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Gianfranco Fini, Renato Schifani e gli imprevisti dei reati d’opinione

di Miguel Martinez - 11/12/2010

Due mesi fa, Gianfranco Fini e Renato Schifani, nei loro ruoli di presidenti delle due camere, si sono impegnati a “a velocizzare al massimo i tempi di approvazione” di un’eventuale legge che mandi in galera i “negazionisti dell’Olocausto” anche in Italia.

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Renato Schifani, nella poltrona più importante d'Italia

Anzi, Gianfranco Fini si è impegnato “a sensibilizzare i gruppi parlamentari» affinchè presentino al più presto una proposta per «contrastare gli irresponsabili profeti del negazionismo».

Il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri chiede alle organizzazioni comunitarie ebraiche di dettargli addirittura il testo della legge. Gasparri infatti

“sottolinea che il popolo della libertà sarà «onorato» di sostenere la proposta della comunità ebraica. E annuncia l’intenzione di «chiedere a Pacifici un incontro» per definire «i contenuti di questa iniziativa legislativa».”

Come abbiamo raccontato, Vincent Reynouard è stato estradato dal Belgio e incarcerato, per un anno, in Francia, per un piccolo opuscolo che aveva mandato per posta ad alcune persone. Reynouard è stato condannato anche a pagare l’importo di 60.000 euro, una cifra che con ogni probabilità non ha mai posseduto in vita sua.

Reynouard, insegnante licenziato in passato per materiale storicamente eversivo che gli avevano trovato nel computer, deve essere un personaggio assai curioso, con otto figli, che mescola cattolicesimo tradizionalista e una stima per nulla nascosta per il nazismo. Non conoscendolo personalmente, non mi permetto di giudicare; ma mi ricorda il tipo dell’Uomo con una Causa, che ogni tanto capita di incontrare, che avrebbe la soluzione a tutti i problemi del mondo, se solo qualcuno lo ascoltasse.

E in effetti, i processi sono riusciti a dare una certa fama alla decina di persone, come Reynouard, che nel mondo si ostinano a sfidare gli stati: su Google, “Holocaust Denial” segnala oltre 400.000 pagine [1], e il suo povero cugino “negazionismo” comunque ne guadagna più di 40.000.

Ma nel collasso generale degli Stati Nazione e con l’avvento dei nuovi media, si aprono nuovi spazi: appare così sulla scena Paul-Éric Blanrue, uno scanzonato zététique o scettico francese (in Italia, diremmo un “cicappino”) noto per aver prodotto con le proprie mani, usando unicamente tecniche disponibili nel Medioevo, un lenzuolo uguale a quello della Sacra Sindone.

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Paul-Éric Blanrue presenta tutto ciò che serve per fare un'autentica Sindone

Paul-Éric Blanrue, come esperto demitizzatore, nel 2007 aveva pubblicato un libro sulla diffusione delle fantasie antisemite nella cultura francese, Le Monde contre soi: anthologie des propos contre les Juifs, le judaïsme et le sionisme, presentato presso la sede dell’associazione comunitaria ebraica, B’nai Brith di Parigi.

Nel 2009, Blanrue ha scritto Sarkozy, Israël et les juifs, dedicato all’analisi del ruolo delle “reti filoisraeliane” (termine che lui preferisce a quella di “lobby”) in Francia, in particolare nel loro rapporto con il presidente Sarkozy. Un libro documentato e pacato, che gli ha guadagnato un immediato ostracismo nel mondo della cultura francese. Rimandiamo all’ottima critica del libro che fa Alain Gresh su Le Monde Diplomatique.

In seguito all’arresto di Reynouard, Blanrue ha organizzato una petizione per l’abrogazione della legge Gayssot, che vieta di

“«contestare (…) l’esistenza di uno più crimini contro l’umanità come sono definiti dall’articolo 6 dello statuto del tribunale militare internazionale  [detto di Norimberga] allegato all’accordo di Londra dell’8 agosto 1945.» [2]

La petizione spiega:

Non si tratta, per i firmatari della petizione, di sostenere le idee di Vincent Reynouard, ma di difendere il suo diritto a esprimerle e così facendo, di difendere uno dei principi fondamentali  della Repubblica francese.”

