Il deserto s'infiamma
di Christian Elia - 23/05/2006
Continuano gli scontri e le violenze nel Sahara Occidentale |
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L’ultima settimana in Sahara Occidentale è stata caratterizzata da manifestazioni dei saharawi e dalla repressione da parte della polizia marocchina. Il giorno più caldo, il 18 maggio scorso, quando sono stati almeno 70 i dimostranti arrestati e altrettanti quelli feriti.
Botte da orbi. La scintilla che ha scatenato le violenze è stata la visita a El Aaiun, la capitale del Sahara Occidentale, di una commissione delle Nazioni Unite inviata da Kofi Annan per una verifica della situazione sul territorio. Il corteo voleva sensibilizzare i membri della commissione Onu al rispetto dei diritti umani dei saharawi e all’organizzazione del referendum, atteso da 30 anni, per stabilire il destino del Sahara Occidentale, ex colonia spagnola occupata dal Marocco nel 1975. Il corteo è stato subito affrontato dalla polizia marocchina (anche se alcuni arresti ‘preventivi’ erano avvenuti il giorno prima), che ha trascinato via alcuni dei leader saharawi. I dimostranti si sono dispersi in varie zone della città, ma non sono tornati a casa, cercando di ottenere un incontro con la commissione Onu che, vista la situazione, si era barricata in albergo. Alla fine alcuni portavoce dei saharawi sono stati ricevuti, e hanno denunciato che molti agenti marocchini erano infiltrati nel corteo, con abiti tradizionali saharawi e con bandiere marocchine, per dare una visione distorta agli ispettori Onu della situazione.
Clima d’impunità. In questo stesso clima è maturata la brutale aggressione della quale è stata vittima Hayat El Khasmi, la figlia dell’attivista saharawi Aminetou Haidar, che da anni si batte per la difesa dei diritti del suo popolo. Hayat, poco più di una bambina, è stata accusata dai dirigenti della scuola Ennahj di El Aaiun, quella che frequenta, di aver imbrattato i muri dell’edificio con scritte a favore dell’autodeterminazione del popolo saharawi. La piccola, accusata davanti a tutti i compagni, è stata anche malmenata dai dirigenti scolastici. L’unica sua colpa, secondo i saharawi, è quella di essere figlia di una donna che si batte da sempre contro l’occupazione marocchina e che per la sua battaglia ha già scontato, in condizioni disumane, 3 anni e 7 mesi in carcere. Due giorni prima della punizione che ha colpito la figlia, l’attivista saharawi aveva rilasciato un’intervista al quotidiano spagnolo El Periodico, nella quale denunciava la situazione nel Sahara occupato.
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