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Il valore del denaro

di Andrea Mensa - 07/12/2010


Ho iniziato, martedì scorso, a trattare la materia economica, dalla sua espressione primaria, ovvero il denaro, nelle sue varie forme.
Proseguo oggi trattando del valore del denaro.

Sul concetto di valore di un bene in generale, ci sarebbe da fare una lunga disquisizione, in quanto è un attributo estremamente variabile da individuo a individuo e da situazione a situazione. Ne tratterò in seguito ma qui interessa specificatamente il valore del denaro, che è un bene assai particolare.
Innanzitutto occorre definire di quale sistema monetario si parla, e quindi di che tipo di denaro.
I più noti sono quello con denaro con valore intrinseco, quello con riserva al 100%, e quello con denaro “fiat” o creato dal nulla.
Nell’antichità e fino a qualche secolo addietro, è stato in uso il primo tipo, con monete in oro, argento, rame. La caratteristica di questo sistema monetario è che le monete contengono il valore rappresentato ( o almeno un valore ad esso abbastanza vicino).
Così ad esempio un marengo d’oro era coniato con una quantità d’oro del valore di circa 0,8 marenghi.
La differenza tra valore impresso e valore di metallo, chiamato signoraggio, rappresentava il compenso per il “signore” che si faceva carico del conio delle monete, ed eventualmente della verifica che le monete stesse non venissero alleggerite. Ad esempio zigrinando il bordo, o usando una impressione di coniatura che evidenziasse eventuali manomissioni.
Questo perché avendo la moneta all’incirca il valore rappresentato, era importante che tale valore non venisse diminuito.
Inoltre l’uso di tale tipo di denaro configurava ogni scambio come un baratto, in quanto il denaro stesso aveva un valore.
La caratteristica principale di questo denaro, però era che, una volta coniato, poteva venire speso, scambiato con una operazione definitiva, che quindi non richiedeva più alcuna operazione.
Il denaro con riserva 100% è invece cartaceo, ma chi lo emette garantisce che nei suoi forzieri, per ogni banconota esiste il corrispondente valore in metallo o altri preziosi.
Questo denaro, pur essendo costituito da banconote che non contengono il valore stampato, è molto simile al precedente, in quanto tale valore esiste seppur conservato in un forziere. Tipico esempio l’emissione dei dollari “silver garanted”, i quali , appunto, potevano esser cambiati in argento. La stampa di tali banconote era quindi condizionata dal reperimento e tesaurizzazione dell’argento corrispondente.
Discorso completamente diverso è quello del denaro oggi circolante praticamente in tutti i paesi del mondo, il denaro “fiat”, ovvero creato dal nulla.
L’entità delegata dall’autorità statale a gestire la massa monetaria, in genere il sistema bancario nel suo insieme, in effetti crea denaro senza alcun riferimento a depositi o controvalori. E lo crea o stampando banconote oppure con semplici annotazioni, che non sono altro che un numero scritto su un registro, come ad esempio il saldo del conto corrente.
Ma la caratteristica principale di tale denaro è che il sistema bancario, dopo averlo creato, non lo spende, ma lo impresta. Questo particolare è della massima importanza per comprendere come un sistema del genere possa funzionare.
L’altra caratteristica è che tale denaro è coperto dal “corso legale” ovvero l’obbligo imposto dallo stato al popolo di accettarlo in pagamento.
Vediamo dunque, con un esempio banale, questo funzionamento.
Tizio chiede un prestito alla banca e questa glielo concede.
Tizio prende le banconote e con esse va al mercato e compera tutto quanto gli occorre.
Chi vende a Tizio, per ipotesi Caio, gli consegna dei beni di sua proprietà e ne riceve da lui del denaro.
Ora il denaro è posseduto da Caio che può andare da Sempronio ad acquistare altri beni.
Così il denaro comincia a circolare.
Prima della scadenza del prestito, Tizio dovrà creare dei beni, e venderli a chi possiede del denaro, in modo da recuperare del denaro da restituire alla banca.
