Partecipazione sociale al bilancio
di Miro Renzaglia - 21/05/2006
PARTECIPAZIONE SOCIALE AL BILANCIO
Era il 282° anno dalla fondazione sul Palatino, e nella città Eterna le Tribus riunite nel Comitia Tributa, attuavano quella riforma conosciuta come Lex Publia. Per la prima volta l’assemblea del Popolo eleggeva i Tribuni Plebis. I rappresentanti della Plebe che, istituiti dopo la secessione a Monte Mario, nel tempo si trasformeranno nei difensori di tutti i cittadini.
Premessa
Cos’è la Partecipazione Sociale al Bilancio?
In poche parole possiamo definirla come il processo, organizzato e guidato dall’amministrazione, con il quale il cittadino viene chiamato a partecipare a scelte inerenti la destinazione di spesa di una parte del bilancio comunale.
Essa rappresenta l’applicazione di un aspetto della socializzazione, intesa come partecipazione degli uomini, cittadini e lavoratori, alla gestione della “cosa pubblica” come dell’impresa. La partecipazione, può avvenire in diversi modi a seconda delle situazioni contingenti e territoriali.
Nasce dalla necessità di coinvolgere i cittadini per la risoluzione di determinati problemi che riguardano il territorio in cui vivono, favorendone l’interessamento e la partecipazione. In tal modo si stimola la responsabilizzazione delle persone che si possono riavvicinare così alla politica intesa nel senso classico del termine, ossia come cura dell’interesse della comunità. L’attuazione della PSaB è anche una palestra di vita allo scopo di formare un’opportuna coscienza civica e di costruire una vera e propria comunità di uomini e donne sensibili allo sviluppo e alla vita del proprio territorio.
Cos’è il Coordinamento?
Maggio 2005: nasce il Coordinamento per la Partecipazione Sociale al Bilancio con lo scopo di creare un movimento d’opinione per sostenere il progetto PSaB diffondendone la conoscenza e favorendone l’applicazione nelle amministrazioni locali di tutta Italia. Esso si pone anche l’obiettivo di supportare le varie realtà locali nel buon funzionamento della PSaB sui rispettivi territori mettendo a disposizione il proprio know-how.
Il coordinamento raccoglie tutte quelle associazioni, comitati e privati cittadini i quali spontaneamente decidono di aderire alle finalità dello stesso impegnandosi alla realizzazione del progetto.
I principi che animano il lavoro del Coordinamento PSaB nascono dal concetto di socializzazione (partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa) e da una visione comunitaria della società; due idee che mirano a creare una maggiore responsabilità e un maggior senso d’appartenenza di un popolo alla propria terra.
Un laboratorio d’idee nel quale una proposta antica, ripresa negli ultimi anni in varie parti del mondo, viene rielaborata per renderla compatibile al tessuto amministrativo nostrano mettendola a disposizione nelle auspicabili e future collaborazioni tra il coordinamento e amministrazioni lungimiranti.
Lo strumento partecipativo, nel nostro paese, ha sofferto sinora di un grave handicap: l’eccessiva ideologizzazione che lo ha, a torto, collocato all’interno di una certa visione politica, snaturandolo di quella che è la sua vera portata sociale.
Il coordinamento nasce per superare steccati ideologici che poco hanno a che vedere con il bene comune della gestione pubblica.
Si forma nel segno della trasversalità, della concretezza e della fattibilità: concetti che dal dopoguerra ad oggi hanno perso molto del loro valore.
Tale proposta vuole avere la presunzione di poter essere lo strumento attraverso il quale riconfigurare il rapporto tra cittadino e amministrazione. A vantaggio di entrambi.
Un’ idea che si fa Azione e Strumento, da contrapporre alle politiche inconcludenti delle tante, troppe chiacchiere.
L’esperienza nel mondo
Porto Alegre, città di tre milioni di abitanti, è la capitale dello stato brasiliano di Rio Grande do Sul. Dagli anni 60 in poi la sua struttura economica di città di confine è andata crescendo, mentre costanti sono rimasti al contrario i suoi gravi squilibri sociali, materializzati in un tessuto urbano lacerato, con una città parallela ai margini composta da favelas che arrivano ad ospitare un terzo della popolazione cittadina. La coalizione politica che la governa senza interruzione di continuità dalle elezioni municipali del 1988, si è così trovata davanti una situazione disastrosa, sia in termini finanziari che di credibilità istituzionale. Negli anni a seguire ha pertanto scelto di concentrare i suoi sforzi maggiori nell’inversione delle tradizionali priorità di governo urbano, a partire da un intervento di democratizzazione della gestione istituzionale che fosse in grado di creare un “luogo” di formazione della coscienza civica dei suoi cittadini.
