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La moneta di scambio internazionale

di Andrea Mensa - 28/12/2010


Sistema monetario internazionale. Abbiamo visto nei precedenti scritti, come i valori relativi delle monete incidano sul valore dei beni. Qui vedremo invece come è nato l’attuale sistema monetario internazionale, vantaggi, svantaggi e soprattutto per chi. È da sempre stato vero l’assioma che , in una zona d’influenza commerciale, venga adottata la moneta della nazione più forte, quella in genere che ha aggregato attorno a se le altre realtà economiche. Che sia avvenuto o con una pacifica penetrazione dovuta all’eccellenza delle proprie merci, o per ragioni strategico/militari, o per qualsiasi altra ragione, troveremo che la moneta dello stato dominante, viene usata in tutto il contesto.

Prima della 2°WW la moneta mondiale era essenzialmente la sterlina, affiancata in second’ordine dal franco francese. La ragione era che il dominio britannico si estendeva su circa 1/10 delle terre del globo (India, Egitto, Australia, Canada) mentre quello francese su gran parte del Nord Africa, Est asiatico, ecc… Proprio la estensione di tali domini portava la loro moneta ad essere usata in queste nazioni dominate. Con la 2°WW l’impero britannico venne sostituito dagli USA, i quali adottarono un modo meno violento di diffondere la loro moneta. Teniamo presente che la guerra si svolse tutta sui territori europei e asiatici, ma, a parte l’attacco di Pearl Harbor il territorio americano non ne fu nemmeno sfiorato. Europa e Giappone invece erano praticamente distrutti. Gli USA, usciti dalla grande depressione, grazie alla guerra che aveva impegnato molta mano d’opera disoccupata nei vari fronti, ma, aveva anche sviluppato una incredibile capacità produttiva. Basti pensare che alla fine della guerra veniva varato un incrociatore della classe “independent” al giorno oltre a carri armati, naviglio d’assalto, cannoni e tutto il resto. Una produzione d’acciaio giornaliera impressionante, che, finita la guerra, non avrebbe più avuto senso. E così vennero presi i classici due piccioni col la solita fava. I paesi distrutti avevano bisogno di acciaio e carbone, in primis , per ricostruire quanto distrutto e produrre energia. Gli USA ne avevano a questo punto in sovra abbondanza. E così partì il piano Marshall.

Gli Usa aprirono linee di credito ai paesi distrutti, con le quali essi acquistarono a credito l’acciaio e il carbone che gli occorreva. L’aspetto neanche tanto secondario, fu che cominciò ad essere usato il dollaro come moneta di scambio. L’accordo di Bretton Woods, fu poi la ciliegina sulla torta. Gli USA garantirono a loro carico la convertibilità del dollaro in oro, materiale da sempre considerato il più stabile ed efficace supporto monetario conosciuto. Questo pose il dollaro in testa ad ogni altra moneta di scambio internazionale. In effetti la convertibilità era garantita solo alle banche centrali, almeno per i non residenti, ma questo aprì comunque una fase d’oro per il dollaro. Basta pensare che ogni paese che volesse fare acquisti in un altro paese aveva bisogno di dollari, per pagare. Ma gli USA non li hanno mai regalati i loro dollari, pertanto chi voleva avere dei dollari doveva vendere qualcosa agli USA in cambio di dollari, quindi e non di beni reali, dollari che avrebbe poi usato per acquisti successivi. In effetti finché i dollari furono convertibili in oro, avere in cassa l’uno o l’altro era indifferente, ma la cosa mutò aspetto quando la Francia, in testa, a seguito della guerra del Vietnam, cominciò a richiedere tale conversione, dubitando che a tutti i dollari stampati per pagare tale guerra, e racchiusi nei forzieri delle varie banche centrali, ci fosse in U SA sufficiente oro per cambiarli. E in effetti non c’era. Così si arrivò alla famosa denuncia del 15/8/1971 della convertibilità del dollaro in oro da parte di Nixon, con atto unilaterale.

A parte il fatto che nei due anni successivi l’oro passò dai 35 $/oncia a più di 800 $/oncia, ma il danno maggiore lo ebbero quei paesi che avevano nelle casseforti delle loro banche centrali mucchi di dollari, che da quel momento assunsero solo il valore che il dollaro aveva negli USA. Nonostante ciò il dollaro continuò a esser usato negli scambi internazionali, dato che le maggiori materie prime, petrolio, grano, mais, ecc… continuavano ad esser quotate in dollari ( ricordo che uno dei maggiori fornitori di petrolio era l’Arabia Saudita, e che la famiglia Saudita conserva il potere grazie alle forze militari americane di stanza sul suo territorio ). Ma in tal modo, svalutando il dollaro, gli USA fecero pagare al resto del mondo buona parte dei costi della loro guerra. Oggi nei forzieri delle varie banche centrali, vi sono più di 30 trilioni di dollari, ovvero più del doppio del PIL USA, cosa che rende tutti i suoi detentori, complici nel mantenere valore al dollaro, nonostante le politiche economiche disastrose messe in atto dalla FED.

Se il dollaro non avesse questo status di moneta mondiale, gli USA sarebbero messi ben peggio dell’Italia, visto che buona parte della loro moneta e titoli del debito federale, sono in mano a stranieri. Questa è anche la ragione per cui il BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) hanno deciso di usare le loro monete negli interscambi, la Cina sta cercando gradatamente di disfarsi di dollari e Tbond, acquistando miniere o produttori di semilavorati in giro per il mondo, oltre ad acquistare oro. La volontà dei maggiori detentori di dollari è quindi chiara, come è chiara la volontà di non causare cadute traumatiche del valore del dollaro, proprio per conservare valore alle proprie riserve. A livello internazionale, pertanto, il valore di una moneta è rappresentato dalla forza della economia del paese, ma anche dal fatto che tale paese sia più o meno indebitato, soprattutto se i titoli del proprio debito sono detenuti da paesi stranieri, ed infine dalla sua capacità di esportare beni reali. Per gli USA gli ultimi due punti rappresentano la sua debolezza, pertanto il tentativo del resto del mondo di affrancarsi dalla dipendenza del dollaro, non è solo cosa giusta, ma anche economicamente un passo avanti verso la stabilità monetaria.