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Fascino della donna in età avanzata

di Francesco Lamendola - 03/12/2010


Il fascino non è questione di età; ma, se proprio dovesse esserlo, di certo non è una caratteristica della giovinezza: tutto al contrario.

Una ragazza giovanissima, in tutto lo splendore della sua età ancora acerba, può essere incantevole, ma non affascinante: perché il fascino ha a che fare col mistero, col non detto, col sottinteso; e solo l’esperienza di vita rende una persona affascinante, conferendole quell’alone di mistero che scaturisce dalle molte vicende attraversate.

Chi si sta appena affacciando sull’avventura della vita, non ha esperienza, non ha ancora visto nulla né imparato alcunché; dunque, può avere tutti gli attributi dell’incanto giovanile, può sprigionare la dolce fragranza del primo mattino, ma non può possedere anche il fascino, nel senso pieno e compiuto della parola.

Una fanciulla, la cui bellezza fresca e ancora ingenua sta appena sbocciando, può suscitare commozione; ma solo una donna matura può realmente affascinare, perché in lei sola si intuisce la ricchezza di un percorso di vita, di una successione di gioie e di dolori, di cadute e di riprese, che hanno plasmato non solo la sua anima, ma anche il suo corpo, il suo sguardo, i suoi capelli, fino alle rughe del viso, che ella non cerca di nascondere puerilmente, ma che porta con la stessa grazia e con la stessa disinvoltura con cui portava, un tempo, la pelle liscia e morbida, allorché anche lei si stava appena affacciando sul mistero della vita.

Le ragazzine che si scambiano occhiate maligne e che deridono la donna anziana che passa per la via, offrono uno spettacolo ripugnante di stupidità e inconsapevolezza. Anche loro saranno vecchie un giorno; ed è tutto da vedere se sapranno farlo con dignità e compostezza; o se, abituate a puntare solo sull’apparire e non sull’essere, non si umilieranno col ricorrere ai più discutibili interventi chirurgici, sino a sprofondare nel grottesco.

È giusto e doverose che le ragazze giovani si abituino a portare il massimo rispetto per le donne anziane; che le nipoti vedano nelle loro nonne, nel loro incedere esitante, nella loro solitudine, lo specchio di ciò che saranno a loro volta; e, se non vorranno essere crudelmente derise dalle insulse giovinette che saranno subentrate loro, che comincino fin d’ora ad essere attente e disponibili verso le donne che hanno molto vissuto e che le hanno precedute sui sentieri che anch’esse dovranno percorrere.

Certo, vi sono delle donne mature, e perfino anziane, che non sanno portare con dignità e naturalezza i loro anni; che vogliono competere con le loro figlie e con le loro nipoti sul loro stesso terreno: nell’abbigliamento, nel trucco, nel modo di muoversi, di parlare, di sedurre. È uno spettacolo malinconico.

E tuttavia, anch’esse meritano rispetto: nessuno ha il diritto di giudicarle, specialmente considerando che la nostra società fa quasi un obbligo alle persone, e specialmente alle donne, di apparire sempre giovani e fresche, e due sole cose sembra non essere disposta a perdonare: la povertà e la vecchiaia.

Nessuno ha il diritto di deriderle, perché la paura altrui non deve suscitare derisione, ma compassione e, semmai, umana simpatia; e la paura di invecchiare, di non essere più desiderabili, di non attirare più sguardi di ammirazione, ma solo di indifferenza o, magari, di disprezzo, è una paura umana che merita rispetto.

In genere, è vero, una tale paura dipende dal modo in cui si è vissuto: se puntando sull’apparire, oppure sull’essere; se cercando di lavorare su se stessi per migliorarsi, per divenire più saggi, più autentici, più comprensivi, oppure disperdendosi in mille cose discutibili, pur di tenere ben stretto il consenso degli altri, la loro approvazione, possibilmente la loro ammirazione, non per ciò che si è realmente, ma per ciò che si vuol far credere di essere.

Quanto ai signori uomini, per loro andrebbe fatto un discorso a parte.

Se l’unica forma di attrazione che la donna suscita in loro dipende dalla giovinezza, allora vuol dire che non si tratta di veri uomini, ma di bambocci.