Dal 1989, il comune di porto Alegre, ha promosso un processo di riforma in senso partecipativo d’alcuni suoi settori strategici, con il triplice obiettivo di valutare meglio necessità ed energie sociali della popolazione, di rifondare la relazione di fiducia fra cittadini ed istituzioni, e di ridare significatività all’asfittica capacità di rappresentanza dimostrata negli anni precedenti dalla classe politica al governo nella città.
Il principale strumento di questa articolata operazione è stato l’Orcamento Partecipativo inteso quale percorso di accompagnamento delle scelte della Giunta Municipale in materia di bilancio, ma anche come processo di supporto e rafforzamento della rappresentatività reale dei Consiglieri Comunali rispetto al proprio elettorato.
Il suo funzionamento è costituito da dibattiti successivi e aperti a tutti i cittadini che accompagna e sostanzia il processo di definizione dei Piani Annuali d’Investimento del Comune, cioè di una porzione del Bilancio Comunale che costruisce linee ed indirizzi delle “spese di capitale”. Il ciclo di tale percorso è annuale, e si articola intorno a due tipi d’assemblee: regionali e tematiche.
I risultati nel corso degli anni assumono aspetti miracolosi tanto da destare un notevole interesse internazionale, in particolar modo a partire dal vertice ONU di Istanbul “Habitat II sugli insediamenti umani” del 1996, quando fu ufficialmente presentato nel novero delle 42 Pratiche Eccellenti mondiali di gestione urbana; inoltre, la Banca Mondiale, ha scelto Porto Alegre come sede per il “Seminario Internazionale delle Democrazia Partecipativa”(13/12 novembre 1999) a motivo della sua significatività come esempio di trasparenza, ed efficacia nella gestione finanziaria della città.
Da qualche anno, Porto alegre non è più sola nella sperimentazione di avanzati processi di democratizzazione decisionale. Oltre 140 città in Brasile(tra esse Recife, San Paolo, Belo Horizonte e Belèm) e altre in America Latina(Montevideo, Rosario, Buenos Aires), hanno infatti iniziato a sperimentare strumenti di partecipazione modellati sull’Orcamento Partecipativo, adattandoli a territori, storie e culture differenti, con risultati diversi e spesso interessanti. Ma non sono state le sole.
L’emulazione virtuale di Porto Alegre, è esplosa come una bomba ad orologeria anche in occidente. Prima in Francia(Saint Denis, Bobigny, Morsane sur Orge), poi in Inghilterra(Manchester) e in Spagna(San Feliu de Llobregat, Rubi e alcune sperimentazioni alla Diputacio di Barcelona), sempre più città stanno sperimentando graduali riforme concrete sui propri territori, ed in alcuni casi, come dal ’98 nelle città tedesche di Moenchweiler e Blumberg e in altre del Land Nordreno-Westfalia, mescolando i riferimenti brasiliani con quelli di autonome sperimentazioni occidentali, quali quelle della neozelandese Christchurch e di alcune città Usa.
L’esperienza in Italia
Nel nostro paese, l’Orcamento Partecipativo si è conosciuto dopo la pubblicazione di un articolo su “Le Monde Diplomatique” del 1998. Le elezioni municipali del 2001 sono servite da test per misurare la volontà politica di alcune coalizioni di centrosinistra di inserire nel loro programma riferimenti al PSaB. Da allora, molti comuni(oltre 20, tra i quali Napoli, Venezia e Roma) hanno formalizzato l’interesse per l’adozione dello strumento partecipativo, nominando un Assessore o un consigliere comunale delegato del Sindaco alla sperimentazione. In realtà, a quest’impegno formalizzato, solo poche città hanno fatto corrispondere azioni concrete d’innovazione dei processi di costruzione del bilancio comunale. Questa situazione riflette l’approccio estremamente politicizzato(e in alcuni casi decisamente ideologico) con cui l’Orcamento Partecipativo si è radicato nell’immaginario politico italiano. Esso ha spesso rappresentato una moda spendibile nella programmazione elettorale o uno strumento di contrattazione tra i partiti o nei rapporti tra questi e i tessuti sociali. Raramente è stato valutato come possibile strumento di miglioramento della gestione urbana, o dei rapporti trilaterali tra amministrazioni, cittadinanza e apparato burocratico. Ciò ha portato ad una differenziazione in due famiglie dello strumento partecipativo. Si hanno così il bilancio partecipativo e il bilancio partecipato. Il primo determina percorsi di coinvolgimento duraturi, reiterati e strutturati, dove i cittadini svolgono un ruolo attivo nella costruzioni delle decisioni; il secondo denuncia ambizioni minori e riveste esclusivamente alcuni momenti di partecipazione popolare inseriti in processi sostanzialmente tradizionali di costruzione tecnica dei documenti di bilancio. Una rivisitazione, insomma, di basso livello di quello che lo strumento dovrebbe rappresentare e significare. Queste esperienze soft, sono attualmente una quindicina.
