sostanza ciò che accade è che viene a cessare il flusso unidirezionale di energia da poche, grandi centrali verso tutte le utenze, ma viene costruita una rete estesa in cui ogni nodo può rappresentare sia un produttore sia un consumatore, a seconda che in un certo istante esso o la prelevi immetta energia nella rete. Per esempio una casa con tetto fotovoltaico durante una giornata di sole può produrre energia per il sistema, mentre nelle giornate di pioggia, gli stessi abitanti dell’abitazione, preleveranno i quantitativi energetici richiesti.
Mentre in Europa si pensa già al futuro delle reti di nuova generazione, l’Italia guarda al 2020 e ai passi da compiere per non arrivare impreparata al confronto finale con le proprie capacità produttive nel settore rinnovabile.