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L'impatto di 7 miliardi di "homo sapiens" sui sistemi naturali

di Gianfranco Bologna - 10/01/2011


overcicogna

Necessario intervenire sui tre fattori dell'equazione Ehrlich-Holdren


ROMA. Molti di voi avranno visto la copertina e l'ampio servizio presenti sull'ultimo numero della nota rivista internazionale "National Geographic", dedicata al traguardo dei sette miliardi di esseri umani che raggiungeremo entro la fine di quest'anno, il 2011. La stragrande maggioranza delle persone sembra dimenticarsi che la straordinaria proliferazione della nostra specie ha avuto luogo in un arco di tempo relativamente breve rispetto al lungo periodo durante il quale la nostra specie si è andata evolvendo su questo straordinario pianeta (ricordiamo che l'origine della nostra specie Homo sapiens sapiens data intorno ai 150.000 - 200.000 anni, mentre il genere umano si è andato evolvendo da almeno 6 milioni di anni).

Le Nazioni Unite, attraverso la loro Population Division, pubblicano ogni due anni il rapporto sullo stato della popolazione mondiale. L'ultimo "World Population Prospect: the 2008 Revision" è uscito l'11 marzo del 2009 mentre entro il prossimo mese di marzo dovrebbe essere reso noto il nuovo rapporto relativo al 2010 e ne daremo prontamente conto sulle pagine di questa rubrica.

Il Rapporto 2008 è il ventunesimo pubblicato dalle Nazioni Unite a partire dal 1950 (negli ultimi anni la cadenza di questo assessment è biennale) e costituisce il punto di riferimento internazionale più autorevole esistente sui temi della popolazione e della sua evoluzione nel tempo.

In questo ultimo rapporto si conferma la previsione media, già presente nei precedenti "World Population Prospect", che la popolazione mondiale raggiungerà i 9 miliardi di abitanti nel 2050.

Più dei 2.3 miliardi di abitanti che si aggiungeranno in questo periodo alla popolazione attuale, andranno ad ampliare la popolazione dei paesi cosiddetti in via di sviluppo che si prevede cresceranno dai 5.6 miliardi del 2009 ai 7.9 miliardi del 2050. Invece la popolazione dei paesi sviluppati si modificherà in maniera minima passando dagli 1.23 miliardi agli 1.28 miliardi e potrebbe persino declinare a 1.15 miliardi ove la prevista migrazione netta dai paesi in via di sviluppo (calcolata su una media di 2.4 milioni l'anno dal 2009 al 2050) non dovesse verificarsi.

Secondo le valutazioni dei demografi la popolazione umana ha raggiunto il primo miliardo di individui intorno al 1800. Per raggiungere il secondo miliardo nel 1930 ci sono voluti circa 130 anni, per il terzo miliardo, raggiunto nel 1960, ci sono voluti solo 30 anni e poi il quarto miliardo nel 1974, dopo 14 anni, il quinto miliardo nel 1987, dopo 13 anni, il sesto miliardo nel 1999, dopo 12 anni. Il settimo dovrebbe essere raggiunto quest'anno, 2011, dopo 12 anni, mentre l'ottavo nel 2024, dopo 13 anni. Il nono dovrebbe essere raggiunto o nel 2045 o nel 2050 a secondo dell'andamento dei tassi di fertilità totale. Oggi il tasso di fertilità totale a livello globale è di 2.5 (si tratta del numero di figli/e che una donna ha nell'arco della sua esistenza riproduttiva).

Esiste comunque una convergenza da parte della comunità scientifica internazionale che la popolazione umana potrebbe raggiungere i 9 miliardi o più (alcuni ritengono anche i 10) entro la metà di questo secolo e poi si dovrebbe verificare una stabilizzazione della popolazione ed una probabile flessione negli ultimi decenni di questo stesso secolo.

La conoscenza scientifica sin qui acquisita ci dice però chiaramente che il peso e la pressione che stiamo esercitando sulle capacità rigenerative (relativamente all'utilizzo delle risorse rinnovabili) e ricettive (relativamente alle capacità di metabolizzare scarti e rifiuti solidi, liquidi e gassosi prodotti dai nostri metabolismi sociali) dei sistemi naturali è ormai chiaramente troppo elevato e può mettere a rischio le basi stessa della nostra sopravvivenza. Quindi la crescita della popolazione che si sta accoppiando ad una crescita dei consumi è totalmente insostenibile per il futuro.

