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L'apoteosi della Dea Ragione

di Massimiliano Viviani - 10/01/2011

    



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E' una di quelle notizie che passano in secondo piano, riprese dai media quel tanto che basta per adempiere al loro dovere, non pubblicizzate nè strombazzate ai quattro venti, non tanto per via della loro scarsa importanza ma proprio perchè, incarnando in modo perfetto il dogma imperante, sono destinate a penetrare in modo inesorabile e definitivo nella vita di ogni uomo, trasformandola probabilmente per sempre. Si tratta nel caso specifico della possibilità -concessa all'uomo dalla tecnologia dell'ultima generazione- di agire nel mondo circostante per mezzo esclusivo del pensiero: navigare in internet, spostare oggetti, comunicare con la sola facoltà della mente, senza muovere nemmeno un braccio, una mano, un solo muscolo. Forse il coronamento di un sogno atavico dell'uomo, come volare; ma all'interno di una chiave -quella tecnico/scientifica- che puntualmente ribalta come un guanto ogni possibilità che concretizza, sicchè l'uomo, da artefice, diventa servo.
E' inutile dire che tale scoperta ci viene presentata come un'opportunità per fare cose che prima non si potevano fare, come per esempio risparmiare la fatica di muovere i muscoli, come se i muscoli l'uomo ce li avesse per evitare di usarli -salvo poi magari utilizzarli in modo più "razionale" in palestre attrezzate per compiere movimenti con macchinari studiati da ingegneri esperti della motricità muscolare umana. In realtà un simile balzo in avanti sarebbe una conferma ulteriore di quanto i critici della scienza sostengono da tempo, ossia che i prodigi della scienza e della tecnica sono in linea solo con le proprie premesse e non con i veri bisogni dell'uomo. La scienza è stata in grado di portare l'uomo sulla luna ma non è stata ancora in grado di sconfiggere la fame nel mondo o peggio ancora di diminuire l'infelicità umana, anzi, ne ha creata di più. Perchè la conquista della luna non ha aggiunto niente alla vita dell'uomo, così come non ne aggiungerà la telecinesi tecnica: aggiungerà solo potenza alla scienza stessa, perchè i suoi trionfi sono autocelebrativi.La scienza non è fatta per conoscere il mondo ma per celebrare la propria potenza: come ben dice Giuseppe Sermonti, la scienza dovrebbe offrire all'uomo l'opportunità di "conoscere lo scheletro del mondo, e non di trasformare il mondo in uno scheletro".
La realtà moderna è destinata a confermare sempre di più la considerazione nietschiana del mondo diventato favola. La realtà assume i contorni di una fiaba tragica, in cui il mondo intorno all'uomo -cose, oggetti- si muove senza all'apparenza essere toccato. La sensibilità invertita, patologica dell'uomo moderno lo porta a credere che un mondo dove le cose che dovrebbero stare ferme si muovono, azionate non dai muscoli -come dovrebbe essere- ma dalla mente, sia un passo in avanti. Ma "in avanti" dove? Probabilmente verso il punto dove la natura si annullerà, cancellata e sostituita dalla razionalità, astratta, unica, universale. E a ben vedere, la realizzazione di questa invenzione -l'azione diretta del pensiero- già segna il trionfo di tale razionalità, perchè siamo di fronte al caso in cui le facoltà collegate alla ragione influiscono direttamente sulla materia. Forse arriveremo un giorno a un essere immobilizzato e muto che non richiederà più nemmeno di muoversi e di parlare, perchè sarà la ragione stessa a compiere queste obsolete funzioni.
In realtà possiamo giungere a considerazioni più profonde. Alla base di queste trovate c'è l'atteggiamento tipico della scienza di andare avanti a oltranza nelle scoperte solo perchè si può andare avanti. Ma alla base della loro applicazione indiscriminata nella vita quotidiana sta la concezione tipicamente moderna che la fatica deve essere evitata e che la vita è fatta di comodità e piaceri. Invece al contrario la vita dell'uomo è fatta per confrontarsi con gli ostacoli, per mettersi alla prova. Ma con il mondo naturale, non con un mondo artificiale. Non con il computer che si impalla e i tecnici che non escono perchè oberati di lavoro. Non con una tecnologia alienante, con una normativa assurda o con un'economia paranoica.

L'uomo riconosce l'ostacolo naturale e quello artificiale: il primo genera fratellanza, coraggio e determinazione, il secondo stress, ansia e frustrazione. La vita è fatta per arrivare stanchi a sera, ma non andando in palestra, bensì grazie all'azione sul mondo circostante. E qui torneremmo alla funzione della macchina industriale che priva l'uomo della fatica naturale in nome di un'alienazione profonda. Perchè alla fine è sempre alla natura che dobbiamo rimetterci: in fondo noi conosciamo i frigo e i computer, le normative e i dati statistici, ma della natura e della vita dell'uomo, di ciò che sta dietro agli eventi e del fine ultimo della nostra esistenza, che sono le cose che veramente contano, non conosciamo nulla, e ogni volta che vi mettiamo mano per migliorarvi, creiamo solo disastri peggiori.