Un uomo che trovi attraente e desiderabile solo la compagnia di una donna giovane e che, in una donna matura o anche anziana, non riesca a trovare nulla di affascinante, nulla di prezioso, nulla di speciale, non è che un bambolotto viziato e inconsapevole; un individuo superficiale, che scapperà non appena le prime rughe compariranno sul volto della donna che oggi dice di amare alla follia; e che sarà sempre pronto a rinnegare le sue promesse, ogni qualvolta veda comparire all’orizzonte una fanciulla più giovane.

Ecco perché non lo si può definire un vero uomo: è come una banderuola al vento, che gira a seconda delle circostanze; esattamente il contrario della virilità, che è fermezza di sentimenti, di pensieri e di propositi.

Qualcuno si ricorda della tenerezza, della sensibilità, della estrema delicatezza che un uomo profondamente virile, come Zorba il greco (nel film omonimo di Michael Cacoyannis e interpretato magistralmente da Anthony Quinn), mostra nei confronti di una donna ormai vecchia e malata, ma che un tempo era stata bella e ricercata dai maschi, allorché ella rievoca nostalgicamente il proprio passato?
Ecco, questa è la vera virilità: saper essere sempre se stessi, sia che sia abbia davanti una incantevole giovinetta, sia che quella stessa giovinetta sia diventata una donna sfatta e non più sessualmente desiderabile; sia che si abbia a che fare con un personaggio potente, sia che si abbia di fronte una persona umile.

Solo gli uomini da nulla modificano il loro atteggiamento a seconda delle proprie convenienze e a seconda di ciò che sperano di ricevere dal prossimo; quelli di valore, autenticamente virili, conservano lo stesso volto nei confronti dell’altro; anzi, semmai, hanno un occhio di riguardo per quanti non sono in condizione di offrire nulla, per coloro dai quali non possono sperare di ottenere favori di alcun genere.

Perciò, una vera donna non saprebbe che farsene delle attenzioni di un uomo superficiale, sempre pronto a correr dietro a quelle più giovani: stima la sua credibilità pari a zero e sa che fidarsi delle sue parole sarebbe come, per un ricco ormai rovinato, fidarsi dell’amicizia di quanti gli stavano intorno solo per approfittare del suo denaro.

In ogni caso, ricordiamo che il fascino non è solo di natura sessuale; il fascino è un alone magico che avvolge le persone e conferisce loro una patina di incanto e di poesia, rendendole oggetto di profonda ammirazione, prima ancora che di desiderio.

Una persona affascinante lo è prima di tutto in quanto persona; poi, in un secondo tempo, in quanto uomo o donna, cioè in quanto creatura sessuata.

Una donna affascinante, dunque, prima di tutto è una persona affascinante; e si è persone affascinanti non solo per il proprio aspetto fisico e niente affatto per l’età giovanile, ma per le doti interiori: l’intelligenza, la sensibilità, il buon gusto, la cultura, lo spirito, la lealtà, l’onestà, la discrezione; e, ultima ma non meno importante, la naturalezza.

Di conseguenza, una donna può essere affascinante non solo a quarant’anni, ma anche a cinquanta, a sessanta, a settanta: come persona prima di tutto; poi, come donna; infine, come donna capace di suscitare anche - e val la pena di sottolineare bene la parola ANCHE - un interesse di naturale sessuale.

Questo non vale per tutte le donne mature o anziane, ma solo per quelle di classe; loro soltanto sono affascinanti a qualunque età; non le altre, non quelle che inseguono scioccamente il vento delle mode e il mito dell’eterna giovinezza.

Sono affascinanti, perché hanno molto vissuto, rimanendo però se stesse: rimanendo fedeli al proprio essere, non al proprio apparire. Ciò è indice di ricchezza interiore, di forza calma e tranquilla, di saggia accettazione della vita e delle sue diverse stagioni: la primavera come l’estate, l’autunno come l’inverno.

La persona saggia sa che non può essere sempre primavera o estate; la donna saggia sa che non potrà essere giovane per sempre. Tutto sta a saper attraversare con dignità e con intima accettazione tutte le stagioni della propria vita, dalla primavera fino all’inverno.