Le esperienze d’effettiva partecipatività sono attualmente tre; esse si trovano in fasi diverse di sperimentazione, caratterizzate da grosse trasformazioni strutturali avvenute all’inizio del 2004, in seguito a valutazioni dei limiti e delle opportunità riscontrati negli anni precedenti.
Il comune di Grottammare(13.887 ab.) è il più antico ed autoctono tra gli esperimenti italiani, visto che data al 1994. La partecipazione ha avuto un forte peso sostantivo, sia incidendo sugli strumenti urbanistici sia sull’articolarsi delle formazioni politiche: da 11 anni è una lista civica ad amministrare la città, con risultati elettorali superiori al 60%, molto diversi da quelli che nella stessa città caratterizzano le elezioni politiche nazionali. Grazie ad importanti indicazioni dei cittadini, dal 1995 al 2002 le presenze turistiche sono cresciute dell’84%, la spesa sociale del 327%, quella per la cultura del 64% e quella per le manutenzioni urbane del 35%: in parallelo, la discussione sulle finanze locali ha dato alla tassazione un carattere fortemente progressivo, che ha abbassato al 4 per mille l’imposta per la prima casa, alzando notevolmente quella sulle case di vacanza e penalizzando gli alloggi inutilizzati. Nonostante i trasferimenti statali e regionali siano cresciuti solo del 4% nei primi 8 anni di sperimentazione, la spesa pubblica ha potuto crescere del 97% grazie al miglioramento dei servizi pubblici locali, alla razionalizzazione delle entrate tributarie e alla ferma volontà di mantenere pubbliche le farmacie comunali altrove privatizzate(i ricavi sono cresciuti del 490%).
Le altre esperienze di partecipazione, sulla quale non ci si dilunga, sono prevalentemente simili a quella descritta, seppur con sostanziali metodi applicativi e risultati differenti.
Obiettivi e Strumenti attuativi
Obiettivi
Lo strumento tende a perseguire tre obiettivi :
a) riavvicinamento dei cittadini alla politica, creando gradualmente l’idea di un governo condiviso della città;
b) attivazione di sistemi virtuosi di gestione della “res publica”, in quanto una maggiore partecipazione dovrebbe comportare una maggiore legittimazione ed una maggiore equità nell’amministrazione del patrimonio erariale;
c) ampliamento della partecipazione cercando di coinvolgere gli strati di popolazione normalmente esclusi dai meccanismi decisionali, superando le consuete modalità d’interessamento passivo dei cittadini.
Strumenti
Il percorso attuativo, ossia quegli strumenti che posti in essere consentono la finalizzazione del progetto PSaB sono:
a) All’interno della struttura municipale necessita la creazione di un luogo adibito allo scopo. Può essere sufficiente l’istituzione di un ufficio del consigliere delegato che, avvalendosi secondo necessità anche di consulenti esterni, costituirebbe il luogo d’assemblaggio iniziale e sintesi finale.
b) Il dibattito avviato, oltre che permanente dovrà essere anche itinerante. Pertanto è necessario un monitoraggio costante dell’intero territorio inteso come ascolto dei cittadini.
c) Regolamentazione dei momenti partecipativi che costituiscono il dibattito. Nelle piccole realtà il coinvolgimento può essere generalizzato mediante la convocazione in apposite assemblee pubbliche. In quelle più grandi ci si avvale dell’apporto di associazioni già presenti sul territorio. Obbligo dell’amministrazione, resta in ogni caso il perseguimento del maggior coinvolgimento possibile, soprattutto di quelle frange di popolazione normalmente escluse dal dibattito politico/sociale.