La petizione è stata firmata da alcuni noti intellettuali come Noam Chomsky, Domenico Losurdo e Jean Bricmont, nonché il militante antirazzista e comico nero francese, Dieudonné. Volutamente, non è stato posto alcun filtro sulle firme, per cui è ovviamente stato firmato anche da “negazionisti” e persone di estrema destra, ma la matrice è molto chiaramente un’altra.

Pochi però si sono accorti di un’altra e molto più importante contestazione a simili leggi. Che nasce dai più accaniti sostenitori d’Israele oggi presenti.

Ricordiamo che nessuno finisce in carcere perché dice che gli UFO hanno costruito la Grande Piramide, o che gli antichi Veneti erano Celti (magari della varietà giudeocristiana). La legge che Fini, Schifani, Gasparri e Pacifici stanno preparando non ha nulla a che fare con la difesa della “verità storica”, ma si fonda sull’idea che mettere in dubbio l’esistenza delle camere a gas in Polonia nel 1944 ferirebbe i sentimenti di un giovane ebreo, insegnante di latino a Roma oggi. E’ una giustificazione poco plausibile, però non ce n’è in sostanza un’altra.

Quindi le “leggi memoriali” appartengono alla più vasta famiglia delle leggi che puniscono chi ferisce i sentimenti di gruppi etnici e/o religiosi.

E’ qui che sorge un problema.

Infatti, lo stato di diritto è nato con la rivoluzione borghese: cioè con l’abolizione dei privilegi e l’idea di dare una chance a tutti, ovviamente dentro il sistema capitalistico.

Quindi, una volta stabilito il principio che è vietato offendere un gruppo etnico-religioso, il divieto dovrebbe coprire anche altri gruppi, sebbene la legge francese sia stata scritta con un astuto riferimento al processo di Norimberga, che lascerebbe aperto il campo a ogni altro revisionismo.

E così nel 2006, la Camera francese ha passato una legge che condanna a un anno di carcere chi nega il genocidio armeno, in curioso parallelo con la legge turca che condanna al carcere chi invece lo afferma. Ma il Senato francese, a quattro anni di distanza, è riuscito ancora a sfuggire all’approvazione della legge: i nazisti sono tutti morti, i turchi sono vivi.

Solo la Svizzera per ora punisce la negazione del genocidio armeno, con la devastante precisazione che si tratta di un “fatto notorio“, che non deve essere dimostrato. Si finirebbe in galera, in teoria, anche contestando, con prove alla mano, l’entità di un singolo massacro commesso dai turchi. Succederebbe davvero? Probabilmente solo se il negazionista avesse anche opinioni turcofile – e quindi la condanna verrebbe decisa proprio in base alle opinioni personali dell’imputato.

Simili leggi costituiscono un serio problema per i nuovi movimenti islamofobi.

Non è questione di moderare il linguaggio. Anche se lo dicessero con il sorriso sulle labbra, questi movimenti si fondano tutti su un’affermazione precisa: il problema non è questo o quel singolo “estremista”, ma l‘Islam in sé, che sarebbe un’ideologia politica, che ha un programma non solo per l’aldilà, ma anche per l’aldiqua.

Questo è il punto cruciale, che viene ancora prima della condanna verso quell’ideologia politica.

Ora, che l’Islam sia un’ideologia politica non è una tesi del tutto sbagliata.[3]

Il capitalismo, per una serie di motivi che sarebbe lungo da spiegare, ha inventato una sfera di intimi gusti personali, denominata “religione”, tanto intoccabile quanto impotente. Eppure tutto ciò che si cerca di inserire in quella sfera è profondamente sociale. E’ sociale il cattolicesimo, l’induismo, Scientology o lo stesso individualismo calvinista.

Sono tutti sistemi che ci dicono come vivere, con noi stessi e con gli altri, e quindi tutti fanno politica e contribuiscono a formare concretamente il mondo in cui viviamo. E l’Islam è certamente e coscientemente un fenomeno sociale di questo tipo.

