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Pasolini io lo conoscevo e confermo: era oltre la destra e la sinistra

di Antonio Saccà - 03/12/2010

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Giorni scorsi assistendo alla presentazione del libro "Una lunga incomprensione. Pasolini tra destra e sinistra", pubblicato da Vallecchi e di cui sono autori Adalberto Baldoni e Gianni Borgna, mi ha colpito ascoltare Luciano Lanna spiegare che Pier Paolo Pasolini fu al di sopra della destra e della sinistra. In effetti, io cho l'ho conosciuto, se dovessi "inquadrare" Pasolini lo porrei tra gli intellettuali italiani del '900 che più hanno attraversato e superato lo schema del bipolarismo culturale. Una sera, mentre con Pasolini stavamo a un ricevimento, il preside di Statistica Vittorio Castellano mise in dubbio la mitologia dei giovani che Pasolini condivideva con Elsa Morante. E Pasolini replicò in maniera dolceamara e netta: «Però, sono felici!». Alberto Moravia non era d'accordo su questa presunta "felicità" né con questa aspirazione a un "luogo" sociale incontaminato, un luogo di salvezza. In ogni caso, in Pier Paolo Pasolini l'Occidente moderno era corrotto, "sadico", e lui lo rappresentarà proprio come tale.

Ma che significato ha tutto ciò con la destra e con la sinistra? Rilevante. Perché? Perché Pasolini tagliava fuori dalla sua analisi sociale la borghesia e il proletariato. Era come se la memoria e la storia sociale fossero una sorta di malattia che bisognava respingere inoltrandosi nel "paradiso" dei ragazzini, un uscir fuori dalla storia per entrare nel mito. Quando Pasolini diresse il film Uccellacci e uccellini, dove appaio anche io in un bel primo piano, io scrivendo del film notai il percorso che Totò e Ninetto facevano nel film e che non raggiungeva mai una meta mentre la cornacchia con la voce di Alfonso Leonetti li criticava continuamente incarnando una sorta di coscienza del proletariato e finendo ammazzata da Totò. Ecco, le classi sociali canoniche, proletariato, borghesia non entravano nel mondo di Pasolini, se mai il sottoproletariato,e i fanciulli del Terzo Mondo.Quando ero studente universitario a Firenze, conobbi Pasolini in un dibattito sul suo romanzo " Una vita violenta", intervenendo dichiarai che Tommaso, il protagonista ,non ha coscienza rivoluzionaria ma coscienza morale cristiana, di amore per chi soffre.

Pasolini fu colpitissimo. Restava come persona all'interno della morale cristiana e come intellettuale al di fuori nella maniera più assoluta da una prospettiva della società capitalistica verso la società socialista secondo le categorie marxiste. Personalmente lo scrissi nel saggio su Nuovi Argomenti del 1963, consideravo queste posizioni illusionistiche, la società capitalista c'era, il consumismo c'era, il proletario c'era, la borghesia c'era e non era con il sogno dei ragazzini e il ritorno alla natura e all'ingenuità che potevamo salvarci. In sostanza. È vero, Pasolini fu non di destra, non di sinistra, Ma poichè evitava la storia, si volgeva al mito. Non che ripudiasse la modernità, ma la "salvezza" per lui stava tra i giovani premoderni... Il problema che mi interessava era diverso: che fare tenendo conto che la borghesia aveva esaurito la sua missione di libertà e si incancreniva in tentativi di sfruttamento radicale, ad esempio nei confronti del Terzo Mondo o protesi a ridurre l'uomo a una gallina di becchime, nei paesi del Primo Mondo? Che fare quando ormai eravamo certi, a meno di diventare dei terroristi, che il proletariato non sarebbe stata la classe sostitutiva della borghesia, non avrebbe promosso qualità, cultura, civiltà, non si sarebbe sottratta ai "consumi" come fine, non avrebbe tentato modelli economici alternativi? Mi veniva da ciò l'impossibilità, l'improprietà di mantenere le categorie destra e sinistra, essendo in crisi sia la borghesia sia il proletariato, sorgeva il bisogno di scovare altre vie. Fu per questo che personalmente mi staccai dalla sinistra ma non ripudiandola, in quanto mantenni l'avversione per una borghesia che riduceva l'uomo a gallina che becca mangime, come dicevo, dall'altro, però, cercavo di ritrovare qualche valore che si era smarrito tra i ferri vecchi della sinistra, la patria, la tradizione della nostra civiltà, l'umanesimo, "valori" che la destra riusciva a tutelare,s upponevo. Collaborai per anni alla rivista Il Pensiero Nazionale di Stanis Ruinas che cercava proprio questo incontro/superamento tra destra e sinistra visto che la sola destra se si riduceva alla borghesia non aveva più che valori economicistici e così la sinistra se si riduceva soltanto a un proletariato senza futuro egemonico. Per dirla sociologicamente: bisognava non tanto superare la destra e la sinistra ma superare la borghesia e il proletariato, cercare una combinazione nuova sia nel campo dell'economia, sia nel campo degli ideali. E questa combinazione la individuai nel restituire un primato all'etica.