In questa situazione diventa quindi sempre più urgente riflettere ma, soprattutto, agire, dando concretezza all'equazione che dovrebbe caratterizzare l'impegno politico ed economico di questo nuovo secolo, primo del nuovo millennio, e cioè un essere umano = una quota di natura a disposizione, che è alla base delle conoscenze sul funzionamento e le relazioni esistenti tra i metabolismi naturali ed i metabolismi sociali e di cui abbiamo parlato diverse volte nelle pagine di questa rubrica.

impatto-ambientL'impatto della specie umana sui sistemi naturali è stato riassunto in una famosa equazione pubblicata nel 1971, dai grandi studiosi Paul Ehrlich, il notissimo ecologo della Stanford University e John Holdren, esperto energetico allora alla California University di Berkeley e, oggi, capo scientifico della Casa Bianca.

Secondo l'equazione di Ehrlich ed Holdren, l'impatto (I) dell'attività umana è il prodotto di tre fattori: la dimensione della popolazione (P), il suo tenore di vita (A, dall'inglese "affluence") espresso in termini di reddito pro capite, e la tecnologia (T), che indica quanto impatto produce ogni dollaro che spendiamo (questa nota equazione, derivata da una originale pubblicazione apparsa sulla prestigiosa rivista "Science" nel 1971 di Ehrlich ed Holdren, seguita da un ampio dibattito scientifico tra i due scienziati con l'altro noto ecologo Barry Commoner, è stata oggetto anche di due volumi di Paul ed Anne Ehrlich "Un pianeta non basta" e "Per salvare il pianeta", entrambi pubblicati da Franco Muzzio nel 1991 e nel 1992, nella collana da me diretta "Il Pianeta").

L'equazione di Ehrlich e Holdren ci dice con chiarezza che è impossibile ridurre l'impatto umano sui sistemi naturali intervenendo semplicemente su uno solo dei tre fattori che la compongono.

Proviamo a considerare cosa è accaduto, tenendo ben presente questa regola, alle emissioni di anidride carbonica globali in passato.

Le intensità di carbonio risultano diminuite dello 0,7% circa l'anno dal 1990: è un buon risultato ma non è sufficiente, perché nello stesso periodo la popolazione è aumentata dell'1,3% e il reddito economico dell'1,4% (in termini reali). La maggiore efficienza non ha dunque compensato nemmeno la crescita demografica, per non dire quella dell'aumento dei redditi. Al contrario, le emissioni di anidride carbonica sono aumentate in media di 1,3 + 1,4 - 0,7 = 2% l'anno, ovvero quasi del 40% nell'arco di 17 anni.

La stessa regola ci permette di controllare velocemente se il decoupling (cioè il disaccoppiamento) delle emissioni di anidride carbonica dalla crescita economica, in futuro, potrebbe essere fattibile. Secondo il Quarto Rapporto sui cambiamenti climatici dell'IPCC, per raggiungere l'obiettivo di stabilizzazione pari a 450 ppm di anidride carbonica nella composizione chimica dell'atmosfera, è necessario portare le emissioni globali di anidride carbonica sotto i 4 miliardi di tonnellate l'anno entro il 2050 o poco dopo. Significa una riduzione delle emissioni pari al 4,9% l'anno, in media, da oggi al 2050.

Ma il reddito e la popolazione stanno invece andando nella direzione opposta. Come abbiamo visto secondo la stima media dell'ONU, nel 2050 - con un tasso di crescita medio dello 0,7% l'anno - ci saranno 9 miliardi di persone al mondo. Considerando fisso lo scenario attuale, la riduzione dell'intensità di carbonio compenserebbe appena la crescita demografica, quindi le emissioni di CO2 aumenterebbero allo stesso tasso del reddito medio, l'1,4% annuo. Ciò vorrebbe dire che nel 2050 le emissioni sarebbero più alte di oggi dell'80% circa e questo non è certo il piano dell'IPCC.

Per riuscire ad avere una riduzione delle emissioni pari al 4,9% anno-su-anno, nonostante lo 0,7% di crescita demografica e l'1,4% di aumento dei redditi, il fattore T dell'equazione Ehrlich e Holdren, dovrebbe incrementare del 4,9 + 0,7 + 1,4 = 7% circa ogni anno. è quasi dieci volte il tasso attuale. Entro il 2050 dovremmo arrivare ad avere un'intensità di carbonio per unità di output economico di 40 gCO2/$ al massimo, 21 volte migliore della media globale attuale .

In realtà le cose potrebbero anche andare peggio. Se prendiamo la stima massima dell'ONU (quasi 11 miliardi di persone), mantenendo costanti le condizioni attuali nel 2050 arriveremmo a raddoppiare le emissioni di oggi. Per riuscire a raggiungere gli obiettivi dell'IPPC dovremmo fare ancora più pressioni sulle capacità tecnologiche , in modo da ridurre l'intensità di carbonio sotto i 30 gCO2/$ .

Le politiche nazionali e internazionali stanno andando in questa direzione ? Stanno concretamente intervenendo sui tre fattori dell'equazione Ehrlich-Holdren?