d) Realizzati i punti precedenti vi saranno le condizioni per proseguire nel percorso. Le amministrazioni a tal punto utilizzeranno lo strumento ritenuto più idoneo(assemblee, consulta delle associazioni in senso lato), per avviare un confronto che dovrà essere giocoforza basato su effettive intenzioni e lealtà. Cioè, una volta stanziati i fondi e convocate le assemblee, vi sia l’effettiva disponibilità e volontà ad accettare le indicazioni che verranno per l’utilizzo delle risorse. Dal confronto scaturirà quell’elaborazione progettuale che verrà recepita dall’amministrazione.
e) Nel caso l’elaborazione progettuale rivesta un carattere di particolare complessità potranno essere necessari ulteriori passaggi di approfondimento, quali il confronto con organi tecnici competenti, che ne possano verificare l’effettiva fattibilità.
f) Al termine del percorso, la struttura che si occupa della redazione del bilancio all’interno dell’ente, si impegnerà ad eseguire le determinazioni assunte in merito alla destinazione delle risorse. Tale passaggio riveste una connotazione puramente tecnica ed esecutiva.
Conclusioni
E’ evidente che i percorsi di partecipazione abbiano bisogno di tempi lunghi e, almeno nella forma globale, di costanza e pazienza. E’ determinante comunque una capacità di radicamento dei nuovi processi, in quanto si tratta di trasformare uno strumento di gestione ordinaria, in uno strumento politico attraverso cui veicolare l’azione democratica. Tale strumento appare come ideale per contrapporre un’idea di politica prossima al cittadino a quell’idea ormai comune di politica asservita alla “dittatura” dei poteri forti, che perseguono il solo scopo di rigenerare se stessi. Nel contesto attuale, sottolineare soltanto la “governabilità”, significa equiparare l’azione politica alla gestione di un’azienda il cui unico azionista sono gli interessi dei gruppi che detengono il potere. Il PSaB consente invece al cittadino di partecipare attivamente alla gestione amministrativa creando decisioni di governo rilevanti per il futuro del luogo in cui vive. Tale strumento inoltre va ad evidenziare anche le capacità di governare di una comunità, la quale si assumerà una parte di quelle responsabilità fino ad ora completamente a carico di coloro che governano.
Sembra strano, ma non è nulla d’alieno. E’ solo la politica che scende dal piedistallo del palazzo e torna nel suo alveo naturale, il foro, ed invita il cittadino a collaborare in modo attivo al funzionamento della cosa pubblica. E’ fuor di dubbio che la politica si sta allontanando dai temi e dalla sensibilità del cittadino; oppure, che il cittadino si sta allontanando dai temi della politica. Il che è sostanzialmente la stessa cosa.
Dalla politica come praesentia, partecipazione, dibattito; dalla politica dell’agora, del foro, della piazza si è passati alla politica dell’absentia, della lontananza dai meccanismi di potere. Nato e sviluppatosi in contesti di amministrazione locale, lo strumento partecipativo rappresenta la chiave per riportare la politica al centro della vita dei cittadini. Semplicemente facendo della presenza un valore. Inoltre laddove l’intervento del cittadino non è solo meramente consultivo, questi diventa egli stesso parte dell’amministrazione, poichè decide attivamente in materia di spesa pubblica, di iniziative sociali, di politiche ecologiche e quant’altro. In tal modo il cittadino può rendersi conto che i soldi pubblici non sono infiniti e che un aumento di spesa in un senso, comporta una riduzione speculare in un altro senso, o quanto meno obbliga a pensare a nuove soluzioni per reperire le risorse necessarie.
Parallelamente va notato il rapporto indissolubile e duraturo negli anni, tra i cittadini elettori e le forze politiche del territorio che propongono, organizzano, e gestiscono con volontà ed impegno il processo partecipativo; a sottolineare la ritrovata fiducia tra amministrazione che propone e cittadinanza che riceve attivamente e rigira iniziative e proposte che se oculatamente apportate al bene comune da parte degli amministratori, aumentano il livello generale di coscienza civica, di capacità critica e d’ottimizzazione delle risorse.
Una nuova “Lex Publia” può tornare a prender forma, per dar voce a quelli che a tutti gli effetti sono i nuovi plebei: noi, tutti, l’intero popolo Italiano.
Lo si deve a chi ha dato tanto nel passato; lo si deve a chi, allo stato attuale, non avrà niente dal futuro: i nostri figli.