( Il discorso degli interessi lo farò nei prossimi numeri, quando tratterò delle banche ).
Cosa è da notare è che la banca ha consegnato a Tizio dei pezzi di carta con su scritto la cifra, ma del valore intrinseco pressoché nullo. Quei pezzi di carta sono stati usati scambiandoli con dei beni reali, con un valore ben definito cioè quello stampato, e quindi in questo caso non si trattava più di baratto perché veniva dato un bene contro un simbolo, una annotazione, un pezzo di carta.
Ma anche alla restituzione, veniva cancellato un valore reale in cambio di quel pezzo di carta.
Ecco la grossa differenza tra i sistemi precedenti e questo. In quelli il denaro creato veniva speso, in questo viene imprestato. Per tutto il tempo, e tutti gli scambi cui partecipa, è sempre e solo il valore rappresentato ad importare.
In questo sistema monetario, quindi, il valore intrinseco del denaro, che sia di pochi centesimi se banconota o addirittura nullo se annotazione, non ha nessuna importanza. In quanto la differenza tra valore intrinseco e valore facciale che esiste quando viene rilasciato, viene annullata al rientro con una differenza di segno opposto.
Ovviamente le banconote avranno un valore per se stesse per un numismatico il quale si accollerà la differenza tra valore intrinseco e valore facciale, visto che non restituirà la banconota, ma questa è una eccezione alla norma che considera il denaro solo come supporto agli scambi.
E questo è quanto si può dire sul valore intrinseco del denaro.
Ma esiste anche il valore di scambio.
Occorre quindi definire il concetto di valore.
Valore = attributo personale associato ad un bene in un certo ambiente, che ne esprime la desiderabilità.
E porto l’attenzione sui vocaboli usati.
Personale, significa che ogni individuo ha una sua percezione del valore del bene che può essere influenzata da moltissime considerazioni che lo riguardano.
Poi “in un certo ambiente” che include tempo, luogo, situazione, e sta ad indicare che uno stesso bene per una stessa persona può assumere valori diversi in funzione del contesto che influenza l’individuo. Un bicchier d’acqua avrà valore diverso a casa o nel deserto, ma anche il primo bicchiere che bevo da assetato sarà diverso rispetto al secondo o ai successivi.
Quindi il valore di un bene è un attributo estremamente variabile da individuo a individuo, da situazione a situazione e quindi molto difficilmente definibile in modo univoco.
Ora, se ad ogni bene ogni persona può attribuire un valore, in funzione del rapporto che la persona ha o potrebbe avere con tale bene, con il denaro il discorso cambia perché come abbiamo visto esso non ha praticamente un valore suo, intrinseco, ma ha valore solo e unicamente come mezzo di pagamento, ovvero come bene di scambio. Parlo solo ovviamente del denaro “fiat”.
Il suo valore quindi, sta nella fiducia di chi lo riceve, di poterlo a sua volta usare e dare in cambio dei beni che desidera.
Non un valore suo, quindi, ma il valore dei beni che la persona può ottenere con una certa quantità di tale denaro.
Lo scambio.
Vi sono diverse modalità di scambio e soprattutto diverse modalità per giungere a stabilire un prezzo per un certo bene o prestazione.
Elencherò solo le due più comuni, ovvero quella relativa a pezzi unici o rari, e quella relativa ai beni di largo e comune consumo.
Nel primo caso il prezzo del bene o prestazione verrà stabilito con una trattativa diretta tra poche entità mediante un’asta, o una trattativa diretta venditore/acquirente, o nel caso di prestazioni con bandi di concorso o preventivi.
Nel secondo caso sarà stabilito dai costi di produzione e commercializzazione, adattati in seguito dalla legge di mercato della domanda e dell’offerta
Prezzi comunque stabiliti nell’unità della moneta corrente.
Il prezzo è quindi quel numero che esprime il rapporto tra il valore del bene ed il valore riconosciuto alla moneta.
E tornando al valore, se una persona confronta il valore che per lui rappresentano due beni, avrà il suo personale rapporto , in quella situazione, tra i due.
