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Il Texas guarda alle energie rinnovabili

di Andrea Bertaglio - 07/01/2011


Per ora rimane un’ipotesi, legata agli eventuali incentivi pubblici. Inoltre, il problema non si esaurisce nel cambiare le fonti di approvvigionamento ma nel consumare di meno


Patria di petrolio e petrolieri, il Texas potrebbe presto diventare la nuova frontiera delle energie rinnovabili americane. In particolare la città di Austin sembra stia diventando l’epicentro di un nuovo mercato, potenzialmente gigantesco, di elettricità prodotta grazie al torrido sole texano. Tutto dipenderà dall’approvazione o meno di incentivi che, nell’arco di poco tempo, dovrebbero rendere i pannelli fotovoltaici molto meno costosi di quanto non siano ora. Interessate al ghiottissimo affare aziende quali la californiana SunPower Corporation, cresciuta e resa florida dagli incentivi “eco-friendly” del suo Stato di provenienza, e che ora vede la sua corsa all’oro dirigersi ad est. 

Secondo Stato più popoloso degli Usa dopo la California, il Texas è il centro nevralgico del settore energetico americano. Non solo nel campo petrolifero, ma anche eolico. Julie Blunden, dirigente di SunPower, ha affermato a proposito delle mire della sua azienda: «è naturale pensare al Texas come uno dei più grandi, se non il più grande, mercato solare della nazione». SunPower, la più importante azienda californiana nel campo dell’energia solare, punta molto sul Texas, Stato che potrà presto sostituire la California come “più solare” degli Usa. Nella capitale Austin, addirittura, la compagnia originaria della Silicon Valley ha intenzione di aprire un ufficio con 450 dipendenti.

La strada è ancora lunga, perché se oggi la California è prima nella produzione di energia solare (anche grazie a generosi incentivi da oltre due miliardi di dollari e a leggi che impongono di raggiungere, entro il 2020, il 33% dell’energia prodotta proveniente da fonti rinnovabili), il Texas non compare nemmeno nella “top ten”. Nonostante per il Dipartimento americano per l’energia abbia «virtualmente un infinito approvvigionamento di energia solare» e sia prima a livello di potenzialità da sviluppare in questo nuovo settore.

Potenzialità che verrebbero pienamente sfruttate se, come si dice da tempo, venissero offerti a ditte e cittadini privati gli incentivi da 500 milioni di dollari destinati all’installazione di pannelli solari e fotovoltaici. Aiuti statali che, secondo i sostenitori del solare, potrebbero permettere di promuovere nuovi metodi di produzione di energia in uno degli Stati più conservatori d’America, evitando allo stesso tempo di rendere l’avventura solare texana una mera accozzaglia di lodevoli ma ininfluenti iniziative locali.

Nonostante lo sviluppo delle energie pulite (che pulite non possono essere del tutto, ma che rimangono estremamente meno sporche di petrolio, carbone e nucleare) dipenda quasi sempre da incentivi e contributi statali, il cammino verso il sole sembra ormai essere stato intrapreso seriamente nella terra dei petrolieri. Anche senza incentivi statali, infatti, il solare mostra forti segni di vita nello Stato, come lo chiamano gli americani, della stella solitaria. 

La città di Austin ha previsto che il 35% dell’energia utilizzata proverrà da fonti rinnovabili entro il 2020. Non solo, lo scorso 15 dicembre la RRE Austin Solar ha avviato la costruzione di una centrale solare da 60 MW a nord-est della capitale texana. Stesso impegno da parte della città di San Antonio, nella quale lo scorso novembre è stato avviato un progetto che punta alla produzione di 14 Megawatt, e che potrebbe fornire l’energia necessaria a circa diecimila abitazioni. Un enorme sviluppo quello del solare texano, possibile anche grazie ad agevolazioni burocratiche non facilmente riscontrabili nel resto degli Stati Uniti. Secondo Angelos Angelou, consulente della RRE, «se per ottenere dei permessi in California possono servire anni, in Texas si può fare tutto in circa sette mesi».

Queste non sono necessariamente buone notizie, perché uno sviluppo troppo veloce e smodato delle energie rinnovabili, come di qualunque altra cosa attiri eccessivi interessi economici o finanziari, può in breve tempo rivelarsi deleterio. Se al boom del solare in Texas non fa eco una crescita della consapevolezza dei texani che è tempo di “negoziare i propri stili di vita”, si potrà passare presto dal problema del petrolio a quello del silicio, o dal dramma dell’inquinamento atmosferico a quello dello smaltimento dei pannelli. Perché l’approccio che si sta avendo, in America come in Italia, sembra essere sempre lo stesso: fai un sacco di soldi e scappa.

Ma è pur sempre un inizio, nello Stato americano in cui il governatore, Rick Perry, si è sempre fortemente opposto alle regolamentazioni federali aventi lo scopo di ridurre le emissioni di CO2, e nel quale i suoi cittadini sono i principali emettitori di gas climalteranti degli Stati Uniti: il Paese tuttora responsabile di un terzo delle emissioni globali.

 

Andrea Bertaglio