Ogni stagione ha il proprio fascino, così come ogni luogo ed ogni clima: il segreto è quello di saper vedere e di non limitarsi a gettare intorno degli sguardi distratti.

Un bosco di faggi in montagna, nel pieno del rigoglio primaverile, offre uno spettacolo meraviglioso; ma anche un cortile di cemento in mezzo alle case possiede un certo fascino, se appena uno stento alberello riesce a farsi strada in un angolo di esso, o se un raggio di sole si riflette in una squallida pozzanghera di benzina.

Anche una uggiosa giornata di pioggia, con il cielo basso e grigio che sembra essersi chiuso per sempre, ha una suo fascino particolare, indefinibile e non per questo meno intenso; come l’odore forte di terra bagnata o come il vento che soffia da indistinte lontananze, delle quali porta come un presagio lontano; non solo le giornate limpide e baciate dal sole meritano la nostra ammirazione e la nostra gratitudine.

E così, tra soggetto e oggetto, tra chi è e chi gli si pone di fronte, si avvia un circuito virtuoso: l’uno diviene sempre più se stesso, l’altro impara ad andare oltre le semplici apparenze e a scorgere il mistero luminoso che si cela di dietro di esse. Ed entrambi si arricchiscono e si perfezionano in questa reciproca scoperta.

La donna in età avanzata non possiede più, evidentemente, i doni naturali della giovinezza, ma questo non significa che non possa avere un suo particolare genere di freschezza, di soavità, di raffinata eleganza: ogni ruga può essere un ornamento, non un difetto del viso; ogni vena della mano, una pagina di vita; ma lo sguardo limpido e pacificato potrà essere così splendente, da fare invidia a quello di qualsiasi ventenne.

Lo sguardo è lo specchio dell’anima; e la donna che ha molto vissuto, molto amato e molto sofferto, molto compreso e molto perdonato, possiede uno sguardo particolarissimo, inconfondibile, estremamente affascinante: il riflesso di un’anima in pace con se stessa.

Come la nave che ha molto viaggiato su mari lontani e oceani tempestosi, ed ora raccoglie le vele per rientrare quietamente in porto, così la donna già avanti negli anni, ma che abbia vissuto una vita degna e piena, si prepara ad affrontare l’ultimo tratto del suo viaggio, ma con il cuore sereno e con l’anima sgombra da rimorsi e da rimpianti.

La verità è che le persone possono ingannare gli altri, e anche se stesse, ma solo fino ad un certo punto: se, però, non sono realmente in pace con se stesse; se nella loro parte più profonda ribolliscono mille speranze deluse e mille sterili amarezze, per quanto tali persone possano apparire ancora giovani e belle, non potranno mai essere affascinanti, perché la loro inquietudine conferisce loro qualcosa di incompiuto e disarmonico.

Quando, poi, la donna matura si apre un’ultima volta al mistero dell’amore, uno splendore incantevole scende su di lei, sul suo viso, sui suoi gesti; tutta la dolcezza di un tempo, ma resa più composta e più sobria dagli anni e dall’esperienza, si dischiude trepidante e le conferisce un incanto tutto particolare, come i raggi del sole al tramonto che tingono di colori incandescenti le nubi squarciate a occidente, prima del calare della sera.

C’è qualcosa di incredibilmente struggente - diceva, più o meno, un grande scrittore francese dell’Ottocento - nell’ultimo amore di una donna alle soglie dell’età avanzata e nel primo amore di un giovane uomo ancora inesperto della vita.

Sì, certo: come c’è qualcosa di assai commovente nell’ultimo fiorire di un albero antico e nel primo sbocciare di un giovanissimo virgulto, che il destino ha posti l’uno accanto all’altro, a sfiorarsi i rami nella dolce brezza di aprile.

Vi sono delle sessantenni e delle settantenni che potrebbero dare i punti, quanto a classe, fascino e distinzione, a qualunque ragazza: perché la grande legge dello spirito è che la quantità non prevale mai sulla qualità.

Oltre a ciò, la donna matura ha imparato l’altra grande legge della vita: che donare è più bello del ricevere, e che offrirsi è più sublime del pensare sempre alla gratificazione del proprio piccolo ego.