Geert Wilders ha quindi portato in tribunale, a sostegno della propria tesi, non solo affermazioni critiche sull’Islam. Ha portato una quantità di testi islamici e pareri di esperti che dimostrerebbero che l‘Islam è intrinsecamente (anche) politico. E i tribunali, se vorranno condannare Wilders, potranno solo arbitrariamente fare finta che questo materiale non esista; e quindi affermeranno il carcere contro la verità. Come ha fatto subito sapere tutta la rete dei sostenitori di Wilders, l’accusa ha affermato

“che siano veritiere o meno le pubblicazioni di Wilders, questo non vuol dire che lui possa esprimerle come fatti”.

Chiaramente, i rischi che corrono gli islamofobi sono relativi. Oriana Fallaci, nella sua reincarnazione neocon, è stata costruita da un’immensa macchina mediatica e non è stata colpita dalle leggi esistenti.  Per Claudio Moffa,che aveva parlato davanti a qualche decina di persone e aveva scritto cose infinitamente meno incendiarie della Fallaci, cambieranno apposta le leggi.

Insomma, possono contare su due squilibratissimi pesi e misure. Però il problema sussiste ugualmente.

L’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI) è un mastodontico simulacro organizzativo, con sede in Arabia Saudita, impegnato a far finta di mettere d’accordo paesi in feroce conflitto tra di loro. In questi anni, ha portato il suo granello di sabbia per la costruzione delle sempre più fantasiose architetture repressive:

“Da oltre dieci anni, gli stati islamici dell’OIC hanno spinto per la criminalizzazione della cosiddetta diffamazione della religione; il loro sforzo più recente comprende una convenzione per colpire il “cybercrime“, che comprende i contenuti offensivi online. Perché l’OIC ha preso di mira il cybercrime? Perché i paesi europei hanno criminalizzato il hate speech nel 2003, e gli esperti dell’OIC credono che sarà difficile per gli europei resistere alla loro agenda senza sembrare ipocriti (per non dire islamofobi).

A partire dal 1999, l’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI), forte dei suoi 57 membri, ha sponsorizzato ed è anche riuscita a far approvare una risoluzione ONU che invita i paesi a criminalizzare ciò che chiama diffamazione dell’Islam. L’OCI sta attualmente lavorando per inserire una versione vincolante nel diritto internazionale”.

Cose di cui si vedono già le avvisaglie. L’ateo inglese, Harry Taylor, è stato condannato – con la condizionale – a sei mesi di carcere e 100 ore di lavoro non retribuito per aver lasciato in giro vignette satiriche di Gesù, il Papa e Muhammad nell’aeroporto di Liverpool: le vignette avrebbero costituito una “vessazione, allarme o sofferenza intenzionale, aggravata da motivi religiosi“. Il cappellano dell’aeroporto si era dichiarato “severely distressed” nel vedere le vignette.

Il giudice si è anche permesso di notare che il signor Taylor

“Non solo non si era mostrato pentito, ma continua anche adesso a sostenere di non aver fatto nulla di male e dichiara che intende continuare a fare la stessa cosa anche in futuro.”

Certo, è un caso particolare, perché le offese di Harry Taylor sono state distribuite equamente tra le diverse fedi, ed è discutibile quanto una vignetta costituisca un ragionamento. Ma è esattamente nei casi limite che si mette alla prova il diritto. Facile dire che si difende la libertà di espressione di chi scrive un Trattato teorico di trigonometria. Più difficile, e quindi più importante, quando si tratta di Harry Taylor o di Vincent Reynouard.

In un post successivo, vedremo come reagiscono le organizzazioni islamofobe.

Note:

[1] E questo solo virgolettando i termini, per cui sfuggono espressioni come “those who deny the Holocaust“.

[2] Due giorni dopo la bomba atomica su Hiroshima, ma la negazione della strage atomica è libera in Francia. Non che ce ne sia bisogno, visto che in genere ci si limita a giustificarla.

[3] L’errore degli islamofobi non sta nella premessa, ma nel fatto poi di mettere insieme gli elementi più disparati per dire che l’Islam sarebbe un’organizzazione monolitica programmata per conquistare il mondo. Arrivando all’immancabile conclusione di tutti i cialtroni: mettiamoli dunque fuorilegge! Però se si dovessero mettere in galera tutti coloro che fanno ragionamenti in malafede,  come Wilders, vivremmo in un mondo di carcerieri muti.