Se però il valore di un bene lo confronta con altri tre beni diversi, automaticamente prenderà tale valore come valore di riferimento.
Ancora maggiore peso avrà tale confronto se risulterà dalla media tra i risultati di diverse persone.
Essendoci molti beni ed una moneta sola, e usata da tutti, ecco che il valore della moneta ne consegue come rapporto dialettico tra i beni, soprattutto quelli di più largo e comune uso e consumo, e la moneta stessa.
E proprio perché il denaro è unico, e i beni molti e di svariati prezzi, risulterà che il valore del denaro è il valore più indicativo poiché confrontato con ognuno di essi. Risulterà quindi la miglior media esprimibile del valore stesso.
Non importa quindi quanto grande sia il valore della moneta, perché il numero che ne esprimerà il prezzo dipenderà sia dal valore del bene che dal valore della moneta.
Così , come del resto avviene in tutto il mondo, potranno esser usate indifferentemente monete “forti” o monete “deboli”, in quanto semplicemente il numero che esprimerà il prezzo dei beni sarà più piccolo o più grande.
Dato però che i prezzi , e soprattutto quelli di più largo e comune consumo, si formano obbedendo alla legge di mercato, essi varieranno in base sia alle disponibilità economiche delle popolazioni, ma anche dalla sensazione che esse hanno riguardo ai prezzi stessi, e quindi al valore della moneta.
Mentre un ricco difficilmente cambierà le sue abitudini di acquisti al variare dei prezzi, la stessa cosa non accadrà ai meno fortunati i quali dovranno fare gli acquisti, soprattutto quelli indispensabili a vivere, con una disponibilità poco elastica, e quindi ad un aumento dei prezzi dovranno supplire con un calo o della quantità o della qualità.
Essi saranno i primi a cambiare la propria sensazione riguardo al valore del denaro, quindi non solo per i prezzi cambiati ma per i prezzi in generale, e la loro reazione sarà anche immediatamente percepita dai dettaglianti, che vedranno di ottimizzare il loro profitto in base sia al ricarico sulle merci che sulle quantità vendute.
Aumento dei prezzi corrisponde quindi ad un calo del valore del denaro, mentre a una loro diminuzione corrisponderà una rivalutazione del denaro stesso.
Questo fenomeno, normalmente innescato e propagato velocemente a tutti i prezzi da un aumento di quelli dei beni di largo e comune uso e consumo, è un processo che , almeno inizialmente mantiene e implementa se stesso ed è normalmente definito inflazione (di cui però tratterò nel prossimo numero).

Uno sguardo infine ad una settimana, iniziata sull’onda della paura del “contagio” del default dei debiti sovrani all’interno dell’area euro, rientrata gradualmente come le aste dei titoli si sono svolte senza eccessivi problemi di assegnazione.
Con una Germania che la fa da padrona, ma che ha le sue banche principali in situazioni molto precarie con la Postbank che utilizza una leva finanziaria a 34, HYPO Bank con una leva a 41,6 , Deutsche Bank a 40,7.
Ricordo che la leva è quel moltiplicatore tra i depositi reali e gli investimenti fatti.
Moltiplicatore che più è alto più porta profitti alla banca, ma costituisce anche un maggior rischio nel caso i prestiti non vengano onorati. Una leva di discreta sicurezza dovrebbe aggirarsi attorno al massimo a 15.
L’attenzione comunque torna verso gli USA dai quale continuano ad arrivare notizie contradditorie.
Fiducia dei consumatori che aumenta, ma anche disoccupazione in crescita, richieste di mutui immobiliari in aumento ma aumento anche dell’invenduto, pertanto è difficile dire se stia o no iniziando un trend di recupero oppure si tratti di variazioni attorno ad una media che continua a presentarsi molto bassa.
Da notare invece l’enfasi che accompagna ogni minima variazione facendo passare le borse dall’esaltazione alla depressione, per notizie che normalmente non sarebbero neanche prese in considerazione.
Mercati tesi, quindi, quasi sulla soglia di una crisi di nervi, e pronti a girare al bello o al brutto al minimo stormir di foglie.